Intervista a M.I. (Constant Deviants) (26/05/2016)
E’ un tardo giovedì sera di maggio, nonostante le continue piogge oggi c’è un bel clima, si può stare in t-shirt, maniche corte e cappellino. Da qualche giorno ho preparato tutto per l’occasione. PC dell’ufficio con Skype pronto a registrare la chiamata, un’opportuna scaletta di domande, test vari ed auricolari con microfono finalmente funzionanti. John, gestore della UrbanElite PR e contatto personale oramai da un paio d’anni, mi ha gentilmente concesso l’opportunità di raggiungere telefonicamente M.I. dei Constant Deviants, anticipandomi che dall’altro capo del PC avrei trovato una persona molto disponibile ad una chiacchierata in tema Hip-Hop. Alle 22.30 in punto pigio il mio tastino per chiamarlo, passa solo qualche breve istante ed ecco che la voce inconfondibile di M.I. mi risponde con un rassicurante hello?, il quale mi conferma che ci siamo perfettamente capiti a livello di orario (lui mi parla da Baltimore ed è sei ore indietro) e che al di là della cornetta c’è una perosna accomodante, che mi fa immediatamente intuire di apprezzare l’opportunità di fare quest’intervista. Essendo lui di origini italiane non perde certo tempo nel chiedermi da quale parte del Belpaese io provenga e dopo uno scambio reciproco di introduzioni ed informazioni partiamo con la nostra conversazione…
Mistadave: le tue note biografiche disponibili su internet rivelano le tue origini italiane. Da dove viene la tua famiglia?
M.I.: la mia famiglia proviene da Napoli e dall’Abruzzo.
MD: tu però sei nato in America, giusto?
MI: sì. Mio nonno si trasferì dall’Italia negli Stati Uniti. La sua prima tappa è stata Pittsburgh, dove ha formato la nostra famiglia.
MD: quindi da Pittsburgh siete passati direttamente a Baltimore? E’ un’interessante rivalità della National Football League…
MI: (ride, ndMista) esattamente. Vedo che ti piace il football americano.
MD: sì, mi piace moltissimo come altri sport americani. Sono le mie grandi passioni assieme all’Hip-Hop.
MI: cool!
MD: a quale età ti sei appassionato all’Hip-Hop?
MI: credo…se ricordo bene al quinto anno di scuola. Che età hai al quinto anno di scuola? Dieci anni, no? Sì, dieci anni.
MD: chi erano gli artisti che seguivi all’epoca?
MI: in realtà non conoscevo molti artisti, perchè ero piccolo, però ti posso citare sicuramente Slick Rick. Poi sono cresciuto e, com’è successo a tanti altri aspiranti mc’s come me, le influenze maggiori sono riconducibili a Big Daddy Kane e Rakim, anche se devo ammettere che più passava il tempo e più queste influenze arrivavano dalla gente che mi circondava a Baltimore, come Labtekwon, One Speaker Supreme, che è attualmente sotto contratto nella nostra etichetta Six2Six Records, tutte persone locali che hanno rappresentato una forte fonte d’ispirazione per me.
MD: come hai conosciuto Dj Cutt?
MI: io e Cutt ci siamo incontrati al college, a Westchester County, a New York, attraverso un amico comune che veniva a studiare lì. Cutt faceva il dj per alcune feste che si tenevano lì ed io le frequentavo per cercare di far accadere qualcosa alla mia carriera, dato che essendo di Baltimore ero sostanzialmente costretto ad andare a New York per cercare contatti. In quel periodo dovevi essere per forza a New York se volevi che qualcosa accadesse, così iniziai ad esibirmi al microfono alle stesse feste dove Cutt faceva il dj e la nostra unione è iniziata proprio da quelle serate. Inizialmente lui faceva solo il dj, in seguito ha studiato ingegneria e si è procurato dell’equipaggiamento per iniziare a produrre beat; è diventato ingegnere del suono cominciando a lavorare in grossi studi di registrazione, poi sono andato a stare per un pò nel New Jersey, dove lui abitava, ed abbiamo cominciato a far nascere i primi nostri pezzi assieme.
