Cronofillers – Chernobyl (Cono d’ombra 2)
Per ciò che riguarda “Chernobyl”, il nuovo album dei Cronofillers (consigliatissimo un clic sul sito ufficiale), c’è davvero poco da dire e, fortunatamente, molto da sentire. Anzitutto, però, recuperate quello che può esserne considerato il prequel di fatto, ovvero “Il cono d’ombra”; per il resto, vale la pena aggiungere non più del necessario.
Primo, l’idea (o concept che dir si voglia) è bellissima: un lungo storytelling che si articola nella totalità dei brani del progetto (diciassette), ovvero, come lo definiscono gli autori, un audio-lungometraggio di stampo distopico – rappresentante, come tale, il tipo di critica sociale più sofisticata che ci sia – che oscilla, in prevalenza ma non in via esclusiva, tra i temi della ribellione (più o meno consapevole, più o meno vera) e del viaggio della speranza, con il perno letterario/geografico localizzato appunto nel luogo simbolo di Chernobyl.
Secondo, se è vero (e lo è) che lo storytelling richieda sempre un’abilità in sede di scrittura sopra la media, nel caso in questione siamo ben oltre la tonda sufficienza. Da questo punto di vista, le cose che ho apprezzato di più sono il vocabolario forbito dei tre mc’s (Emanuele Bonetti, Matteo Della Tommasina e Lorenzo Masini – nomi e cognomi, così) e soprattutto il loro flow: semplice, o in apparenza tale, ma trascinante ai fini dell’ascolto. Per di più, a fronte di un’andatura sul beat che procede in maniera abbastanza lineare, ritroviamo soluzioni stilistiche di altissimo profilo; ripeto, raccontare è a mio avviso quanto di più difficile e rischioso in ambito Rap, ma i Cronofillers, con i loro incastri, la loro delivery e le loro frasi a effetto (e qui è forse “Se bruciasse la città” – anche in video – a spiccare su tutte), non stancano mai, scorrono nel migliore possibile dei modi.
Terzo, la riuscita di “Chernobyl” è dovuta altresì al comparto musicale, opera del beatmaker Matteo Nicastro (coadiuvato ai piatti da Dimitri Ahmetovic). L’idea di indirizzare il campionamento sulla musica leggera italiana – ma perché è così raro?! – si rivela più che vincente e le batterie scelte dal produttore a completamento delle sue composizioni sono proprio quelle che piacciono a noi/voi amanti del suono più grasso. Da apprezzare, di conseguenza, le varie atmosfere individuate, in linea col mood generale pur rivelandosi distinguibili quanto basta l’una dall’altra; un lavoro complessivo che non manca affatto di personalità e orecchio, nonostante si muova all’interno di un percorso mediamente classico. Da citare, perché colpiscono prima delle altre, di nuovo “Se bruciasse la città”, “Eurospin 2000”, la titletrack e “Cavalcò verso ovest…”.
In definitiva, con queste (poche) righe ci limitiamo a dire che “Chernobyl” è l’ennesimo segnale di una scena viva, sana, che produce ancora uscite interessanti e di qualità – sebbene non sempre visibili alla pari di altre. Il resto, le considerazioni più personali, le lasciamo alle singole esperienze, dato che i Cronofillers si muovono lungo traiettorie per nulla facili, che necessitano di un approccio attento e attivo. Grazie a Dio…
Tracklist
Cronofillers – Chernobyl (Cono d’ombra 2) (No label 2017)
- Se bruciasse la città
- Preghiera I – Padri nostri
- Eurospin 2000
- La terra vista dallo spazio
- Interludio – Le porte della città
- Chernobyl
- Preghiera II – Ave agonia
- La fabbrica di rottami
- Il bar dell’interzona
- Interludio – Ritorno a casa
- L’anello di Saturno
- Preghiera III – Il cantico del cosmonauta
- Una giornata storta
- Preghiera IV – Mea culpa
- Fermoimmagine
- Cavalcò verso ovest…
- …e andò tutto bene
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