Flatbush Zombies – Vacation In Hell

Voto: 4 –

Sì, sono in ritardo… Mi ci è voluto un po’ di tempo per metabolizzare a dovere il tour infernale di Meechy Darko, Zombie Juice ed Erick The Architect. Ostinato – a causa dell’influenza di “3001: A Laced Odyssey” – nel voler trovare a ogni costo una plausibile quadratura del cerchio, ho impiegato diversi ascolti prima di sciogliere le riserve e abbandonare l’orizzonte di quella rigidità geometrica che poco si coniuga con l’attuale anno zero dei tre non morti di Flatbush.

Se accostato al suo predecessore, stilisticamente più inquadrato e rispettoso dei confini delle proprie vignette, Vacation In Hell” si rivela un disco scritto da una penna che non si è lasciata in alcun modo intimorire dai margini della pagina, veicolando influenze ad ampio spettro distribuite egualmente dalle penombre dello zoo di Brooklyn fino alle vischiosità sintetiche delle moderne soluzioni ad alta concentrazione di Trap. Una marea variopinta – tanto nei colori quanto nei bpm – che renderebbe facile smarrirsi se non fosse per l’acume lirico che fa da spillatrice tra i cambi umorali del cupo Architetto. Il saluto d’apertura di HELL-O è di quelli che fanno selezione all’ingresso: massiccio e ossessivo, vede il trio avanzare barra su barra prendendo letteralmente a schiaffi il metronomo, per un riscaldamento degno di una gara sette delle Finals NBA.

A distinguersi immediatamente è Meechy Darko, che nonostante l’ingombro di un timbro vocale che tende a rubare la scena da solo (la scuola, per intenderci, è quella dei vari Nine, DMX e Rockness Monsta) prevale sui due confratelli grazie a un flow in grado di replicare la metrica dei beat al semplice contatto. Questa proprietà appare evidente in particolare quando i bpm scalano di qualche marcia, come nel caso di “Facts”: minimale per necessità, edificata su una manciata di note, ospita il più cupo dei tre Zombies in tandem con un sempreverde Jadakiss – uno di quelli che steccano raramente quando timbrano il cartellino per il disco di qualcun’altro – per una crociata mirata all’estinzione di culture’s vultures e stereotipi virulenti (<<all these new wave niggas, lyin’ when they rappin’ (facts!)/when they really just be talkin’ bout some shit that never happens/same niggas rappin’ ‘bout same whips, same fashion/and bitches tryna get real love with fake asses>>).

Al netto della dotazione tecnica, buona parte della forza lirica del trio proviene da una costante ricerca dell’incastro nelle forme più disparate; il tutto senza per forza sacrificare il contenuto sull’altare dell’equilibrio. La strofa di Zombie Juice in Headstone è un gioiellino, tanto in esecuzione quanto in creatività, che rende omaggio a pietre miliari del genere senza ricorrere al tipico entusiasmo ambientalista con i cliché (<<the underdogs, with liquid swords/it was written in my diary, this is art of war/I’m feelin’ infamous, immortal with my technique/a revolutionary shinin’ with diamond teeth/young Don Cartagena, excuse my demeanor, this the glamour life/you still not a player, you ain’t half as nice>>). Stesso discorso può essere applicato a Big Shrimp, nella quale – con la sola eccezione di Erick, sicuramente il meno dotato dei tre al micro, che qui si fossilizza sul medesimo pattern per tutta la durata della strofa – gli Zombies affettano il mood notturno con ripetuti cambi di passo. Una scelta che ricorre spesso e mantiene vivo l’ascolto per oltre settantacinque minuti. Certo, non saranno sempre strofe alla Kool G Rap, ma nemmeno quelle di Ol’ Dirty Bastard lo erano…

Aggiungete poi al conto il fatto che refrain e bridge vari sono spesso studiati a tavolino per piantarvisi come un picchetto nel cerebro (“Vacation”, Leather Symphony”, Headstone, Misunderstood). Metteteci quindi che gli ospiti sono scelti con la politica del pochi ma buoni: di Jadakiss ne abbiamo parlato poche righe sopra; Bun B suona tremendamente a proprio agio nel calpestare le note a lenta combustione di Reel Girls; Joey Bada$$ è praticamente uno di casa e Denzel Curry si presenta sul palco pochi secondi prima che cali il sipario, incendiando il tappeto di velluto nella conclusiva “The Glory”. Avrete così una risposta al perché la vacanza agl’inferi dei Flatbush Zombies – nonostante una manciata di momenti meno entusiasmanti (vedi Trapped, tiepidina e incapace di sprigionare la scintilla che servirebbe a riaccendere un discorso oramai inflazionato) e una durata di crociera che può inquietare al momento di allacciare le cinture – è una di quelle che meritano il proprio posto nell’album dei ricordi.

Tracklist

Flatbush Zombies – Vacation In Hell (Glorious Dead Recordings 2018)

  1. HELL-O
  2. Chunky
  3. Vacation [Feat. Joey Bada$$]
  4. M. Bison
  5. Headstone
  6. Big Shrimp
  7. Leather Symphony [Feat. A$ap Twelvy]
  8. Reel Girls [Feat. Bun B]
  9. Facts [Feat. Jadakiss]
  10. Ask Coutrney
  11. Crown [Feat. Portugal. The Man]
  12. Proxies
  13. U&I [Feat. Dia]
  14. The Goddess [Feat. Dave B]
  15. Trapped
  16. Best American
  17. Misunderstood [Feat. Nyck Caution]
  18. YouAreMySunshine
  19. The Glory [Feat. Denzel Curry]

Beatz

  • Tyler Dopps: 1
  • Erick Arc Elliott: 2, 4, 5, 7, 8, 9, 12, 13, 14, 16, 18, 19
  • Tyler Dopps and Erick Arc Elliott: 3
  • Kirk Knight: 6
  • Hector Delgado: 10
  • The Alchemist: 11
  • Anthony Flammia and Erick Arc Elliott: 15
  • Erick Arc Elliott and Hector Delgado: 17
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