Dreas – Dreastronaut

Voto: 3,5

Dei dischi sentiti negli ultimi tempi, questo di Dreas è sicuramente quello più improntato a un mood di calma assoluta…quasi morte. Fa piacere avere tra le mani un disco che è in grado di creare prevalentemente atmosfere calme, che non siano destinate a far solo da sottofondo all’unione dei corpi. Non sto parlando di atmosfere morbide, ma di paesaggi fluttuanti su di una rassicurante ciclicità ritmica (ecco, se è di asimmetria che avete sete mettete le monetine in un altro distributore), la quale pone il veto a qualsiasi elemento vocale che non sia un qualche frammento campionato chissà dove. Niente strofe di mc’s, dunque, a differenza di altri dischi della Galapagos4 (ad esempio “Leo Vs. Pisces” di Meaty Ogre, con cui Dreas ha fondato l’etichetta Eardrums), ma solo dei bei tappeti ritmici e una particolare attenzione verso tutto ciò che circonda i suddetti (la colonna vertebrale dei brani, come lo stesso musicista dichiara).

I tocchi di classe ci sono ed è encomiabile la volontà di Dreas di rimanere sobrio e non strafare mai, si prenda ad esempio l’intelligente “Spacecase”, che riesce a coniugare le atmosfere predominanti del disco con piccoli spunti di ballabilità (provate a confrontare il brano in questione con la bellissima “Spacefruit” dei Sa-Ra Creative Partners e ditemi se quei coretti non sembrano essere riproposti dalle macchine di Dreas!), mantenendo comunque il suo ruolo di quasi intermezzo e facendo praticamente da raccordo tra due brani di tutt’altro mood. Misura ed eleganza, insomma. Come nella rilassantissima “Michiana Noise” (se la vostra partner ha davvero buon gusto musicale potete anche dimenticarvi quello che vi ho detto all’inizio riguardo all’unione dei corpi…), che ha quasi un retrogusto di Air e vi rimarrà subito in testa grazie a quello che mi sembra essere un campione di flauto. Stesso discorso vale poi per l’indovinato giro di piano della traccia di chiusura, dove su una ritmica essenziale sembra quasi che da un momento all’altro possa entrare la voce di Beth Gibbons.

Sfortunatamente, ci sono però anche un paio di brani senza infamia né lode, dove i tocchi di classe di cui sopra risultano assenti e la noia potrebbe portarvi a skippare oltre (cosa che a me è successa), più altri due che non sono particolarmente in tono con il resto dell’opera (“Physical Astronomy” e la più riuscita “Love Strain”, i due pezzi che meno mi hanno convinto). Concludendo, siamo di fronte a un disco che ha il pregio di non essere stato pensato unicamente per i seguaci della doppia acca, molto asciutto e rilassante, un po’ più debole in alcuni punti e inevitabilmente monotono (o ipnotico, a seconda dei gusti dell’ascoltatore), vagamente retrò (dirò una sciocchezza, ma per certi versi mi ha ricordato un importante disco degli anni novanta: “Suzuki” dei Tosca), elegante per gran parte della sua durata.

Inutile dire che non c’è nulla di propriamente rivoluzionario ma, in fondo, importa davvero? Da ascoltare rigorosamente da seduti e possibilmente lucidi.

Tracklist

Dreas – Dreastronaut (Galapagos4 2011)

  1. Floating
  2. Physical Astronomy
  3. Love Strain
  4. Solo Capacity
  5. Time Out Of Joint
  6. Michiana Noise
  7. Sky Is Smiling
  8. Spacecase
  9. Island Grey
  10. Fly, Wanderer
  11. Final Countdown

Beatz

All tracks produced by Dreas

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