MC Hip Hop Contest 2006: intervista a Rido
Abbiamo incontrato Rido (redattore di Groove, presentatore di Rapture per All Music, storico membro dei CDB!) all’MC Hip Hop Contest 2006 di Jesolo Lido. Si è dimostrato molto disponibile e alla mano, perciò abbiamo approfittato di una pausa sigaretta per estorcergli un’intervista!
BleMoro: com’è nata la connessione tra Groove e l’MC Hip Hop Contest?
Rido: mah, loro ci hanno chiesto una collaborazione e noi abbiamo accettato molto volentieri, tutto qua. Perché è il momento di dare voce a qualcuno che non ne ha o non ne ha ancora, ai gruppi emergenti, a chi non ha ancora registrato un demo tutto finito, a chi ha voglia di avere esposizione in quest’ambito.
BM: secondo te come viene visto il ballo Hip-Hop dalla scena italiana?
R: dalla scena italiana non è ancora approciato, è una cosa ancora abbastanza vergine, perché chi si avvicina all’Hip-Hop tramite il ballo, nell’immaginario classico, lo fa tramite la breakdance, ma in questo periodo sono in molti ad andare in palestra o comunque a cercare altre possibilità di espressione attraverso l’Hip-Hop. Il problema è una compatibilità dei generi che sta di solito nella cultura dell’istruttore, che spesso non è molto ferrato all’interno della musica e quindi rischia un po’ di finire fuori percorso.
BM: a proposito di com’è visto l’Hip-Hop, appunto, se conosci RapManiacZ saprai che abbiamo iniziato da poco a trattare progetti anche italiani, perché c’è un casino di gente, noi compresi, che crede poco nelle ultime robe che stanno uscendo. Molti non sono prodotti validissimi anche a causa di certe imitazioni di quel Rap che veniva dai ghetti, cose che a noi come italiani forse non appartengono; tu cosa ne pensi? E’ una questione che riguarda personaggi che hanno collaborato anche con te.
R: c’è da fare una distinzione, perché ci sono personaggi credibili e personaggi non credibili. Non tutto l’Hip-Hop deve trattare degli stessi argomenti, è un mondo molto vasto e anche in Italia lo è, quindi c’è gente che parla della propria vita personale e gente che parla delle situazioni in cui si trova, ci sono approcci diversi. Un gruppo come i Co’ Sang è molto credibile in quello che fa, perché vive in una realtà che è quella che descrive. Chi invece si inventa una realtà che non esiste…
BM: …tipo Milano…
R: be’, a Milano c’è una situazione di disagio, ma c’è chi la racconta bene e chi se ne inventa per raccontare.
BM: di esempi nella scena milanese ce ne sono molti, cose che a volte sconfinano pure un po’ troppo. Ad esempio, ha spaccato tanto “Mi fist” dei Club Dogo, gran bel disco, belle produzioni, bei testi, ma a volte ci pestano un po’ troppo su certi argomenti…
R: loro vivono così, io li conosco personalmente e sono esattamente come si raccontano. Non c’è niente che sia finzione, al di là della giusta romanzatura che ci deve essere, perché è musica e quindi arte, non deve essere la fotocopia della realtà, altrimenti faremmo fotografie o altre cose. C’è della poesia all’interno, c’è la parte romanzata, però parte da un contesto reale. Per quanto riguarda i Dogo, sicuramente lo è. Infatti il loro ultimo “Roccia music” è stato criticato dalla gente perché si dice che parli solo di realtà ai margini, di cose incredibili…cose che spesso vivono.
BM: ma non conoscendoli fa uno strano effetto, il più delle volte l’ascoltatore non ha un’idea precisa sull’mc…
R: parlando di musica, c’è sempre il discorso della credibilità, di come dici le cose. Per quanto mi riguarda, non credo nemmeno a tutti i gruppi americani che dicono di vivere certe situazioni. Un gruppo come i Mobb Deep, rinomati per parlare di vita di strada, di spaccio e di situazioni al limite, pare che non le vivano, ma le raccontano talmente bene e sai che quella realtà esiste, quindi ok.
BM: sul tema, viene sempre in mente Mondo Marcio, che col suo primo disco ha dimostrato di avere talento, sì, ma parla di certe situazioni…
R: parla anche moltissimo di sé.
BM: infatti, è molto autobiografico.
R: lo conosco bene ed è esattamente ciò che racconta. Ha un linguaggio molto particolare, molti neologismi che si è creato lui…
BM: uomo…!
R: è una scelta sua ed è anche condivisibile, per certi versi. E’ una questione anche di comunicazione, lui si è creato una maniera per comunicare i suoi stati d’animo e la sua vita in generale.
BM: e quindi alle nuove leve, a quei ragazzi che vengono alle serate di freestyle e che a volte esagerano nel raccontarsi, che consigli daresti?
R: spesso me li chiedono e quindi apro bocca. Dico di parlare di quello che vivono.
BM: e tra la gente nuova che deve ancora uscire con dei progetti, chi c’è secondo te che può avere un futuro?
R: a Roma c’è un ragazzo che si chiama Santo Trafficante, avrà due/tre partecipazioni sul nuovo disco di Amir, e lui spacca! Racconta belle storie e le racconta molto bene, in un linguaggio semplice e diretto. Ho sentito il demo in prima versione di un ragazzo di Palermo che si chiama George Mafia, che m’ha colpito molto per la lucidità nel narrare certe cose, lui è molto credibile. Ce ne sono a pacchi, per fortuna.
