Benny The Butcher – Tana Talk 4
<<They say West is the brains, and Benny is the star/Conway the silliest with the bars, well, I couldn’t agree more>>: c’eravamo permessi anche noi, in tempi non sospetti, di sostenere una tesi divenuta oggi incontrovertibile grazie alle mosse che il trio imprenditoriale più noto di Buffalo ha metodicamente calcolato con l’ottica di espandere l’impero Griselda, sviluppando ruoli ben identificati per ciascuno dei membri. Jeremie Damon Pennick ha asseverato in più circostanze le potenzialità di All Star del collettivo, lavorando costantemente dalle retrovie fino a stringere la mano al mainstream, pur evitando – per il momento – di redigere patti con il Diavolo e dividendo il suo operato in settori delineati con la massima precisione, lasciando aperto il maggior numero di strade possibili. Non è sempre facile comprendere quale direzione abbia intrapreso la sua carriera ed è probabilmente inutile fermarsi a pensare che ce ne sia una soltanto; in ogni caso, messe temporaneamente a lato sonorità di maggior pulizia e composizioni fraudiane, “Tana Talk 4” giunge sugli scaffali proprio mentre ci s’interroga sulle conseguenze della gettata d’inchiostro apposta in calce all’accordo raggiunto con la Def Jam, rispondendo ai sospetti con un rassicurante ritorno alle alchimie delle origini.
Benny vive un momento completamente differente rispetto a quattro anni fa, conscio del grande salto che sta per compiere, e lo si sente nelle sue sempre abili metriche: mantiene una forma lirica smagliante, acclama collaboratori di spessore sempre maggiore, cerca l’equilibrio tra l’autocompiacimento per l’ascesa e la motivazione derivante dalle mancanze di rispetto che ritiene arrivino dall’esterno offrendo strofe sì generate dalle esperienze di strada, ma che tirano per la prima volta somme sia dal punto di vista dell’attuale posizione raggiunta nel suo percorso artistico, sia dei sentimenti evocati dalle azioni intraprese per transare dalla malavita alla sala d’incisione. Non potrebbe essere altrimenti, dato che la serie di incisioni ispirate dalla Montana Avenue, si sa, è il luogo ideale dove far giacere tutte le emozioni più intime di un killer a sangue freddo.
Contender per diventare disco dell’anno? Certo, lo status raggiunto dal personaggio e la pressione mediatica lo impongono. L’album tende a confermare la nomination grazie a un lavoro metrico/lirico impeccabile, una gamma di ospiti assai golosa e la tipica atmosfera grimy dell’etichetta fondata dalle parti delle Niagara Falls, tracciando una linea retta e parallela che si muove a debita distanza da – ad esempio – “Burden Of Proof“. E’ lecito attendersi qualcosa di fresco sui livelli di “Tana Talk 3“, opera che più d’ogni altra attrae confronti con quest’ultima uscita? Ecco, gli unici dubbi sul giudizio conclusivo risiedono qui, non tanto sull’operato di un Alchemist ancora permeato dallo stesso stato di grazia esibito su “Bo Jackson“, ma sull’effettiva mancanza di originalità dimostrata dai produttori di casa, Daringer e Beat Butcha, i quali nella maggior parte dei casi a loro assegnati si limitano a rivedere le vecchie formule sonore; quanto basta per delineare una resa qualitativa tangibilmente diversa a seconda di chi manipola il campionatore.
A conti fatti, Daniel Alan Maman garantisce l’uscita gratuita di prigione: che ci sia qualche stuzzicante scorta rimasta da quella meravigliosa cartella di beat presente nell’hard disk dall’anno passato è pressoché certo, come dimostrato da quel loop composto da piano e sample vocale pitchato, privo di sezione ritmica, allestito per “Weekends In The Perry’s”, ennesima dimostrazione di cosa possa risultare dai vari passaggi attraverso un equalizzatore che pulisce elegantemente la linea di basso e propone effetti eco e mute quando gli pare, riunendo il fascino con cui Benny sa raccontare il passaggio dallo spaccio alla musica (<<cut ties with the game, the same shit that certified me/all my clientele gone, miss the customer service by me>>) alla magnitudine espressa da Boldy James. Per non parlare di quel piano fatalista che delinea perfettamente l’indole di “Super Plug”, la quale riesuma il rimorso (<<caught my first case and had to move into my pop’s house/that ain’t stop shit, I stashed work in my pop’s couch>>) contornando un Rap aspro ma assolutamente onesto verso se stesso; o di “Bust A Brick Nick”, uno degli episodi di spicco, ricolmo di cuciture oscure, ideale per strofe altezzose, sprezzanti, ma pure consapevoli di avere un conto in sospeso col destino (<<before a bullet wound, there was shit that permanently hurt me – damn/in a wheelchair it was hard to smile on my 36th birthday/being honest, this could be karma I probably deserve in the first place – for the shit I did>>), esplicito riferimento alla stessa pallottola presa a Houston che ritorna ad assillare la mente come un incubo nell’avvolgente cupezza di “Mr. Chow Hall”.