MD: i Constant Deviants erano presenti alla fine della golden era e sono qui ancora oggi. Ad un certo punto l’attività fra te e Cutt si è fermata, cos’è successo?
MI: in realtà non abbiamo mai smesso di collaborare a livello creativo, abbiamo semplicemente messo in pausa per un pò i Constant Deviants. Nel periodo in cui è successo questo, il concetto di gruppo non era più così popolare ed abbiamo deciso di restare in giro singolarmente, pur continuando di fatto a collaborare. Abbiamo cominciato a fare musica assieme molto giovani, entrambi sentivamo il bisogno di lavorare con altri mc’s e produttori per espandere la nostra visione artistica, ci sentivamo chiusi in una scatola e desiderosi di esplorare altre strade, una cosa che secondo me alla lunga ci ha aiutati molto, ma nel frattempo abbiamo continuato a collaborare, solo che non lo facevamo con il nome di Constant Deviants. Nel 2000, infatti, ho firmato un contratto da solista con la Arista e Cutt fece la maggior parte della produzione. Poi nel 2009 abbiamo sentito il bisogno di riprendere il discorso del gruppo, creare una nostra etichetta, tornare a fare ciò che facevamo prima dei contatti con le major, e così sono tornati i Constant Deviants.
MD: ad un certo punto della vostra carriera avete avuto l’opportunità di scegliere tra la fama e il rimanere underground, avete deciso per la seconda opzione e vi fa molto onore a mio parere.
MI: sai, faccio musica perchè artisticamente è ciò che amo fare, nonostante il contratto con la Arista penso che non ci sia nulla di sbagliato nel concetto di fama, a patto che tu riesca a mantenere la tua integrità morale. Tuttavia, devo dire che la direzione in cui loro volevano farmi andare mi metteva parecchio a disagio, perchè l’etichetta voleva impormi il tipo di musica da proporre, il tipo di sound da utilizzare, io sono fatto per decidere autonomamente quale direzione artistica intraprendere, quindi ero pronto ad accettare di non avere questa opportunità pur di riuscire a fare quello che mi piaceva fare con la massima libertà. Non volevo proprio che mi mettessero dentro una scatola e mi limitassero nelle scelte personali.
MD: bene. Parliamo del vostro nuovo album, “Omerta”: possiamo definirlo un concept album?
MI: certamente sì!
MD: come nasce l’ispirazione per questo concept?
MI: avevamo appena pubblicato “Avant Garde” e ci trovavamo in una tappa del tour che toccava la Svizzera, assieme a Sean Price; in quel disco avevamo scelto dei suoni molto morbidi, provenienti dal Jazz, ma sentivamo che ci erano mancati dei pezzi veramente duri a livello musicale, quindi abbiamo pensato che quella sarebbe stata la direzione da intraprendere per il progetto successivo. Inizialmente avevamo pensato a un EP dove ci saremmo chiamati Luciano e Lansky giocando con le nostre origini (M.I., come detto, ha origini italiane, mentre Cutt ha origini russe – ndMista), dovevano esserci sei pezzi e il nome Constant Deviants non sarebbe nemmeno dovuto apparire. Il progetto stava prendendo forma così bene e così facilmente che i sei pezzi sono presto diventati nove, abbiamo cominciato a pensare al fatto che la mob culture qui da noi è così popolare da interessare moltissime persone, ma pur nella moltitudine di film e dischi realizzati sul tema mafioso nessuno aveva mai utilizzato la parola omertà. Senti tante cose, tipo La Cosa Nostra e termini del genere, ma omertà no. Lo sviluppo del progetto si è direzionato verso un album che sarebbe stato intitolato “Luciano & Lansky in: Omerta”, proprio come un film, e quella parola ritenevamo fosse perfetta per fare da titolo al progetto che avevamo in mente.
MD: la vostra intenzione non era però quella di glorificare nulla.
