Nems – Gorilla Monsoon
Sarò molto sintetico: di dischi come “Gorilla Monsoon” ce ne vorrebbero a tonnellate. Duro, asciutto, diretto, dotato di una sua precisa eleganza e di una cifra stilistica che, grazie alle prove granitiche di Nems e Jazzsoon, candida con merito il duo tra le migliori sorprese dell’annata in corso. Sorprese non perché l’uno e l’altro sbuchino all’improvviso da un web sempre più congestionato di eterni emergenti, bensì perché al primo tentativo la loro collaborazione abbia immediatamente svelato un’intesa a tenuta stagna. A proposito delle rispettive biografie: il primo (Travis Doyle) è un apprezzato battle rapper di Coney Island membro del collettivo Fuck Your Lyfe e cresciuto in casa Creative Juices Music, con la quale ha pubblicato svariati mixtape e il buon “Prezident’s Day”, già fattosi notare in partecipazioni di rilievo al fianco di – tra gli altri – Slaine e Termanology, Ghostface Killah, Q-Unique, Snowgoons e Sean Strange; il secondo (Frank Sassoon) è un produttore di Brooklyn legato alla losangelina Strictly Cassette, label avvezza al nastro e responsabile di tutte le sue uscite strumentali rilasciate durante l’ultimo lustro.
Fatte le necessarie presentazioni, veniamo subito alle vibrazioni della minacciosa “Step Aside”, che introduce Nems (<<the flow ugly, been here for years, I’m so hungry/and I don’t need a motherfucking plug for help/’cause I go hard like there’s nothing else/shit, I’m so nice I go back and forth with my fucking self>>) sopra due note di piano che potrebbero ricordare un’algida composizione di John Carpenter: è un inizio brusco, prepotente, che col suo severo minimalismo lascia intuire solo in parte l’andatura dell’album, hardcore nell’indole pur se munito di un orizzonte tematico abbastanza capiente. Spicca in questo senso l’introspettiva “Leave Me Alone”, brano in cui il flusso dei ricordi riporta a galla un passato segnato dall’abbandono paterno (<<I felt alone everyday through the night/’cause I been searching for a father figure all of my life/I had to learn from a woman how to be a man/and she did a great job, but some things she couldn’t understand>>), con conseguente emersione di rabbia e insicurezze cicatrizzatesi appunto attorno a un’identità artistica dai tratti aggressivi (<<but Nems ain’t with the talking, he’ll just punch you in your face>>).
Sempre nel tratto conclusivo della tracklist, “Token Of My Affection” colpisce invece per l’insolita autocritica e il tentativo di sensibilizzazione verso un tema che in ambito Hip-Hop viene troppo spesso seppellito sotto una coltre di colpevole silenzio: il rispetto delle donne. Qui, su un sample che scricchiola, l’mc recita il mea culpa (<<I used to talk about rape like it was funny/and then they raped the woman that was close to me/now I listen to those tracks and I can’t believe/that a younger me could lack such compassion and empathy>>) e si immedesima poi nel vendicativo difensore di una bambina molestata dal patrigno. Non il più classico dei canovacci, insomma, né però un improvvido balzo in territori conscious; Nems è e rimane un animale da battaglia (lirica), corazzato con una tecnica funzionale soprattutto sul fronte delivery, le cui ambizioni conservano un che di genuino (“Kings”: <<I just wanna have fun and get rich with my team/…/I don’t get drunk and I don’t smoke loud/on point to the top and never look down/got my eyes to the sky and feet on the ground>> – ecco la clip) e in gran parte si sostanziano nel ridurre in briciole l’avversario di turno.
Chi è alla ricerca di ciò, troverà di che saziarsi grazie all’estratto “Gahbage” (<<bum rappers wanna twist up faces/I’ll collapse their cheekbone and I’ll punch through braces>>), la gustosa ignoranza di “Lil Niggas” (<<‘cause I’ll shoot your motherfuckin’ mother like Bambi/damn, he such savage like Randy>>), il fitto scambio di barre con Spit Gemz in “200” e l’odore delle assi del palco che trasuda dall’ultra-grezza “Heavy Metal”. Obiettivo raggiunto con la fondamentale complicità di Jazzsoon, che dispensa legnate dietro legnate attraverso un modus operandi apertamente tradizionale: succulenti set di casse e rullanti, campioni tagliati con mano esperta (il Funk di “Lil Niggas” è adamantino) e un timbro che pende con decisione su tinte notturne. Metodologia che comunque non evoca spirali emulative né quando il Nostro si misura con l’immancabile quota Griselda (Conway in “Where You Know Me From”), né quando maneggia microsolchi parecchio noti (“Who Got Ya” – e siamo a quattro video – è un omaggio dichiarato a “Who Shot Ya” di Notorious B.I.G. e quindi riprende “I’m Afraid The Masquerade Is Over” di David Porter; “Gahbage” vi ricorderà “Magnetizing” degli Handsome Boy Modeling School per l’utilizzo di una delle tante sonorizzazioni di Nick Ingman, “Tense Preparation”).
Aggiungiamo ancora al conto: la gradita presenza della terza strofa in diverse tracce, una pronuncia al microfono grazie a Dio ben scandita e perfino la divisa d’ordinanza sfoggiata in copertina; dettagli che, uniti a quanto appena detto, impongono “Gorilla Monsoon” tra gli ascolti tassativi del 2019. Podio assicurato – salvo clamorosi colpi di scena.
Tracklist
Nems – Gorilla Monsoon (Next Records 2019)
- Step Aside (Intro)
- Where You Know Me From [Feat. Conway The Machine]
- Timb Boots
- Gahbage
- Kings
- Lil Niggas
- Who Got Ya
- Intermission
- 200 [Feat. Spit Gemz]
- Heavy Metal
- Leave Me Alone
- No Reggaeton [Feat. Al-Doe and Axel Leon]
- Token Of My Affection
Beatz
All tracks produced by Jazzsoon
Scratch
- Dj Skizz: 11
Bra
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