Homeboy Sandman – Dusty
Conosciuto da sempre quale artista dalle elevate capacità introspettive, Homeboy Sandman utilizza il suo primo disco realizzato sotto il sicuro e pregevole tetto dell’etichetta Mello Music Group per spolverare il proprio animo, aprirne i vari lucchetti e permettere a tutti i pensieri rimasti così tanto a lungo passivi di fuoriuscire con naturalezza e disinvoltura, senza più temere il giudizio degli altri. “Dusty“, la cui copertina gioca argutamente sia col concept dell’album che con il moniker dell’mc, è difatti una testimonianza registrata che fissa per sempre un momento non ripetibile (se non altro per la propensione del protagonista a scoprire sempre nuovi aspetti della propria vita), stuzzicando continuamente una capacità di meditazione che lo trasporta dall’attuale stato emozionale al successivo, magari nella semplicità di una camminata, nell’osservazione dell’ambiente circostante o nel saper trascrivere quanto emerge dal suo subconscio.
Homeboy Sandman sfida continuamente se stesso nel raggiungere nuovi luoghi mentali in grado di elevarlo rispetto alla persona media; e nulla glie ne importa se il caotico mondo comune sia o meno in grado di capirlo. Anzi, sembra godersi il solco che è riuscito a scavare nei confronti dell’ormai incontenibile caos quotidiano viaggiando proprio su quel piano superiore, fiero non solo dell’ambìto approdo, ma pure di non poter essere raggiunto da quella porzione di umanità non degna del suo interesse. Nell’affermare ciò, è altrettanto importante sottolineare che “Dusty” può essere considerato un oggetto spirituale dal punto di vista dell’ispirazione ma non certo nell’ottica puramente argomentativa, dato che le tematiche proposte sono appunto frutto di un processo di liberazione mentale, giungendo ad assecondare impulsi di natura terrena e finanche selvaggia.
Tale condizione psichica trova un ideale contraltare nelle brillanti intuizioni produttive di Mono En Stereo (in precedenza conosciuto come El RTNC), il quale dimostra di essersi empaticamente allineato allo stato ispirativo richiesto per congiungere l’originalità delle musiche alla complessità delle rime. I loop permettono chiaramente di percepire la polverosa radice che riconduce a quel che l’album intende rappresentare, ogni suono è volutamente lontano da qualsiasi canone di tradizionalità, assecondando l’impellente necessità di Homeboy Sandman di mettersi alla prova con beat sempre più complessi, acquisendo nuovi punti di esperienza per un bagaglio tecnico già di enorme spessore. La produzione fa sentire sulla pelle la sua eccentrica iperattività, balzando tra sonorità psichedeliche, piogge sonore simili a danze africane e una serie di strumentazioni legate sotto il comune denominatore dell’epoca estrattiva, gli anni settanta, con un campionario che ospita Funk, Prog Rock e Jazz.
Le meticolose elucubrazioni dell’artista riflettono più che adeguatamente la complessa natura della persona, un aspetto che emerge proporzionalmente al numero di ascolti di un’opera che non può certo essere compresa al primo tentativo. Basti pensare alla metodicità della stesura dei versi accurati e riflessivi di “Noteworthy”, alla rigida schematizzazione metrica di “Name”, alla quale viene genialmente contrapposto il senso di libertà che risiede negli intenti di tutte quelle linee così ben supportate da trombe e basso, o alla distanza mentale creata da una “Far Out” che sembra provenire da un’altra dimensione, ove il senso di superiorità della genesi delle proprie idee si fonde molto bene alla semplicità del contesto da cui le stesse prendono vita. La sensazione di noncuranza è talmente accentuata da permettere di rimuovere maschere e inutili convenevoli con spregiudicata facilità, tanto da indurre il rapper a non preoccuparsi minimamente delle possibili risposte provocate dall’inconsuetudine dei suoi pensieri e dalla tangibile versatilità del flow.
