D’Angelo And The Vanguard – Black Messiah
Quattordici anni di quasi totale latitanza, lontano dai palcoscenici e dai riflettori. Nessun disco realizzato, solo qualche sporadica apparizione in lavori di altri colleghi. Da “Voodoo” a “Black Messiah” d’acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e D’Angelo è passato dall’essere un sex symbol con un acclamatissimo disco nel suo palmares a venire completamente dimenticato dai più: il suicidio dell’amico Fred Jordon, i problemi col bere, con le droghe e con la legge, la rottura con gran parte del suo entourage e la mancanza di contatti con la famiglia e con gli amici hanno fatto sì che il periodo sabbatico si allungasse a dismisura.
Non era possibile immaginare che l’album, figlio di questi anni travagliati, non venisse influenzato dalle sventure che si sono abbattute sull’artista. Il risultato che ne viene fuori è una miscela di suoni a tratti estranei tra loro, un cocktail di generi perfettamente bilanciati. “Black Messiah” è un caos studiato e controllato dove si possono trovare moltissimi riferimenti ai classici del Soul e del Funk, ma anche del Rock (“1000 Deaths” e la sua mescolanza di suoni distorti richiama per forza ai deliri chitarristici di Hendrix, se non addirittura all’audacia distorsiva del Lou Reed di “Metal Machine Music”), riuscendo a filtrarli, unirli, affiancarli e rimodellarli per riuscire a creare qualcosa di nuovo. Questo senso di disordine che emana “Black Messiah” può tracciare un ponte immaginario con “There’s A Riot Goin’ On” di Sly And The Stoned Family (1971), ma i richiami potrebbero non terminare mai. I più lampanti sono quelli a Prince e ai Funkadelic, senza ombra di dubbio, ma ad ogni traccia c’è una portata nuova, qualcosa di diverso da scoprire, e ad ogni ascolto si scoprono sapori e aromi che la volta prima ci erano sfuggiti.
Lasciate che il piano e le trombe di “Sugah Daddy” vi facciano ondeggiare dolcemente testa e spalle, riscoprite il P-Funk (quasi G) della batteria e delle chitarre di “Prayer” o permettete alla sensuale “Really Love” di immergervi nel soffice giro di chitarra acustico che accompagna la delicata voce di D’Angelo. Sono solo alcune delle prove offerteci dal nostro, che ci avrà fatto aspettare quasi tre lustri, sì, ma ne è valsa la pena, dal momento che il disco è stato partorito nel momento in cui andava partorito, quando aveva raggiunto la maturazione adeguata che gli permettesse così di esprimere tutte le sfaccettature della complessità della vita dell’artista, dei suoi trascorsi e delle sue vicissitudini, senza bisogno che si trasformassero per forza in parole ma, più in generale, in musica, concepita come accostamento tra suoni, rumori, parole e bisbigli.
C’è tanto di quel materiale musicale in queste dodici tracce da diventare matti e la voce di D’Angelo ha il pregio di non sovrastarlo, riuscendo a unirvisi perfettamente, ad accompagnarlo e assecondarlo con naturalezza. Quando la musica si fa parola, riuscendo a trasmettere sensazioni ed emozioni all’ascoltatore, l’obiettivo può considerarsi raggiunto.
Tracklist
D’Angelo And The Vanguard – Black Messiah (RCA Records 2014)
Side A
- Ain’t That Easy
- 1000 Deaths
- The Charade
- Sugah Daddy
- Really Love
Side B
- Back To the Future (Part I)
- Till It’s Done (Tutu)
- Prayer
- Betray My Heart
- The Door
- Back To the Future (Part II)
- Another Life
Beatz
- D’Angelo: 1, 2, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11
- D’Angelo and ?uestlove: 3, 12
- D’Angelo, Pino Palladino and James Gadson: 4
Blond Dee
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