Dave East – Paranoia: A True Story
Un tempo culla di quel Rap grasso e granitico che ha trascritto in rima pagine indelebili della storia musicale, New York – ahimé, non è la prima volta che lo scrivo – si trascina oramai da anni mostrando parametri vitali che sembrano reclamare a gran voce l’unzione degli infermi. La Grande Mela, per quanto brulicante al di sotto dell’asfalto, arranca tremendamente in superficie, con i five boroughs ridimensionati a provincia di una scena in cui l’egemonia è affare riservato ai restanti tre punti cardinali.
New York ha urgente bisogno di una pietra angolare. Una figura che condensi il carisma criminale al lusso degli attici dell’Upper East Side, griffata Gucci, Glock e Balmain dalla testa ai piedi. <<Part Yves Saint-Laurent, part Panther>>, per dirla alla Skyzoo. New York ha bisogno di Dave East e, fortunatamente, i tempi sembrano essere maturi, con Def Jam e Mass Appeal (quasi) pronte a urlare libera!, con una mano a testa ben salda sul defibrillatore. Quindi? Perché aspettare ancora? Per concedersi il tempo di mettere qualche piccola pezza qua e là, attenuando quella lunghezza inquietante e i conseguenti cali fisiologici (non gravi) che erano le crepe preminenti sia di “Hate Me Now” che di “Kairi Chanel”. In altre parole, il sempreverde teorema concettualizzato dal Professor Grice nel distico d’apertura di “As High As Wu-Tang Get”.
E così è stato. In “Paranoia: A True Story” il menestrello del barrio stringe i tempi narrativi, incatenando strofe concettualmente più dense e infondendo una maggiore qualità registica alla propria penna, ora capace di tratteggiare un Rap meno grezzo e maggiormente variopinto, in cui le immagini prendono forma senza chiedere sostegno a perifrasi e spiegoni di circostanza. Così avviene nella titletrack, banger d’apertura su un vischioso letto Trap in cui East spalma barre su barre, passando informazioni sottobanco con la giusta inquadratura (<<shots’ll hit you, doctors screaming clear/I’m just paranoid, don’t believe I’m scared/I can see the dead>>) e infilando qualche ornamento in ossequio alla tradizione lirico/pugilistica di Harlem (<<I cannot wait ‘til this pack is done/these niggas fuckin’ the package up/that bullshit they kickin’ ain’t adding up/plus they don’t get no pussy like Magic’s son>>).
A caratterizzare lo sfondo della narrazione è – come facilmente intuibile – l’aura costante di paranoia che circonda la vita del rapper; un’equazione determinata dal numero in perenne aumento dei propri follower moltiplicato per i dollari spesi mensilmente tra pannolini e omogeneizzati (<<never seen a million but I’ve seen a body/you ain’t never served a fiend, ain’t never seen a lobby/mafia thoughts, wish I could speak to Gotti/stash tucked from my daughter in case them people found me>>). Aura che si riflette appieno nelle romanzate “My Dirty Little Secret” e “The Hated”, rispettivamente finalizzate a un allegorico esorcismo di opportunisti e traditori, esternalità negative per eccellenza quando ti sei diplomato sulla strada e il tuo conto corrente inizia a darsi delle arie. Restando in tema di lezioni impartite sul cemento, anche in “Phone Jumpin” l’aria si presenta altrettanto tesa ma senza ostacolare Dave East, perfettamente a proprio agio nell’incastrare una sillaba dopo l’altra tra i roboanti hi-hat che segmentano l’atmosfera trapiantata dall’oscuro Bates Motel. Alla faccia di chi considera ogni contaminazione Trap come la morte del liricismo.
Al netto del pessimismo che la cornice impone, a tratti filtra anche qualche spiraglio di luce dal plumbeo cielo di “Paranoia”. “Maneuver” è un irresistibile hustler anthem (<<I don’t associate with rats, these niggas got statements/all these diamonds on me white, no I am not racist>>) adagiato su un cocktail di sassofoni e vocine che nemmeno French Montana riesce a sciupare. “Perfect” – Big Poppa docet – è l’immancabile ode a luci rosse rivolta al gentil sesso, povera di miele ma ricca di lubrificante. E infine spazio pure a un pizzico d’affetto, un’esclusiva che Dave East riserva unicamente alla piccola Kairi Chanel, musa ispiratrice della riflessiva “Have You Ever”. Un brano speciale, di quelli che fanno curriculum.
Il grande merito, però, è quello di aver finalmente realizzato un progetto organicamente coeso, con la sola eccezione rappresentata da “Perfect”, che suona sì fuori posto, ma non più di quanto non faccia una “Mo Money, Mo Problems” incastrata tra “Niggas Bleed”, “Kick In The Door” e “Somebody’s Gotta Die” – quindi niente allarmismi. Per tempi, esecuzione e struttura, “Paranoia: A True Story” funziona su tutta la linea; ed è l’ultima (o quasi) chiamata utile per evitare la figura barbina degli imbucati dell’ultima ora, costretti poi a saltare sul carro del vincitore quando i festeggiamenti sono già iniziati.
Tracklist
Dave East – Paranoia: A True Story (Def Jam Recordings/Mass Appeal Records 2017)
- Paranoia [Feat. Jeezy]
- The Hated (Skit)
- The Hated [Feat. Nas]
- Phone Jumpin [Feat. Wiz Khalifa]
- Jazzy (Interlude)
- Perfect [Feat. Chris Brown]
- Found A Way
- Maneuver [Feat. French Montana]
- Pop’s Crazy
- My Dirty Little Secret
- Kairi Speaks (Skit)
- Wanna Be Me
- Have You Ever
Beatz
- Nonstop Da Hitman: 1
- Joe Joe Beats: 3, 12
- Reazy Renegade: 4
- Buda & Grandz: 5
- Amadeus and The Breed: 6
- CashMoneyAP: 7
- Harry Fraud: 8
- Joe Joe Beats withe the co-production by Buda & Grandz and the additional production by DaSanchize: 10, 13
li9uidsnake
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