Digital Underground – Sex Packets
Quando si pensa ai Digital Underground, l’associazione di pensieri più immediata conduce sempre allo stesso risultato, ovvero a una trasposizione Hip-Hop di tutto ciò che, negli anni settanta, rappresentarono i Parliament e i Funkadelic. Il P-Funk è difatti sempre stato un ferreo punto di riferimento per questa super crew messa in piedi da Gregory Jacobs aka Shock G, poliedrico talento che, dopo aver girato varie città americane per seguire gli spostamenti della famiglia, un bel giorno approdò ad Oakland, California, costruendovi il suo mondo ideale e mettendo in piedi, passo dopo passo, il suo sogno di diventare un artista affermato. Seppure paragonabile a una porta girevole, dal momento che al suo interno assumeva continuamente conformazioni differenti di album in album (con l’eccezione dei sempre presenti Money B e Dj Fuze, ovvero i Raw Fusion), il gruppo è sempre stato coordinato sotto l’attenta direzione di Shock, imprescindibile leader presente in veste di rapper, produttore, musicista, grafico, casinista e talent scout (eh sì, fece da mentore a un certo Tupac Shakur).
“Sex Packets” è il suo omaggio a lavori come “Mothership Connection”, essendo una sorta di concept album che gira attorno allo spaccio di una pillolina in grado di controllare le immagini mentali che provocano i sogni bagnati, una delle tante trovate goliardiche del gruppo (si dice fosse opera di Schmoovy Schmoov) che qualche bonaccione prese addirittura per buona, cercando inutilmente di confermarne la reale esistenza. Altrettanto diretta è la citazione fatta agli alter ego di Bootsy Collins, cui fa eco il lancio di un personaggio divenuto poi leggendario, il pappone sfigato Humpty Hump, il cui naso, secondo quanto abilmente propinato ai media da Shock G, venne sfregiato da un incidente avvenuto con una pentola piena d’olio fumante.
Dietro all’atteggiamento burlone si nasconde un’inclinazione artistica da non sottovalutare: pur trovando in Money B un’ottima spalla al microfono, Shock svolge difatti un lavoro assolutamente straordinario, inventandosi duetti assieme ai personaggi partoriti dalla sua mente, da lui medesimo interpretati (“Packet Man”), si traveste creando disarmanti punti interrogativi (“The Humpty Dance”, uno dei brani più conosciuti del gruppo, peraltro puntualmente riprodotta dal vivo con l’ausilio di…una controfigura), offre incastri sillabici molto interessanti senza il bisogno di usare termini ricercati e dà al lavoro una generica impronta cartoonistica che riesce a dar vita ai caratteri da lui stesso disegnati per numerosi album e singoli del gruppo, immaginari attori di quel mondo il cui unico credo è il divertimento più spensierato. Il manifesto dello spirito libertino che pervade l’album è la devastante hit “Doowutchyalike”, che si prende gioco della prevedibilità delle stazioni radio mandando in dissolvenza il brano dopo i canonici tre minuti facendolo ricomparire subito dopo per proseguire l’ideale festa in piscina dove bere, ballare, divertirsi, togliere inibizioni e dare la caccia a ragazze in costume da bagno.
Il disco, d’altra parte, è interamente anti convenzionale, essendo strutturato attraverso tracce che raramente restano al di sotto dei sei minuti, composte da strofe dallo sviluppo irregolare, sostanzialmente prive di ritornelli e contenenti parti recitate o parlate più momenti dove gli strumenti realmente suonati da Shock – tra i quali gli assoli del famigerato Piano-Man, altra sua invenzione – e il minuzioso lavoro di cutting e turntablism firmato Dj Fuze e Goldfingers interagiscono con basi intrise di Funk fino al midollo. Tale genere non è solo un punto di contatto concettuale, i suoi dischi vengono praticamente campionati ovunque: “Underwater Rimes”, immaginifica e creativa jam Hip-Hop trasportata negli abissi, venne considerata a suo tempo la nuova “Aqua Boogie”, così come di inequivocabile provenienza sono i sample scelti per “The Danger Zone”, che offre peraltro l’unica tematica seria dell’intero lavoro, e “Gutfest ’89”, un ideale festival zeppo di musica e ragazze da sogno, per non dire di “Rhymin’ On The Funk”, costruita sulla riconoscibile “Flash Light” dei Parliament.
Nel millenovecentonovanta fu uno degli album più originali, creativi e divertenti che l’Hip-Hop fosse riuscito ad offrire fino a quel momento, ventidue anni più tardi non ha certo perso il suo smalto e rimane indiscutibilmente uno degli omaggi più espliciti e riusciti che siano mai stati offerti al P-Funk.
Tracklist
Digital Underground – Sex Packets (Tommy Boy/TNT Records 1990)
Safe Side:
- The Humpty Dance
- The Way We Swing
- Rhymin’ On The Funk
- The New Jazz (One)
- Underwater Rimes (Remix)
- Gutfest ’89 (Edit)
- The Danger Zone
Sex Side:
- Freaks Of The Industry
- Doowutchyalike
- Packet Prelude
- Sex Packets
- Street Scene
- Packet Man
- Packet Reprise
Beatz
All tracks produced by The Underground except tracks #3 and #6 by Raw Fusion
Scratch
All scratches by Goldfingers except on track #4 by Dj Fuze
Mistadave
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