Gang Starr – One Of The Best Yet
Vivere un’epoca nella quale l’industria musicale ha reso possibile sostanzialmente tutto grazie alla tecnologia, non ha certo reso meno frizzante il tuffo al cuore provocato dall’annuncio di un nuovo album a nome Gang Starr, evento che definire impensabile non è forse sufficiente per indicare correttamente il concetto. Su operazioni di carattere postumo persiste con costanza una spada di Damocle letale, rappresentata dal pericolo di ritrovarsi di fronte a un prodotto non conforme alle aspettative, magari preconfezionato fruendo della magnitudine di un grande nome per compiacere etichette e detentori dei lasciti dei prematuramente scomparsi; tuttavia, la prima impressione che si ricava dall’ascolto di “One Of The Best Yet” è esattamente quella contraria, se non altro per il suo saper offrire delle vibrazioni che fanno comprendere quanto il progetto sia stato concepito e concluso col fine esclusivo di rendere gloria a uno dei più grandi mc’s di tutti i tempi.
Sentire la voce di Guru su un beat di Dj Premier dopo così tanti anni costituisce di per sè un accadimento emozionale troppo forte per essere descritto a parole, ma ciò non significa che l’impatto emotivo del disco non si estenda ben oltre, in parte per la celebrativa sensibilità portata da alcuni dei suoni selezionati da un ispiratissimo Preemo, in parte per tutta la spiacevole situazione extra-discografica che era venuta a crearsi in occasione della definitiva rottura tra i due, nei confronti della quale questo disco vuol rappresentare una grossa pietra atta a coprire il passato offrendo un’uscita di scena finalmente degna dei significati che i Gang Starr hanno detenuto primeggiando in un’epoca nella quale l’Hip-Hop riusciva a esprimere con purezza tutte le sue infinite potenzialità. Un’idea che rende i presupposti concettuali del progetto in questione assai vicini a quanto proposto dagli A Tribe Called Quest oramai tre anni or sono.
Non era un disco facile da realizzare e di certo non è impeccabile per motivazioni da ricondurre alla parzialità del materiale vocale reperito, ma alcuni pezzi sembrano davvero essere stati prodotti con la stessa chimica di sempre, rendendo ancora più prestigioso il traguardo spirituale che l’operazione si era prefisso; sensazione motivata anche dall’aggiunta di carichi di lavoro coinvolgenti la Gang Starr Foundation nella sua interezza, espediente essenziale per aggiungere polpa lirica all’insieme ma al contempo determinante nel regalare quella piacevole idea che il tempo non sia realmente mai passato, come se i Gang Starr fossero ipoteticamente stati capaci di misurarsi con i radicali cambiamenti che l’Hip-Hop ha vissuto, al contrario di tante realtà rispetto a loro coetanee.
Quelli appena esposti sono pensieri rafforzati dalla tangibile percezione di freschezza riconducibile a brani esemplificativi di ciò quali “From A Distance”, nella quale Guru snocciola knowledge assieme a un Jeru la cui vivacità pare giungere direttamente da “Wrath Of The Math” sopra un vero e proprio trionfo d’archi, ma anche nell’intimidazione ispirata dalla strumentale allestita per “Take Flight” (quarto tassello della fortunata serie “Militia”), episodio nel quale Foxxx estrae una grinta che da tempo non gli si sentiva addosso e la cui solidità scaccia con agilità eventuali presunzioni di un possibile sequel fine a se stesso.
Capita poi che quella sensazione di trovarsi davvero al cospetto di una versione attuale del gruppo venga bruscamente riportata alla dovuta realtà, idea certamente fornita dalle dinamiche di brani come “What’s Real”, simbolica unione tra il passato e il presente produttivo di Premier – c’è difatti Royce Da 5’9’’ – nonché amara constatazione dell’effettivo stato delle cose per ciò che concretamente sono, grazie alle abili tessiture con cui l’asso di Detroit regala ampi brividi che percorrono la spina dorsale (<<while the smoke is in the air, feel like voodoo’s on the floor/’cause we got the actual ashes of Guru on the boards/he’s sittin’ right inside an urn in the session/lookin’ down from Heaven to Gang Starr’s current progression>>), rendendo semplicemente meraviglioso quanto ne deriva a livello viscerale.