BM: tornando a parlare di MC Hip Hop Contest e dei ragazzi che iniziano a conoscere l’Hip-Hop ballando in scuole di danza, secondo te che tipo di approccio è?
R: è un punto di partenza.
BM: e tu come hai cominciato?
R: ascoltando Jovanotti alla radio! Avevo 11/12 anni e ascoltavo la radio perché era l’unica cosa che c’era. Ma dopo due settimane avevo il disco dei Run-DMC in casa! E’ una questione di approfondimento. Se ti basta la superficie, resterai superficiale tutta la vita, se invece hai una capacità di approfondimento tua, andrai avanti e cercherai le cose che più ti interessano, che più ti coinvolgono, che credi più comunicative.
BM: che artisti nuovi ti piacciono?
R: mi sta piacendo tantissimo la scena Indie di qualche etichetta tipo la Def Jux, o etichette ancora più indipendenti e sconosciute. Ad esempio il lavoro di Ohmega Watts: musicale, bello, godibile, un artista nuovo, che conosce la storia dell’Hip-Hop e la sfrutta nei suoi dischi. Questo è uno, ma ce ne sono in giro tanti. C’è un gruppo di New York, Junk Science, che ha fatto un disco molto interessante.
BM: avendo anche tu questi gusti, mi viene in mente Lord Bean che ne ha preso totalmente spunto. Fai anche tu un lavoro di evoluzione in questo senso?
R: credo che una delle più grandi forze dell’Hip-Hop, al momento, sia ancora l’attualità. Il fatto di essere attuale è una componente quasi fondamentale.
BM: è quello che deve fare l’Hip-Hop, essere coerente con se stesso e cercare sempre l’evoluzione?
R: esatto. C’è chi la segue, c’è chi invece adora i classici e va benissimo anche così. Ma la conoscenza è alla base di tutto.
BM: parlando di classici, abbiamo nominato prima i Mobb Deep, ma pensiamo anche agli M.O.P., che nell’ultimo disco non sembrano neppure loro…
R: è un disco di passaggio, volevano probabilmente tirar fuori quella parte di loro, aprirsi a un mercato nuovo, l’hanno fatto e l’hanno fatto in maniera coerente con loro stessi, per quanto riguarda i testi, un filino meno per quanto riguarda la musica. So che loro sono dei grandi fan dei Beastie Boys e quindi è quasi normale che siano finiti a fare quello. Parlando poi con loro, ho avuto occasione di intervistarli qualche mese fa, il loro grande passaggio è stato firmare per la G-Unit, la vedono come una grande opportunità.
BM: per loro sì. Ma sono sempre stati molto underground, ciò porta dei pro ma anche molti contro…
R: sono sempre stati molto hardcore e continuano a esserlo. Quindi io non vedo una grande discontinuità. Per loro, firmare con un’etichetta più grossa significa avere più visibilità e più opportunità di fare cose diverse, ad esempio concerti.
BM: ma non pensi che possa essere anche uno sputtanamento agli occhi dei fan che li hanno considerati sempre in un certo modo? Ovviamente ti parliamo da fan: firmare con la G-Unit, fare i ritornelli R’n’B…
R: gli albori già c’erano con le produzioni di Alchemist.
BM: ma ora la situazione è un bel po’ diversa!
R: il grande pregio della G-Unit in questi anni, oltre a quello di autopromuoversi all’ennesima potenza, è stato di portare alla luce delle realtà che nascevano underground, cercando di fargli fare il salto. Io credo che la grande creatività di 50 Cent e compari sia proprio questa. Avere delle produzioni sempre molto solide, con delle grandi radici nel passato, essendo comunque molto attuali. Hanno portato nei club un suono che fino a qualche anno fa non si sentiva.
BM: mica tanto d’accordo su ‘sta cosa, a nostro parere non hanno fatto niente di nuovo. Alla fine, a livello di idee cos’hanno fatto? Hanno fatto i gangster, come hanno fatto i Mobb Deep più di dieci anni fa. Hanno fatto cose diverse, ma la base è sempre la stessa, sfruttare quest’atteggiamento e via dicendo.
R: stanno portando alla ribalta un suono che è già dieci anni che c’è, questo sì.
BM: e se a te una casa discografica conosciuta in Italia proponesse un contratto che ti costringerebbe a essere più mainstream, cosa faresti?
R: è un discorso molto dei nostri giorni. Qualche major è alla caccia di talenti anche italiani, dipende sempre dal grado di compromesso che decidi di accettare e dalla tua capacità artistica di cambiare le carte in tavola. Io lo accetterei, assolutamente.
BM: per concludere, allora, progetti tuoi del periodo?
R: ci sono, ci saranno sempre. Per ora niente di concreto, ma il Rap rimane sempre una delle mie priorità.
Blema
Ultimi post di Blema (vedi tutti)
- Intervista a Don Diegoh (22/02/2022) - 16 Marzo 2022
- Heltah Skeltah – Magnum Force - 20 Aprile 2020
- Aesop Rock e Tobacco sono “Malibu Ken”! - 3 Gennaio 2019