Honeycut – The Day I Turned To Glass

Voto: 3,5

Nel contesto di un Soul/Funk bianco orientato a molte influenze esterne, possiamo collocare tranquillamente gli Honeycut, formazione che annovera componenti provenienti dalla Bay Area e dalle lande francesi. Gli Honeycut debuttarono nel 2006 con questo progetto che suona come il tipico prodotto che la Quannum era solita sfornare nei suoi anni più rigogliosi. E’ interessante notare come le due razze musicali, vale a dire la matrice più palesemente black e quella, come dire, white, convivano senza problemi (in maniera più riuscita rispetto al progetto Apsci, compagni di etichetta usciti quasi nel medesimo periodo) in queste tracce che possono ricordare un Gilbert O’Sullivan imparentato coi Jamiroquai più ispirati (!), passando tra tante suggestioni (è possibile trovare addirittura qualcosa di vagamente assimilabile a Sade, come in “Butter Room”), in primis di tipo Rock – nell’accezione più ampia del termine.

“The Day I Turned To Glass” è quel tipo di disco, insomma, che potrebbe far impazzire Mark Ronson e ha pure un suo potenziale commerciale notevole (su cui si spingerà moltissimo l’acceleratore nel successivo “Comedians” del 2011), grazie soprattutto a delle belle linee melodiche (un esempio è l’ottima “Silky”, impreziosita da un arrangiamento in stato di grazia, o anche la meno affascinante ma sempre coinvolgente “Shadows”, più chitarrocentrica rispetto alle altre tracce). Riuscite anche la beatlesiana “Polaroid Lullaby”, il brano dove meno si sente la matrice Funk/Soul (e l’MPC, aggiungerei), e l’ipnotica “Fallen To Greed”, lento brano di uscita in punta di piedi; così come funziona decisamente anche “Tough Kid”, il brano in cui più si percepisce la natura Hip-Hop del gruppo.

Al di là di un trascurabile track-by-track, mi sento di dire che “The Day I Turned To Glass” è un disco molto ben realizzato, la voce (spesso in falsetto) del buon Burt Davenport vi entrerà presto in testa per il suo timbro caratteristico e trasversale a un sottofondo che spesso rievoca le radici della musica nera di cui sopra, la scelta è semplicemente tra i brani più tradizionalmente Funk come la pienissima “Aluminium City” e quelli che invece si aprono in direzioni più irregolari (si prenda a esempio il Pop di “Dysfunctional”, che potrebbe benissimo trovarsi in dischi di tutt’altra origine). Mi sento tra l’altro di consigliare all’ascoltatore di partire proprio da “The Day…” e non da “Comedians”, meno ispirato e più canonico rispetto a quest’esordio pieno di entusiasmo e solo minime imperfezioni (soprattutto per quel che riguarda l’amalgama tra chitarre e MPC – come in “Shadows”, in cui la direzione del suono è un po’ più confusa che altrove).

Non è un album che vuol stravolgere i canoni del genere (intento non obbligatorio, ovviamente), o, se intende farlo, non ci riesce del tutto; ma riesce a dare subito un’identità precisa di questi tre musicisti. Consigliato a coloro che cercano un’opera che faccia da raccordo tra ambiti musicali differenti.

Tracklist

Honeycut – The Day I Turned To Glass (Quannum Projects 2006)

  1. The Day I Turned To Glass
  2. Tough Kid
  3. Shadows
  4. Butter Room
  5. Dysfunctional
  6. Dark Days, White Lines
  7. Polaroid Lullaby
  8. Silky
  9. Aluminium City
  10. Crowded Avenue
  11. Exodus Honey
  12. Fallen To Greed

Beatz

All tracks produced by RV with the co-production by Tony Sevener

Scratch

All scratches by Tony Sevener

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