Le indiscutibili abilità sartoriali di ALC – determinanti nell’inquadrare il mood dei testi – sono innalzate dall’aspetto trionfante di passaggi come “Thowy’s Revenge”, altra vetta del lavoro grazie al doppio loop di trombe e l’esaltante mitragliatore verbale a dizione rapida che crea un magico tutt’uno con il ritmo dettato dalla musica, spargendo confetti per le strade di Buffalo in ossequio all’ascesa del figliol prodigo. D’altro canto il desiderio di ambizione e la certezza di raggiungere il traguardo non lasciano spazio a interpretazioni, né quando Benny decide di porsi a confronto con un gigante del passato attualizzando quanto emanato venticinque anni fa da Biggie con scrittura e interpretazione di eccellente livello (“10 More Commandments”, con tanto di ruffianata finale di Diddy), né quando si accaparra uno dei featuring più ambiti del pianeta, un J. Cole magistrale (<<just to count a nigga cash, you might need a calculus teacher/eureka, Einstein on the brink of the theory of relativity/really, no MC equal, feel me?>>) dinanzi al quale non sfigura affatto, anzi coglie l’occasione per sfoderare i suoi incastri più versatili (“Johnny P’s Caddy”).
Sia chiaro, pezzi come “Back 2x” non sono brutti, a maggior ragione se vi interviene un irripetibile Stove God Cooks utilizzando un wordplay che fa aumentare la salivazione per il suo prossimo lavoro (<<watched big homie lay that shit up on the heat like Harold Miner/I just dropped mine on the heat like Kyle Lowry, all the Vlone came from Bari/all the kilos came stamped with a balloon, it’s time to party/drivin’ sixes in the sun with that rocket, I think I’m Barkley>>), solo offrono la consueta batteria rallentata, peraltro abbinata a un loop di piano che di accattivante ha poco. Ed è un vero peccato che Daringer deluda maggiormente proprio quando La Maquina viene chiamata a forgiare una traccia (“Tyson Vs. Ali”) il cui concetto nasce da una semplice conversazione, trasudando quintali di orgoglio per il suo pupillo più brillante sopra a un altro pianoforte poco significativo, che unitamente al ritornello – ma questo non è colpa del producer – trascina in basso un’idea potenzialmente vincente. Si sfrutta l’occasione di salvarsi in corner ed ecco nascere la tensione emanata da “Uncle Bun”, gradevole alternanza di brevi strofe tra il Macellaio e 38 Spesh, nonché dalla caotica “Guerrero”, nella quale Benny svetta per l’abilità costruttiva delle strofe (utilizza titoli di suoi vecchi pezzi dando un senso compiuto alla risultanza), mentre Westside Gunn offre più presenza scenica che sostanza.
“Tana Talk 4” ci regala un Benny The Butcher gerarchicamente meglio posizionato rispetto ai tempi di pubblicazione del suo capitolo precedente, ma resta in grado di soddisfare appieno le esigenze di chiunque abbia ritrovato certezze nei dischi griffati Griselda. Ringraziando per l’apprezzato segno di integrità artistica, per il resto non rimane che stare affacciati alla finestra a curiosare cos’abbia in serbo un futuro prossimo sotto un’etichetta nota invece per essersi completamente compromessa rispetto alle proprie origini.
Tracklist
Benny The Butcher – Tana Talk 4 (Griselda Records/Empire 2022)
- Johnny P’s Caddy [Feat. J. Cole]
- Back 2x [Feat. Stove God Cooks]
- Super Plug
- Weekends In The Perry’s [Feat. Boldy James]
- 10 More Commandments [Feat. Diddy]
- Tyson Vs. Ali [Feat. Conway The Machine]
- Uncle Bun [Feat. 38 Spesh]
- Thowy’s Revenge
- Billy Joe
- Guerrero [Feat. Westside Gunn]
- Bust A Brick Nick
- Mr. Chow Hall
Beatz
- The Alchemist: 1, 3, 4, 8, 9, 11, 12
- Daringer and Beat Butcha: 2, 5, 10
- Daringer: 6, 7
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