Bigg Jus – Machines That Make Civilization Fun
Di solito faccio l’esatto contrario, ma per “Machines That Make Civilization Fun” comincio dal dirvi a chi non è indicato quest’album: se cercate un disco semplicemente Hip-Hop, avete sbagliato tutto. Con ciò non voglio entrare nel merito di qualsiasi disco semplicemente Hip-Hop, intendo solo sottolineare la totale estraneità a qualsiasi catalogazione della musica realizzata da Bigg Jus (serve davvero dirvi chi è costui? Di quale formazione abbia fatto parte? Partite dall’esordio di uno strano gruppetto che s’intitolava “Funcrusher Plus”, loro dovrebbero essere i Circoletto Del Flow o qualcosa del genere…). In ogni caso, dimenticate il tortuoso e labirintico capolavoro di quel trio e non tenete eccessivamente in considerazione neppure quanto fatto da solista da Jus prima di “Machines…”.
Ora, se pensassimo che il Nostro sia un rapper come tanti altri potremmo anche pensare che il suo sia soltanto un progetto ideato per lasciare l’ascoltatore privo di punti di riferimento, una sorta di vezzo autoreferenziale e furbetto. E invece no. Noi sappiamo che il signor Jus è una persona dalle esigenze espressive sconfinate e un mero beat su cui rappare in maniera regolare lo renderebbe simile a un animale in gabbia. Così, Bigg Jus dimostra di essere praticamente un intero genere musicale, il suo, fatto di urla lancinanti, strofe schizofreniche, ritmi che sono soprattutto rumore, rime a volte pronunciate in maniera incomprensibile e altre il cui significato è impenetrabile, concetti impegnativi e un utilizzo della lingua quasi neologistico. Non vi sto facendo un’analisi traccia per traccia e non vi sto dicendo neppure in quali emerge questo o quell’altro aspetto, perché significherebbe tradire le sorprese di un viaggio che va intrapreso da soli, liberi di perdersi e perfino di guardarsi attorno perplessi.
Metafore a parte, seriamente, questo è un macigno che va ascoltato tante, tante volte, con di fianco un dizionario d’inglese (probabilmente vi servirà anche se siete dei madrelingua) e i testi (tutti reperibili sulla pagina della Mush Records) per essere compreso in pieno. Altro discorso è invece quello che riguarda l’apprezzamento soggettivo dell’album; il consiglio che posso darvi è di non farvelo piacere per forza, in molti episodi Jus risulta semplicemente eccessivo, come nella titletrack (dannazione, avevo promesso di non farlo!) ma non solo lì, spezzettando i suoi versi fino al punto da renderli l’uno slegato dall’altro, forzando un po’ la mano con la sezione effetti e lasciando, insomma, interdetto l’ascoltatore meno preparato. Restano invece in primo piano e non si discutono le sue doti, al microfono e soprattutto in sede di scrittura, con qualche sforzo metrico in meno e molto più lavoro sul collocamento di un registro poetico (prendete con le pinze questo termine) all’interno di tutte e tredici le tracce.
Sospendo il giudizio per non influenzarvi, ascoltate “Machines That Make Civilization Fun” e dategli il vostro voto; però partite dal presupposto che si tratta di un album che inizierà con rumori apocalittici e versi costruiti con la declamazione di alcuni titoli di videogiochi, giusto per darvi un’idea…
Tracklist
Bigg Jus – Machines That Make Civilization Fun (Mush Records 2012)
- Crossing The Line
- Game Boy Predator
- Black Roses
- Advanced Lightbody Activation
- Empire Is A Bitch (Fake Arab Spring Mix)
- Food For Thought (Shit Sandwiches)
- Hard Times For New Lovers
- Machines That Make Civilization Fun
- Polymathmatics (Restore Balance Out Think A Savage Trick)
- Redemption Sound Dub
- Samson Op-Ed
- Kush Star Catalog
- Respective Of F1 Dub
Beatz
All tracks produced by Bigg Jus
Jonathan
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