Una delle sue principali particolarità è quella di risultare sistematicamente esilarante e di saper trasmettere tale impressione grazie alla flessione della cadenza. “Pussy” tratta un argomento pericoloso, il più delle volte grossolano, ma nel caso specifico l’ostacolo viene del tutto aggirato con maestria, ci si prende anche il rischio di qualche passaggio potenzialmente fuori luogo ma alla fine il risultato è comunque superiore all’azzardo – e ci si può lasciare andare a due risate, lasciando perdere i soliti tabù. Ci si diverte assai, inoltre, sulla vetustà sonora proposta da “Picture On The Wall”, creata avvalendosi dell’eterno Marvin Gaye; episodio nel quale spicca la sensibile abilità descrittiva di questa spassosa ode alla perfezione della propria compagna di vita (<<later to the haters my baby is just the greatest/the greatest at making playlists or taking it in the anus>>).
Particolare attenzione viene pure riposta all’interazione con le persone; talvolta confrontando il proprio isolamento intellettivo allo status del proprio stesso circolo (“Step Inside”), tra un omaggio ai <<legendary rappers that are broke>> e un imposto rallentamento della vita, che corre sempre più veloce, in altri frangenti analizzando tutte le differenti tipologie caratteriali con cui ci si è finora confrontati, su un nerboruto loop di contrabbasso (“Easy”). Il senso astratto del lavoro è così pervasivo da riuscire a contrassegnare anche la più basilare tra le tipologie di pezzi Rap, la posse cut autocelebrativa, qui snocciolata in compagnia del nuovo compagno d’etichetta Quelle Chris – uno che, con quella voce lì, fa letteralmente ciò che vuole – e un Vecchio Drugo perfettamente a suo agio a martellare di punchline la psichedelica follia contenuta in “Lookout” (<<one feature had me ineligible for medicaid>>), evidente indicazione che pure il resto della comitiva riesce a viaggiare su quella poco raggiungibile lunghezza d’onda. La fitta serie di quesiti di “Wondering Why” calpesta infine di continuo la linea che separa il serio e il faceto, permettendo al forte dualismo di Angel di emergere.
“Dusty” è un disco da ascoltare con apertura mentale e profonda concentrazione, modalità adatte a comprenderne contenuti che, come già dimostrato nella discografia passata dell’artista, sanno spaziare tra alte considerazioni e contagioso senso dell’umorismo (<<shed a tear for my once luscious glorious full head of hair/it did not help getting it back to say a prayer/but thank God that it didn’t stop my being a player>> – “Yes Iyah”). E’ un invito a vivere la vita al di sopra di quel falso senso d’appartenenza fornito dalla mondanità e dalla proprietà di tutti quei beni che forniscono un apparente status symbol. Esorta a staccare dai vorticosi ritmi quotidiani per guardarsi attorno e capire quanto bisogno abbiamo di farlo prima di ritrovarci eccessivamente consumati dalla frenesia lavorativa e dai vari impegni collaterali, rimpiangendo di non averlo fatto prima. Suggerisce di recuperare quella libertà espressiva di cui abbiamo bisogno (un sentimento reazionario espresso in un contesto di ricerca della propria pace: una piacevolissima contraddizione), di attivare tutte queste operazioni di pulizia interiore, trascurate a causa della mancanza di tempo o per accumulata stanchezza, senza vergognarsi di ciò che si è.
Un lavoro di spessore assai voluminoso, che sarà tuttavia riconoscibile solo da chi lo saprà accogliere con la corretta predisposizione.
Tracklist
Homeboy Sandman – Dusty (Mello Music Group 2019)
- Morning Yawn
- Far Out
- Name
- Noteworthy
- Easy
- Yes Iyah
- Every Four Years
- Step Inside
- Picture On The Wall
- Pussy
- Live & Breathe
- Wondering Why
- Lookout [Feat. Quelle Chris and Your Old Droog]
- Tres Bon
- Always
Beatz
All tracks produced by Mono En Stereo with the additional production by Andrew Esposito
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