MI: esatto, la questione è molto metaforica. La chiave interpretativa del disco sta nel fatto che abbiamo usato tutti questi termini mafiosi, tutte queste referenze da mobster, ma in realtà sono tutte punchline. Non abbiamo intepretato nessun personaggio, abbiamo semplicemente inserito tutte quelle citazioni nei testi e cercato dei sample provenienti da quell’epoca per aumentare la simbiosi con l’argomento che avevamo scelto, io non esalto nulla di ciò che Lucky Luciano ha fatto, lo uso solo come metafora.
MD: personalmente, vi ho conosciuti con “Avant Garde”, che aveva un suono molto differente, più orientato al Jazz. Avete sempre avuto la tendenza al sample melodico, ma in questo nuovo lavoro il sound è ben più duro. E’ corretto sostenere ciò?
MI: assolutamente sì e la cosa è stata volutamente fatta in questo modo. Volevamo allontanarci dalla sensazione di relax che dava “Avant Garde” e volevamo qualcosa che picchiasse davvero duro.
MD: mi piace molto il vostro approccio produttivo, in linea con la old school, l’impegno nella ricerca del sample e il fatto che non vi siete dimenticati degli scratch…
MI: grazie, lo apprezzo molto. Gli scratch no, direi che non si possono dimenticare, il dj è una parte fondamentale del nostro gruppo ed è un elemento che oggigiorno non molti mettono sul piatto.
MD: non so se mi trovi d’accordo, ma credo che i giovani siano molto confusi circa le origini dell’Hip-Hop. Che messaggio vuoi dare loro con i tuoi dischi?
MI: credo che se prendi la musica che c’era prima di noi e rifletti, capisci che c’è sempre stato un momento in cui la musica che si ascoltava un tempo piaceva tantissimo a chi è venuto prima di noi, ma a noi non piaceva. Purtroppo oggi c’è tanta spazzatura in giro, tanta roba capace di fare il lavaggio del cervello alle persone, ma alla fine dei conti credo che l’Hip-Hop abbia ancora margini di crescita. Non mi riferisco a situazioni da radio mainstream ovviamente, ma al fatto che il mercato underground è enorme e un sacco di gente non conosce nè noi nè tantissimi altri nostri colleghi meritevoli e ciò accade perchè i nostri nomi non sono considerati dal circuito mainstream, di conseguenza i giovani non possono usufruire della nostra musica con facilità. Quello che vorrei dire ai giovani è di non proporsi come delle copie di ciò che noi siamo stati, perchè così la crescita si ferma. E’ incredibile pensare a come l’Hip-Hop si sia sviluppato dopo l’esplosione di tutta la meravigliosa musica nera degli anni sessanta e settanta, di come sia cresciuto traendo ispirazione da questa nonostante l’Hip-Hop stesso sia stato criticato per il solo fatto che si campionavano canzoni già edite. C’è modo di svilupparsi anche prendendo come base la musica di oggi, a patto che si smetta di voler cercare a tutti i costi di ricreare la golden era, perchè così facendo la crescita viene bloccata. Magari non siamo in una situazione eccellente a livello creativo, oggi, ma credo che anche da questo possa venir fuori qualcosa di positivo un domani. A me la situazione odierna non dispiace, nel senso che nella mia posizione posso creare la musica che voglio ed ascoltare la mia roba e quella degli artisti che mi sono vicini – e non dimentichiamo che anche nella golden era c’era della cattiva musica, il Rap commerciale. E’ difficile etichettare una cosa in maniera positiva o negativa, perché è tutta una questione di percezione.
MD: di “Avant Garde” è stato particolarmente apprezzato il tuo raggio tematico, nel senso che ogni pezzo parlava di un argomento differente, il che è una cosa rara. Come hai sviluppato le tue abilità liriche?
