Planet Asia – Crack Belt Theatre

Voto: 3

Planet Asia torna a farsi sentire con un nuovo mixtape, preludio a quello che sarà il suo prossimo disco ufficiale, ovvero “Black Belt Theatre”. In questo caso la parola black è stata sostituita da crack, visto che, cuciti addosso a questo tema, si snodano la maggior parte dei contenuti del progetto, che dà ulteriore conferma delle grandi capacità liriche e metriche dell’mc, pur non azzeccando sempre le produzioni giuste.

“Crack Belt Theatre” contiene infatti alcune piccole mine capaci di far saltare dalla sedia, l’esempio che viene in mente per primo è “Boiler Makers“, una sassata terrificante di Madlib che combina un basso bello pesante, un minuscolo pezzo di tromba mandato in loop e uno xilofono per creare una stupenda atmosfera mid-nineties per comporre il singolo utilizzato quale anteprima per il circuito web. Il disco vive di molte atmosfere retrò che ricordano gli anni ’70, come indica il titolo stesso di “Black Frost”, un chiaro omaggio a Grover Washington Jr., la cui nota canzone viene presa integralmente (assolo di sax compreso) per fare da struttura a complesse rime sul commercio della roba.

Sensazione, questa, che viene confermata dalle similari atmosfere proposte da “Mixtape Madness”, la quale poggia sull’abbinamento basso/tromba e sugli scratch dello stesso PA, che per l’occasione utilizza la prima strofa per sputare allitterazioni da urlo. Dopo diversi ascolti emerge pure la positività di episodi come “Be Careful”, il cui chorus è attentamente incastrato a tempo con il pitch del campione vocale in mezzo a strofe che avvertono sulla pericolosità del business di strada, colpisce invece immediatamente l’atmosfera cupa e tesa di “Hood Shit”, ennesima disamina sulla pericolosità delle strade californiane che esalta una volta di più la capacità narrativa del rapper.

Nonostante le qualità elencate, il mixtape lascia però impressioni molto altalenanti, che fanno emergere le domande di sempre nei confronti del Nostro. L’album è indubbiamente capace di toccare livelli molto alti pensando non solo a quanto già indicato, ma pure a episodi come “Gold Chain Medallions” e “Cofounder”, nonché contando sul fatto che il singolo brano viene spesso unito da dialoghi (tema? Il crack!) che forniscono un interessante senso di continuità all’insieme. Come suo solito, Planet Asia scopre tuttavia il fianco a nuovi picchi di alti e bassi: “Air Balloon” è interrotta troppo spesso da un cantato inefficace e fastidioso, “Pussy Pedestal” e il suo loop simil Star Trek sarebbero un’ottima idea senza quella drum machine davvero bruttina, “GCM Intl” e “Nothin On Me” restano nel pieno anonimato, perciò vengono presto scremate.

Planet Asia è capace di bombe assurde, continua a spararle nel 50% della durata dei propri lavori solisti facendoli continuamente passare per opere incompiute (se togliete sei/sette tracce da questo mixtape avrete tra le mani un piccolo capolavoro istantaneo) e sembra continui a complicarsi da solo una strada già spianata verso il top. La consacrazione definitiva che “Pain Language” aveva fatto intuire di poter raggiungere è ancora lontana, ma l’artista si conferma capace di rompere le barriere della west coast, fortemente ancorata ai suoi suoni puliti e ai gangsterismi. Per questo motivo, la speranza è ancora che lo stimato Jason Green ci regali presto ciò di cui da anni ci è debitore. Aspettiamo “Black Belt Theatre” e vediamo.

Tracklist

Planet Asia – Crack Belt Theatre (RBC Records/Gold Chain Military 2010)

  1. Air Balloon
  2. Be Careful
  3. Cofounder
  4. Pussy Pedestal
  5. Nothin On Me
  6. GCM Intl
  7. Inspiration
  8. Black Frost
  9. Gold Chain Medallions
  10. Mixtape Madness
  11. Boiler Makers
  12. Hood Shit
  13. Roundtable
  14. Last Air Benders

Beatz

  • Vanderslice: 1
  • Dj Which: 2
  • Akt One: 3, 7
  • A.Sha: 4
  • Washeyi: 5
  • Twiz: 6, 12, 13
  • Planet Asia: 8
  • Dirty Diggs: 10
  • Madlib: 11
  • Soundwise: 14

Scratch

  • Planet Asia: 10
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