Apollo Brown and Locksmith – No Question
L’annuncio dell’unione artistica responsabile di “No Question” ci è parso immediatamente stuzzicante, vedendo realizzate delle aspettative che covavamo già da diverso tempo. Davood Asgari, mc californiano il cui nome evidenzia chiare origini iraniane, possiede una classe intuibile già ascoltadone poche barre, quanto basta per comprendere che stiamo parlando di livelli ben fuori dalla media normale, correttamente espressi su un attivo di tre dischi ufficiali e una manciata di mixtape. Tale serie di prodotti è spesso stata contraddistinta da suoni freschi e puliti, featuring cantati e sonorità morbide, maggiormente adatte al mainstream che non a contesti più sotterranei, facendo in ogni caso emergere attrezzature metriche troppo intriganti per non darvi attenzione.
Locksmith è un lyricist fatto e finito, di quelli minuziosi e curanti del suono di ciascuna, preziosa sillaba, che non si azzardano a sprecare una linea solo per forzare una rima altrimenti non riuscita, un rapper dalla dizione cristallina come la sua personale visione del fare Rap e dell’esserne parte sostanziale, del rappresentare un’arte che va espressa con allenamento e dedizione, perché se il talento non è adeguatamente accompagnato dalla crescita in questo giochino si rischia seriamente di perdersi – almeno in quei casi in cui il rispetto conta ancora più della vil pecunia. “No Question”, nella sua sintesi, rappresenta a tutti gli effetti un nuovo step evolutivo per l’artista: durante l’ascolto si ha infatti la netta impressione di trovarsi davanti a una persona più saggia di quanto ci si aspetterebbe dai suoi trentatre anni, capace di tendere l’orecchio all’introspezione e tener presenti i valori che contano davvero, un esercizio eseguito tanto verso la vita nella sua estesa complessità quanto nei riguardi di un mondo Hip-Hop per il quale traspare devozione e senso d’appartenenza.
Le sette tracce in questione – otto se compresa la breve introduzione musicale – rispondono quindi al quesito più frequente che emergeva ascoltando i suoi dischi e i suoi featuring, permettendoci di vedere Locksmith all’opera in un contesto più grezzo, meglio ancora con una controparte rappresentata dalle polverose tessiture Soul abilmente cucite da Apollo Brown, uno dei produttori simbolo della più recente decade, marchiata a fondo dal suo stile originale e ben definito, senz’altro uno dei capisaldi della meravigliosa macchina discografica chiamata Mello Music Group. Data la particolare composizione dell’offerta non c’erano grossi timori nell’ipotizzare un congruo funzionamento dell’abbinata, fatto avvalorato dalla chiara intesa sussistente tra la potenza dei beat e i fini tecnicismi con cui vengono messe giù le liriche: Brown offre alcune tra le sue composizioni più ispirate degli ultimi tempi per sorreggere testi che parlano quasi sempre in prima persona singolare e assumono una forma di racconto, offrendo al pubblico un’ampia porzione della sfera interiore di un Locksmith che usa il passato per arricchire il proprio presente e trarre le opportune conclusioni al fine di progettare l’imminente futuro.
Tale capacità dà vita alla contrapposizione prospettica di “Advice To My Younger Self”, non certo nuova come concetto base ma capace di differenziarsi attraverso contenuto e tessitura metrica: l’ottima miscela di tromba, giro di piano e un basso vibrante e pulito sostengono parole evidentemente derivanti da un certo tipo di educazione e da valori ben definiti, offrendo un background assai differente dai consueti canoni e costruito grazie a una famiglia attenta e in grado di farsi rispettare, svolgendo il concept tra piogge di rime multisillabiche che le barre ospitano sostanzialmente ovunque. “Slow Down” è tecnicamente ricchissima di elementi su cui soffermarsi mentre tratta l’argomento relazione sentimentale attraverso piccole metafore, amplificando l’elenco delle possibilità argomentative, “Litmus” rappresenta poi una devastante prova lirica stesa su un’unica strofa priva d’interruzioni, puntellata dalla batteria più dura che Brown sia qui riuscito a collocare.
In “No Question” – nel senso della titletrack – il producer di Detroit sembra invece cadere nell’ovvio per scelta della strumentazione, metodologia di unione dei vari tagli e andamento ritmico; se non altro la validità della melodia di fondo riesce a rendere ugualmente interessante un pezzo molto intimo, che lascia spazio alla denuncia di alcuni episodi d’intolleranza religiosa nella sua prima parte per poi mirare contro la tipica falsità dell’industria dei big (<<every day’s a fucking gimmick/and every play’s a new facade/every master of ceremonies/a master of mirage>>). Una struttura di questo genere finisce per ingabbiare un tantino un ritornello la cui esposizione diventa molto simile a tante altre già sentite su ritmi del medesimo tipo; ciò che non può invece essere contenuta è la capacità di cambiare marcia a piacimento col flow, adeguando l’elasticità della dizione a qualsiasi circostanza e trasformando apparenti limiti in nuove opportunità, aspetto mostrato dalla conclusiva “Wake Up”, un pezzo tutto sommato generico per il suono proposto ma fortemente attrattivo per la densità del contenuto.
Tale confronto non si rende nemmeno necessario quando Brown sfodera degli autentici classici, felice è difatti la decisione di alzare i bpm della sezione ritmica in “Between The Raindrops” creando un risultato più tondo e classico, sottolineando la sempre creativa ricerca del sample attraverso un infettivo giro di clarinetto che accompagna un testo in terza persona atto a delineare i tratti di un ragazzo (l’mc stesso?) socialmente poco attivo anche per il tipo di Hip-Hop che ama, lontano dai più comuni gusti dei coetanei e richiamante le esperienze personali di tanti appassionati della Cultura. Altrettanto magistrale è la tecnica costruttiva scelta per “In My Element”, composta da minuscoli pezzi di chitarra acustica e archi spezzati che generano un loop sul quale Locksmith non può non sentirsi al massimo delle sue possibilità, divenendo spettacolare nei collegamenti sillabici tra la fine di alcune barre e l’inizio delle successive, nonché esprimendo adeguatamente il suo desiderio di rivincita verso momenti non particolarmente felici del passato.
“No Question” è un viaggio breve ma assai intenso, in ogni caso più che sufficiente nel far intuire le straordinarie potenzialità di un duo di questa caratura. Data la nota prolificità della produzione dell’uno e la notevole tecnica abbinata alla grande profondità intellettiva dell’altro, la speranza è che l’ottimo lavoro svolto fin qui sia solo un’anticipazione di qualcosa di più grande. Noi aspettiamo e nel frattempo ci gustiamo questo bel presente in repeat.
Tracklist
Apollo Brown and Locksmith – No Question (Mello Music Group 2018)
- Just Ask
- Advice To My Younger Self
- No Question
- Between The Raindrops
- Litmus
- Slow Down
- In My Element
- Wake Up
Beatz
All tracks produced by Apollo Brown
Scratch
- Dj Los: 7
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