“One Of The Best Yet” fotografa con chiarezza lo stato umorale di Guru, al di là del fatto che non si possa essere a conoscenza dell’esatto periodo in cui ciascuna registrazione sia stata effettuata, facendone emergere un ritratto di tanto in tanto rancoroso e frustrato, accomunandolo ai tanti colleghi che, seppur rimasti longevi, tendono a basare i propri Rap sull’irraggiungibilità delle proprie qualità liriche rispetto alla marmaglia di presunti artisti che hanno rapinato ogni possibile concetto di meritocrazia. E’ proprio qui che trovano giustificazione le secche bastonate di “Lights Out”, alla quale Premier abbina non a caso la presenza di collaboratori storicamente grezzi quali gli M.O.P., come pure la retorica di una “Business Or Art” tecnicamente non proprio ineccepibile nell’allaccio tra il tempo delle liriche e del beat – l’idoneo confronto nasce proprio dall’altrimenti perfetta strofa di Talib Kweli – o la disquisizione valutativa offerta da “Bad Name”, atteggiamento tipicamente da veterano (<<word to God, if B.I.G. and Pac were still here/some of these weirdos wouldn’t act so cavalier>>), sostenuto da una costruzione sonora squisitamente tradizionale dove il format nineties di Christopher è riconoscibile a occhi chiusi.
Se la limitatezza tematica può essere ritenuta un limite del disco nella sua globalità – sebbene inevitabile per la sua natura di raccolta di registrazioni – rendendo passaggi quali “Bring It Back Here” e “So Many Rappers” tra i meno efficaci, le occasionali varianti bilanciano invece tutto alla perfezione, viaggiando tra le metafore esposte da una “Hit Man” alla quale avremmo chiesto in più solo una strofa di Q-Tip, anziché limitarsi al semplice ritornello, nonché tra le folte similitudini della splendida “Family And Loyalty”, capace di appaiare un colosso del passato a uno del presente sopra alla delicatezza di un beat di quelli che il cuore lo scaldano in profondità. “Get Together” diverge similmente dal resto giocando sul botta e risposta tra sessi, ma in questo caso produzione e coro paiono essere gli unici elementi a stonare davvero con l’insieme, senza riuscire a raggiungere gli apici a suo tempo offerti da una pietra miliare come “Royalty”, certamente paragonabile a quest’ultima per come suona all’orecchio.
<<Gang Starr has got to be the sure shot>> diceva Greg Nice qualche decade fa, rappresentazione mentale rinvigorita dallo spettacolare intro di quest’album: quanto costruito da Premier e da tutti gli altri partecipanti alla causa è a tutti gli effetti un sure shot e non potrà che colpire a fondo le emozioni di chi i Gang Starr li ha amati davvero, rispettando il loro incalcolabile contributo alla crescita dell’Hip-Hop durante una carriera inimitabile. Se davvero è giunto il momento di chiudere il cerchio, allora l’uscita di scena è senza dubbio da standing ovation.
Tracklist
Gang Starr – One Of The Best Yet (TTT/Gang Starr Enterprises 2019)
- The Sure Shot (Intro)
- Lights Out [Feat. M.O.P.]
- Bad Name
- Hit Man [Feat. Q-Tip]
- What’s Real [Feat. Group Home and Royce da 5’9”]
- Keith Casim Elam (Interlude)
- From A Distance [Feat. Jeru The Damaja]
- Family And Loyalty [Feat. J. Cole]
- Get Together [Feat. Ne-Yo and Nitty Scott]
- NYGz/GS 183rd (Interlude)
- So Many Rappers
- Business Or Art [Feat. Talib Kweli]
- Bring It Back Here
- One Of The Best Yet (Big Shug Interlude)
- Take Flight (Militia, Pt. 4) [Feat. Big Shug and Freddie Foxxx]
- Bless The Mic
Beatz
All tracks produced by Dj Premier except track #1 by Dj Premier and Dj Finesse
Scratch
All scratches by Dj Premier
Mistadave
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