Ice Cube – Laugh Now, Cry Later
Quello di Ice Cube è accolto come un felice ritorno sulla scena di uno dei rapper più arrabbiati e militanti di sempre, del quale avevamo (musicalmente) perso le tracce dal doppio impegno di “War & Peace” (’98/’00), opera che aveva in parte deluso la base dei suoi fan più radicali a causa di qualche hit riempipista di troppo e ritmi molto influenzati dalla moda di quel tempo, privi di collegamento con le dure sonorità di “The Predator” o “Lethal Injection”, facendo riferimento ai due lavori immediatamente precedenti. Origine e causa di quel risultato fu la miriade d’impegni che videro coinvolto il nativo di Los Angeles, uno su tutti il cinema, fatto che scaturì una minor cura del prodotto finale rispetto ai capolavori che invece ne avevano contraddistinto la carriera musicale. Conscio del fatto che alcuni lo davano per finito come rapper, qualche tempo fa Cube aveva dichiarato di volersi staccare un momento da Hollywood per farsi un giro nel ghetto e studiare con calma il concept del suo prossimo lavoro: quello che ne è scaturito è un album che ci restituisce un mc vecchio stampo, polemico e politico al punto giusto, storyteller e minaccioso nelle rime come in “Amerikkka’z Most Wanted” o “Death Certificate”.
Il sostegno sonoro è molto diverso da allora ed è interessante e variegato grazie al lavoro di diverse menti, attente sia alla volontà di Cube di dare un assaggio di old school che alle contemporanee esigenze dei club, senza il pericolo di rendere il tutto un mero affare commerciale. Il disco è molto versatile ma gli stili di produzione sono tutti accomunati dal maestoso incedere al microfono di un Ice Cube dimostratosi in forma come non succedeva da tempo: c’è spazio per la metafora in “Child Support”, quando viene chiamato in causa il gangsta Rap di cui egli si ritiene il padre e dove lo stesso ammonisce i figli rei di voler continuare a fare gli studio gangsters (<<I’m the father of this gangsta shit/never thought that I have a bunch of bastard kids/lil’ bad-ass kids/I whoop their ass every night>>), c’è la meravigliosa e riflessiva base dal sapore Jazz della titletrack tramite la quale viene raccontata la labile mentalità e i miseri destini di chi parte con nulla in mano e troppo presto si ritrova a non poter gestire quanto accumulato, mentre con “Growin’ Up” non si possono non notare delle dediche a chi non c’è più (<<I learned a lot of game from you/I like your son, he got his name from you/I tell him everything that he need to know/If he ask my advice, I won’t think twice homey>>), ovvero quell’Eazy-E amico fraterno con cui il rapporto fu tanto tumultuoso, su una base adatta ad evocare quei ricordi tramite cui Cube racconta un po’ del percorso fatto in tutti questi brillanti anni al microfono.
Tra le migliori tracce troviamo quindi “The Nigga Trapp”, l’unica (nonché ottima) produzione regalata da Dj Green Lantern, sulla quale Cube rimarca il suo ruolo di portavoce del ghetto (<<concrete slave ships, never move/where niggaz like us get used like a mule/don’t let ‘em catch you, arrest you/strip and undress you>>) e lancia evidenti critiche a chi siede sulle poltrone importanti di casa sua, come il presidente Bush e il governatore della California Arnold Schwarzenegger; a chi si vuol divertire piacerà molto “Smoke Some Weed”, coinvolgente e party al punto giusto grazie alla bella base orientaleggiante studiata da Bud’da e con lei, tra le tracce più belle, trovano posto “Click, Clack – Get Back!”, fatta apposta per saltare, “Steal The Show”, dove Scott Storch condisce con maestria una base sostenuta da un piano deciso con un pizzico di organo nel ritornello, e “Go To Church”, la migliore delle tre produzioni di Lil’ Jon (le altre due puzzano di già sentito) che non è arricchita come potrebbe dal featuring di Snoop; “Why We Thugs” e “Doin’ What It ‘Pose 2Do”, infine, hanno i classici richiami della costa ovest e carina è l’idea di mettere qua e là qualche inserto parlato, sempre con un messaggio da recepire.
Il successo dell’operazione “Laugh Now, Cry Later” è caratterizzato da due fattori, primo l’accantonamento dello stile Don Mega che aveva contraddistinto il periodo di “Player’s Club” e dei due “War & Peace”, secondo la diversità dei produttori chiamati a costruire l’intreccio sonoro del progetto, che permette di accontentare fan vecchi e nuovi; ciò restituisce alla scena uno dei suoi esponenti più famosi e storici, che insegna tonnellate di attitudine a quelli che si atteggiano senza motivo, che ruggisce con ferocia contro il sistema, che regala liriche oneste e senza vie di mezzo: davvero un gran bel lavoro.
Tracklist
Ice Cube – Laugh Now, Cry Later (Lench Mob Records 2006)
- Definition Of A West Coast G’ (Intro)
- Why We Thugs
- Smoke Some Weed
- Dimes & Nicks (A Call From Mike Epps)
- Child Support
- 2 Decades Ago
- Doin’ What It ‘Pose 2Do
- Laugh Now, Cry Later
- Stop Snitchin’
- Go To Church [Feat. Snoop Dogg and Lil’ Jon]
- The N***a Trap
- A History Of Violence
- Growin’ Up
- Click, Clack – Get Back!
- The Game Lord
- Chrome & Paint [Feat. WC]
- Steal The Show
- You Gotta Lotta That [Feat. Snoop Dogg]
- Spittin’ Pollaseeds [Feat. WC and Kokane]
- Holla @ Cha’ Boy
Beatz
- Sketch: 1, 6
- Scott Storch: 2, 17
- Bud’da: 3, 16
- Deejan Underdue and Teak Teak Da Beatsmith: 5, 15
- Emile: 7, 14
- LV and Sean C.: 8
- Swizz Beatz: 9
- Lil’ Jon: 10, 18, 20
- Dj Green Lantern: 11
- D’Maq and Lay Law: 13, 19
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