Homeboy Sandman – Rich
Inserirsi in un segmento molto ristretto di qualsiasi mercato è una decisione coraggiosa, ammirevole, spesso segnale di coerenza. Il talento degli artisti di nicchia possiede infatti un valore specifico, sistematicamente superiore a quello di chi viene inserito in un meccanismo chiuso e deve obbedire agli ordini superiori, a imposizioni dettate da richieste altrui, svestendosi di quella personalità che – nel caso di cui sopra – riveste invece un ruolo di fondamentale importanza quando occorre mettersi in gioco rinunciando a una tangibile e cospicua fonte di guadagno, accontentandosi del ridotto bacino d’utenza che si riesce di conseguenza a raggiungere.
Seppure formulato attraverso una descrizione molto generica, il ragionamento racchiude in tutto e per tutto ciò che Homeboy Sandman rappresenta per l’Hip-Hop contemporaneo, ovvero una piccola goccia difficilmente distinguibile all’interno di un infinito oceano di possibilità; una volta individuata, però, lo sguardo torna a scorgerla spesso e volentieri. Attrezzato di un’originalità da sempre preziosa per consentirgli di trovare quella diversificazione dalla massa che lo stesso ha elevato a caposaldo del proprio credo, il rapper newyorkese ha cercato con insistenza l’incrocio con una libertà espressiva ben riassunta dal suo stesso atteggiamento, evasivo verso le convenzioni e sfuggente dallo stress che coordina la frenesia della vita moderna, un particolare che si riflette tanto nella natura poco ortodossa del suo metodo metrico, quanto sulla particolare selezione di suoni sopra i quali l’mc trova sistematicamente un terreno fertile, affine alle sue velleità, dando luogo a una capacità distintiva oramai instradata verso l’estinzione. Tale rifuggire non deve tuttavia confondere, perché nella particolarità del suo agire Angel Del Villar II è altresì molto puntuale nelle proprie pubblicazioni, ben conscio che l’estro non possa permettersi tempistiche troppo dilatate in tempi di rapido consumo, come attestato dai soli due anni di fila di silenzio nei sedici trascorsi dai primi lavori ufficiali.
“Rich” giunge ad arricchire una cospicua disponibilità di album ed EP tra i quali si configura come una sorta di via di mezzo, dal momento che il quantitativo di tracce – undici – farebbe pensare al primo, mentre i ventisei minuti complessivi risultano senz’altro più attinenti al secondo, quasi a voler ripudiare ancora qualsiasi tipo d’inquadramento, delineando un’esperienza d’ascolto come al solito riservata a una ristretta cerchia di appassionati. Seguendo dunque la scia del più recente filone discografico del Nostro, si prosegue con un lavoro d’introspezione umana e spirituale sorretto dalla consueta e ineccepibile lucidità, tanta è la consapevolezza dei propri limiti così come lo è quella delle qualità più positive, formando una sorta di prosieguo nella raccolta di un diario psicanalitico atto a rincorrere una cura post-traumatica il cui fine è raggiungere il miglior stato di pace possibile verso sé e verso gli altri, condita da un’autoironia a volte irresistibile e che si rivela componente fondamentale di una capacità d’intrattenimento del tutto singolare.
L’altra costante è rappresentata dal beatmaking, interamente affidato a Mono En Stereo (aka El RTNC), ricostituendo l’unione che già aveva decretato le fortune di “Dusty” (capostipite di questo continuo esame interiore), un comparto ricco di ostacoli sia per il livello tecnico che i beat richiedono alla controparte lirica, sia per l’assoluta particolarità della strumentazione campionata, dotata di un elevato livello di anticonformismo. Tale impervio terreno, a volte duro da affrontare proprio per la sua assenza di convenzionalità, non costituisce invece una problematica rilevante per una dotazione metrica così evidentemente al di sopra del medio riscontro, dal momento che l’indipendenza di Sandman non risiede solo nella particolarità delle idee espresse ma pure nelle inconsuete scelte espressive, siano esse poco prevedibili, colorite o semplicemente divertenti.
La sfida più ardua per l’ascoltatore è infatti costituita dal riuscire a cogliere lentamente il gusto del particolare passaggio lirico o dell’eterogeneo ventaglio di sample dal taglio vintage, sovente allacciato a una batteria appena accennata (se non del tutto assente), delineando un’accorta ricerca delle fonti musicali e un lavoro altrettanto certosino in fase di scrittura. Chi desidera il boom bap più puro deve infatti variare indirizzo o accontentarsi del breakbeat classico di “Therapy”, l’unico episodio che, in via del tutto eccezionale, va a collegarsi strettamente alla tradizione, chi è più curioso o necessiti di un’offerta differente troverà invece del tutto fenomenale il metodo compositivo di “Off The Rip”, geniale nel suo campionare abbondanti porzioni di chitarra acustica e piano elettrico che la sezione ritmica riesce solo ad accarezzare, creando due blocchi perfetti per come interagiscono tra un taglio e l’altro accompagnando barre coscienziose, atte a delineare un personaggio davvero unico nel suo genere. Eccellente è altresì il loop di chitarra che dà vita a “Loner”, difficilissima da cavalcare per com’è priva di riferimenti nelle misure del beat ma sopra la quale HS sfodera un flow straordinario nella sua irregolarità, affrontando un tema per lui ricorrente riflettendo con grande sobrietà sulla fine di una relazione sentimentale, testo nel quale traccia un confine preciso tra le proprie responsabilità e la sensazione di intrappolamento e incomprensione che il rapporto forniva.
“Then We Broke Up” tratta lo stesso argomento ma vira completamente il punto di vista, promuovendo uno dei punti di forza di un artista che sa bene come diversificare ciò che fa e non solo per la decisione di avvalersi di un up-beat persino ballabile; la struttura delle strofe è infatti piacevolissima, le immagini descritte scorrono davanti agli occhi che è un piacere, il saliscendi nostalgico/dissacrante è deliziosamente spassoso (<<we would get lost together/floss together/watch The Office/smell each other’s armpits/share each other’s art/share each other’s hearts/smell each other’s farts>> – ma c’è molto altro con cui dilettarsi). La chiarezza nella dizione e la complessità delle rime multisillabiche, allineate a giochi di parole di non immediata comprensione annodati a specifici termini, risultano di grande ausilio nel lasciare il più delle volte intatta la scorrevolezza del progetto anche in quegli episodi nei quali l’inconsuetudine delle strumentali si spinge all’estremo (“Bop”, “Nevermind Pt. 2” e “He Didn’t Do Anything” ne sono le esemplificazioni più lampanti), mentre in altri è la cadenza stessa dell’artista ad assumere tratti di esilarante bizzarria, come testimonia il recitato/cantato adottato per una “Who Are You?” che si dissocia totalmente dalla rispondenza alla normalità.
“Rich” non è niente più e niente meno di ciò che si proponeva di essere, ovvero un’entità che risiede il più lontano possibile da qualsiasi concetto di leggero e spensierato, in grado di incanalare problemi e malinconie in una visione positiva dell’Io e del trascorso personale, tracciando l’ennesima dimostrazione di stordente trasversalità di un artista ricco interiormente nella sua complessa semplicità, proprio come sostiene di essere.
Tracklist
Homeboy Sandman – Rich (Dirty Looks 2023)
- Fine
- Bop
- Therapy
- Off The Rip
- Biology
- Then We Broke Up
- Nevermind Pt. 2
- Loner
- Crazy
- He Didn’t Do Anything
- Who Are You?
Beatz
All tracks produced by Mono En Stereo
Mistadave
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