MI: questa è certamente una cosa che oggi manca, spesso anche nell’underground hai gente che scrive semplicemente delle rime sopra a dei beat. Non c’è un concetto della traccia, non c’è lo sviluppo di un argomento. Negli anni novanta c’erano delle vere e proprie tracce concettuali, studiate, oggi ci sono valanghe di featuring, i versi sono montagne di sillabe che non significano nulla. Da artista io rispetto tutto, ma non è così che concepisco il Rap. Posso rispettare mc’s super lirici, ma i loro pezzi non mi dicono nulla, non hanno un concetto di fondo. Quando io e Cutt iniziamo a lavorare su un album la prima cosa a cui pensiamo è proprio il concetto che ci deve stare sotto, quale direzione prendere con le singole tracce, con i sample, cerchiamo di fare le cose come nessun altro le fa, in maniera originale.
MD: un pregio della vostra discografia è il fatto che siete uno dei rari gruppi che posseggono degli album davvero consistenti. Non si skippa particamente mai niente.
MI: lo apprezzo molto. Skippare una traccia è come mandare avanti velocemente la scena di un film. Non guarderesti mai un buon film per i primi quindici minuti per poi fare fast forward fino alla fine. A noi piace registrare tante tracce per un album e poi scegliere le dodici o tredici migliori, ma quei pezzi non sono fini a loro stessi, la loro sequenza e i loro significati sono legati da un concetto di fondo. C’è capitato di escludere dei pezzi fortissimi semplicemente perchè non centravano nulla con il tema portante del disco.
MD: sei un artista multi-dimensionale: rappi, produci, dirigi film indipendenti con la Six2Six, sei impegnato su tantissimi fronti. Quali sono i tuoi progetti imminenti?
MI: abbiamo da poco terminato il film “Six2Six: The Movie” che sarà presente all’Hip-Hop Film Festival che si terrà in agosto, il che spero possa apririci delle nuove porte dato che siamo a riusciti ad ottenere qusto importante invito; abbiamo terminato “Can’t Live Without My Radio”, una commedia per la quale proprio oggi gireremo le ultime scene; naturalmente abbiamo in uscita “Omerta”, che sarà pubblicato il 28 giugno, ma abbiamo sempre parecchia attività in corso e se ci trovassimo a riparlare ad agosto probabilmente potrei accennarti a tre o quattro cose nuove che stiamo portando avanti.
MD: pensate di venire in tour in Europa?
MI: siamo stati l’anno scorso in Svizzera e in Francia e vorremmo tornare in Europa di nuovo. Vorremmo toccare molti più paesi ma abbiamo difficoltà a trovare un promoter che ci organizzi una serie di date, per cui se conosci qualcuno che possa aiutarci, fammelo sapere! Servirebbero almeno una quindicina di date affinché valesse la pena di affrontare il viaggio, perchè capita di spendere di più di quello che si guadagna solo per i costi di trasporto, mentre noi vorremmo almeno arrivare in pari, considerato che non abbiamo guadagni dagli show, cosa che invece abbiamo dal merchandising.
MD: un’ultima domanda. “Omerta” e “Avant Garde” sono profondamente differenti a livello lirico ed argomentativo, credi sia stato rischioso passare da un disco multi-tematico ad uno che parla di un solo argomento?
MI: no, non direi. Potrebbe essere considerato rischioso nel caso in cui arrivasse un nuovo ascoltatore che non ci ha mai sentiti prima, il quale potrebbe pensare di avere per le mani un prodotto mono-dimensionale. Tuttavia, se una persona ha familiarità con la nostra discografia può capire pienamente il perché di questa scelta, apprezzandola perchè stiamo proponendo qualcosa di diverso da ciò che avevamo fatto prima. Potrebbe anche accadere che al nuovo ascoltatore invece “Omerta” piaccia e, trovandosi incuriosito, vada a ritroso nella nostra discografia per scoprirla. Non faremo mai un album uguale all’altro perché non avrebbe alcun senso, essendo per noi la creatività al primo posto.
MD: ok M.I., ti ringrazio molto per quest’opportunità e per il tuo tempo.
MI: grazie. Vi ringrazio molto per quello che fate. Ci sentiamo presto per un’altra chiacchierata…
Alla prossima, allora!
Mistadave
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