Dalek – Absence
Ho dato 5 a un disco dei Dälek, e allora? Sto esagerando? E allora? Anche voi dovreste farlo. Anche voi dovreste sentire i dischi dei Dälek ad alto volume e appena finito scrivere sul muro a caratteri cubitali 5, 10, cinque stelle, porca puttana, il sistema sta collassando, non sono più sicuro di nulla e cose simili. Solo a me i Dälek causano queste reazioni? Sarà che per me al momento rappresentano il non-plus-ultra del Rap, l’ultimo anello della catena, il coronamento dell’Hip-Hop come genere totale. L’Hip-Hop l’abbiamo visto sposarsi con il Funk, il Jazz e il Soul, tenere l’Elettronica dentro l’armadio e il Reggae sul cornicione senza lesinare qualche scappatella col Metal e addirittura con quella gran snob della Classica, anche se ultimamente tende a farsi vedere in giro mano nella mano con la Dance. Ma Hip-Hop e Krautrock? Hip-Hop e Noise? Ci hanno dovuto pensare loro, che sul nome portano non a caso un umlaut, fanatici dei Corrieri Cosmici, delle tracce lunghe e complesse, degli incubi industriali dei Faust, del furore acido degli Einsturzende Neubauten e del suono complesso dei My Bloody Valentine.
Anche “Absence”, come gli altri, è un disco che fa paura e fa gridare alla vendetta, al complotto, al prendere le armi contro il fantasma di Reagan che non accenna ad abbandonare la Casa Bianca e a trascinare nel baratro della paranoia e della caccia all’intruso il resto del mondo. La delirante partenza “Distorted Prose” vi farà credere che da un momento all’altro due aerei pilotati da Will Brooks e Alap Momin si schiantino sulla vostra casa (<<…bleak circumstance led masses to only want to dance/a bastard child of Reaganomics posed in a B-Boy stance/make our leaders play minstrel, left with none to lead our people, how the fuck am I gonna shake your hand, when we never been seen as equals?>>), inserendovi a dovere nel mood sinistro che arriva fino a “Opiate The Masses” e che nemmeno una versione chopped & screwed di “Sister Ray” potrebbe causarvi.
La tipica invettiva al Rap mainstream di “Culture For Dollars” va oltre il classico noi lo facciamo per amore della musica, voi per soldi che siamo abituati a sentire, va invece a disturbare i piani di chi vuole addormentare le masse, di chi intende ipnotizzare la comunità nera con le luci della ribalta per scusarsi degli anni passati. Will Brooks rappa con la potenza di una Million March sopra gli intrecci shoegaze di Oktopus, sempre più immerso in monumentali muri di suono, apparentemente lontano anni luce da quella che è la musica delle sue radici eppure incollato saldamente al verbo dell’Hip-Hop, il Punk dei neri, e che in quanto Punk è libero, come anche i Clash hanno dimostrato in questo senso. E se Oktopus non è solo Eric B, Dälek non è solo Malcolm X; il suo messaggio alla comunità di colore è sottinteso in un monito universale di lotta, di risveglio, di critica a tutto ciò che ci viene offerto. “A Beast Cage”, “In Midst Of Struggle”, “Eyes To Form Shadows” e “Opiate The Masses” sono tutto questo, rivoluzioni in quattro quarti, paura da rivolgere contro chi crea paura con la convinzione che non c’è terrorismo fondamentalista che tenga contro un popolo informato sui fatti.
Ok, io sono d’accordo su tutto, ma il suono dei Dälek è così tanto difficile e…bla,bla,bla. Si può organizzare una rivoluzione cantando “Can’t Touch This”? No; e allora vaffanculo e sbalordite di fronte alla bellezza di “Ever Somber”.
Tracklist
Dälek – Absence (Ipecac 2005)
- Distorted Prose
- Asylum (Permanent Underclasses)
- Culture For Dollars
- Absence
- A Beast Caged
- Köner
- In Midst Of Struggle
- Eyes To Form Shadows
- Ever Somber
- Opiate The Masses
Beatz
All tracks produced by Oktopus
Scratch
All scratches by Dj Still
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