Freddie Gibbs & Madlib – Pinata
Don’t believe the hype, dicevano i Public Enemy nel lontano 1988; peccato non sapessero che ventisei anni più tardi Freddie Gibbs e Madlib, sotto l’effetto di quale droga non c’è dato a sapere, avrebbero finalmente rilasciato un album assieme. Sebbene parliamo di significati diversi, contesti distanti, l’attesa attorno a “Piñata” è sembrata interminabile, a maggior ragione dopo averci ingolosito con tre EP d’antipasto che ben felice sono di ritrovarmi dentro la tracklist ufficiale. Forse, anzi molto probabilmente, l’hype di cui parlavo è dovuto a quel genio di Madlib: se un tempo le sue uscite erano circondate da una consistente dose di curiosità, ora vi è solo una certa fiducia, non diversa da quella che si ha con quegli amici di una volta che magari non sentiamo più tanto spesso, ma sui quali si può sempre contare. Non mi sbagliavo. Freddie Gibbs è un degno compagno d’avventure, non avrà certamente il quoziente intellettivo di J Dilla, né tantomeno sarà uno esperto in materie gastronomiche come Doom, ma le capacità, così come il thc nel sangue, non mancano.
L’accoppiata funziona, eccome. D’altronde, nei progetti pre “Cocaine Piñata” – il vero titolo doveva essere questo, cioè ci siamo capiti – il rapper aveva dimostrato poca lucidità nella scelta delle produzioni, ergo condizionando il risultato finale. Suonerà scontato, ma ve lo dirò ugualmente: la persona coi più grossi problemi di personalità (dj first, producer second and mc last) è uno dei pochi in circolazione in grado di esaltare a dovere l’arsenale tecnico di Gangsta Gibbs. Detto questo, ancor prima di inserire nel lettore l’album fermiamoci ad ammirare la splendida bruttezza della copertina, componente questa tradizionalmente non rilevante in ambito musicale, ma da meritare senz’altro due parole di commento. Sorvoliamo. Per fortuna di tutti, ciò che si nasconde dentro è di tutt’altro livello. Il disco, nelle sue diciasette tracce, approfondisce il variopinto mondo madlibiano scagliandoci contro le sue abilità al campionatore e proponendoci il meglio della sua oramai famosa collezione di vinili, o almeno sample polverosi (la coppia “Lakers”/“Knicks”), giri di piano che si stampano subito in testa (le esplosive “Harold’s” e “Thuggin'”) e materiale non proprio inerente al beatmaking – mi riferisco ai dialoghi dei film e gli skit finali tra un brano e l’altro.
A colpire non sono i singoli passaggi, ma è la sua totalità, l’atmosfera tutta, un groove ipnotico che coinvolge e seduce. Chiaramente vorrei soffermarmi a raccontarvi quanto è imprevedile il lavoro di Lib alle macchinette, dai synth sporchi di “Bomb” in compagnia dell’onnipresente Raekwon ai violini di vario genere che s’intrecciano in “Shitsville”, uno dei miei brani preferiti; ma ciò significherebbe ostacolare la curiosità di chi legge, oltre che togliere meriti a un Freddie Gibbs peraltro in ottima forma. Ricollegandomi alle battute iniziali, non c’è molto dei PE nei sui testi, political/conscious Rap e affini, ma solo un’attitudine gangsta di chi è convinto di non aver bisogno di recitare un ruolo per essere credibile. Dove poco importa cosa si dice, ma sì conta come lo si dice, insomma, se la creatività non viene meno (<<I only think of you on two occasions, that’s when I’m drunk and when I’m blazin’ up>> oppure <<nine g’s for the nine piece, how you define me? A student of the thug nigga, drug dealer college, majored in robbing and graduated with honors>>) puoi anche incentrare la maggior parte dei tuoi racconti su coca e mignotte, che io ti ascolto volentieri. In una parola, stile.
A ciò aggiungete un flow disinvolto, quasi naturale direbbe qualcuno, e una voce profonda, facilmente riconoscibile, fattore questo da non sottovalutare; pensateci bene: quanti riescono a starci degnamente sulle basi di Otis Jackson, Jr.? Chi ha detto MF Doom? Ma soprattutto chi ha pensato a Danny Brown? In “High” la particolarità della sua voce suona a tratti fastidiosa. Senza considerare il campione di Freda Payne già sfruttato ai tempi da Swizz Beatz, provate a indovinare “Good Times” di cosa parlava… Mi rispondo ancora da solo: di weeda, scontato. Forse questa, insieme a “Robes”, le due uniche note negative di “Piñata”, in ogni caso non sufficienti a compromettere l’intera riuscita del lavoro, ci mancherebbe. Onestamente, è inutile trattenersi ancora sui contenuti, ecco quindi che di fronte a tale mancanza entrano in gioco le varie collaborazioni. Da quelle perfette, Ab-Soul e Scarface, a quelle meno riuscite, Domo Genesis e qualcun’altro che fatico a distinguere nella conclusiva “Piñata”, di nome e di fatto.
A più di uno, sottoscritto compreso (lo ammetto), sarà piombato in mente il fin troppo semplice paragone con “Madvillainy”: devo dire, ovviamente mantenendo a debita distanza i due mc’s, che in fin dei conti l’accostamento non è poi così azzardato come potrebbe sembrare. Ad ogni modo, conoscendo Madlib dovremmo accontentarci di questa singola uscita perché difficilmente avremo l’opportunità di riascoltare ancora la coppia MadGibbs. La speranza, così come la fiducia, restano però sempre lì, intatte.
Tracklist
Freddie Gibbs & Madlib – Piñata (Madlib Invazion 2014)
- Supplier
- Scarface
- Deeper
- High [Feat. Danny Brown]
- Harold’s
- Bomb [Feat. Raekwon]
- Shitsville
- Thuggin’
- Real
- Uno
- Robes [Feat. Domo Genesis and Earl Sweatshirt]
- Broken [Feat. Scarface]
- Lakers [Feat. Ab-Soul and Polyester The Saint]
- Knicks
- Shame [Feat. BJ The Chicago Kid]
- Watts [Feat. Big Time Watts]
- Piñata [Feat. Domo Genesis, G-Wiz, Casey Veggies, Sulaiman, Meechy Darko and Mac Miller]
Beatz
All tracks produced by Madlib
Bra
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