Danger Mouse and Black Thought – Cheat Codes
Dubito che Black Thought – cui vogliamo un bene smisurato – si offenderà, ma… Quanto ci mancava Danger Mouse? Non contando la parentesi Gnarls Barkley, il produttore di White Plains, nello stato di New York, era lontano dall’Hip-Hop dai tempi di “The Mouse & The Mask”, poco meno di diciassette anni fa (eoni, quando si disquisisce di musica); in questo lungo intervallo, Brian ha dato seguito a esperimenti – con Sparklehorse, James Mercer, Daniele Luppi e Karen O – che ne confermavano l’estro e la capacità di zigzagare tra i generi, lasciandoci tuttavia orfani di un gusto unico nell’ambito del beatmaking, impostosi appunto grazie a un percorso evolutivo di cui “Rhode Island” (sotto il moniker Pelican City) e il vero battesimo del fuoco in duo con Jemini, “Ghetto Pop Life”, erano solo la punta di un enorme iceberg. Ora, dopo aver collaborato con nomi di grossissimo calibro quali Gorillaz, Beck, The Black Keys, U2 e Red Hot Chili Peppers, il Nostro torna all’ovile con un progetto che, lo diciamo subito, non ha deluso neppure le più rosee delle aspettative.
“Cheat Codes” viene annunciato già nel 2020 e finalizzato durante il biennio successivo (periodo reso complicato per le ragioni che conosciamo bene), quindi in parallelo alla serie degli “Streams…” sulla quale Tarik è comunque sempre al lavoro, dopo un primo, secondo e terzo capitolo che ne hanno lanciato la carriera solista. E allora sgombriamo il campo da paragoni che riterremmo inappropriati: se è vero che 9th Wonder, Salaam Remi e Sean C abbiano firmato tre performance di valore, lo è altrettanto che l’intesa tra Danger Mouse e Black Thought poggi su presupposti differenti, essendo la coppia protagonista in identica misura. Non l’mc dei The Roots affiancato da colui che ha concepito “Sofa King” e “Crazy” (così, per citarne un paio), bensì la combinazione tra due talenti che qui si esprimono nel pieno delle loro forze – alla faccia dei rispettivi quasi 51 e 45 da poco compiuti; con qualche pelo bianco nella barba, l’uno e l’altro ci mettono un entusiasmo e un impegno che dovrebbero far invidia a chi di anni ne ha la metà e, viceversa, realizza i propri dischi pigiando il pilota automatico.
Di scontato, di prevedibile, di posticcio, in “Cheat Codes” – che in origine sembrava doversi intitolare “Dangerous Thoughts” – non c’è invece niente: dodici brani, zero filler, una durata di quasi quaranta minuti, un sound ricchissimo, non assimilabile a categorie troppo rigide, e un flusso lirico di pregio. Su gustosi sample prelevati da Soul, Rock psichedelico, Prog italiano e francese, Folk, Afro Jazz e Blues, Black Thought offre un campionario di pari varietà, consolidando, come segnalavamo a proposito degli “Streams…”, una traiettoria che non vive di sola luce riflessa. Al contrario, è da quella benedetta diretta ai microfoni di Hot 97 che il frontman del gruppo di Philadelphia dà prova di un’energia incontenibile; un autentico arsenale di barre, come in una titletrack che – lungo le trentasei consecutive – ne sfoggia molte incendiarie (<<that’s not a myth, blackness is not a monolith/a lotta of niggas probably gotta see psychologists/to understand why we wallowing where the bottom is/and common sense isn’t what they teaching in colleges>>). Temperamento percepibile fin dallo scorso maggio col primo estratto video, “No Gold Teeth”, la cui risolutezza si commenta da sé: <<my birthplace taught me not to stop/I’m more advanced than my classmates/…/nah, I won’t stop, won’t drop, won’t retire/I am my own supplier, selling goods to the buyer/…/they requested my IG, I replied deny/tell me I’m in the top three, they ain’t never lied>>.
Nei tre mesi successivi, di clip ne sono uscite ancora due a luglio e una in concomitanza alla pubblicazione dell’album: si comincia con la cupezza di “Because” (<<hungriest ones take the money and run/sometimes simultaneously taking one of your lungs/what I mean is, I’ve seen everything that’s under the sun/niggas below the poverty line live under the gun>>), si prosegue con “Aquamarine”, colma di riferimenti a scienza, storia e religione (nel frattempo annotiamo anche gli ottimi ritornelli di Dylan Cartlidge e Michael Kiwanuka), si giunge infine alla potenza più rude di “Strangers”, che si fa perdonare un A$AP Rocky di troppo grazie alla solita infallibilità dei Run The Jewels. Nulla che ammicchi vagamente al peggior mainstream, né che circoscriva i pregi di “Cheat Codes” al suo tratto più visibile. Tutt’altro.
In scaletta, infatti, spiccano altresì “The Darkest Part” con Raekwon, ennesima traccia di puro spessore su un delizioso giro di pianoforte, “Belize”, resa quasi commovente da una strofa di Doom che ci riporta dritti ai suoi migliori incastri (<<fat rat, the mask made him batty as a mad hatter/known for his absurd word choices/and will ignore you if you ask him if he heard voices>>), l’introspettiva “Identical Deaths”, che lascia all’iniziativa di Danger Mouse una lunga coda strumentale, e “Saltwater” a riconferma delle ottime interazioni selezionate dall’mc, con Conway The Machine in un episodio che ne assimila l’attitudine poco amichevole (<<you hit that lick and switched to a new motif/in a whip with two low seats and new gold teeth/you say you wanna live fast, gettin’ paid in cash/puffin’ the most gas and die in a car crash>> – e questo è il padrone di casa, non l’ospite!).
Per farla breve: si tratta del disco dell’anno? Sarebbe prematuro dirlo, dunque preferiamo non sbilanciarci; entrando in queste ore nell’ultimo quadrimestre, però, abbiamo un candidato di spicco tra le mani. E su questo riteniamo non ci sia il minimo dubbio.
Tracklist
Danger Mouse and Black Thought – Cheat Codes (BMG 2022)
- Sometimes
- Cheat Codes
- The Darkest Part [Feat. Raekwon and Kid Sister]
- No Gold Teeth
- Because [Feat. Joey Bada$$, Russ and Dylan Cartlidge]
- Belize [Feat. MF Doom]
- Aquamarine [Feat. Michael Kiwanuka]
- Identical Deaths
- Strangers [Feat. A$AP Rocky and Run The Jewels]
- Close To Famous
- Saltwater [Feat. Conway The Machine]
- Violas and Lupitas
Beatz
All tracks produced by Danger Mouse
Bra
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