Il Lato Oscuro della Costa – Amore, morte, rivoluzione
Tentare un’interpretazione di questo disco sarebbe un’offesa. E’ di certo molto più onorevole accettare le mille sfaccettature degli intricati viaggi sonori/lirici e appellarsi a una delle caratteristiche che rende la poesia così stupendamente indispensabile: ognuno ci può trovare il senso che cerca. Sì, avete capito bene, non ho paura di parlare di poesia: Il Lato Oscuro ha raggiunto vette di elaborazione letteraria che la gran parte degli mc’s italiani può continuare a sognarsi.
Mi perdonerete se introduco per primo l’aspetto musicale, ma nei tappeti sonori di Nada non c’è davvero dettaglio fuori posto: le basi (anche se chiamarle basi è riduttivo) sono un frullato di precisione matematica, un collage furibondo di scratch, campioni, chitarre, synth, percussioni acustiche, programmazioni (superbe) di batterie e chi più ne ha, ne metta. Dj Nada è, evidentemente, su un altro pianeta rispetto alla media del beatmaking italiano: le sue strumentali slegano i (pesanti) lacci dei classici beat Hip-Hop viaggiando tra il Blues, l’Elettronica e l’Indie Rock, senza disdegnare qualche digressione acustica. Scordatevi i soliti quattro quarti anonimi; i suoi beat esplodono inaspettatamente verso la superficie delle canzoni, si fanno protagonisti, creatori attivi della struttura delle tracce, ridisegnando i confini del genere.
Non da meno sono le liriche dei quattro rapper che si alternano al microfono: gli spudorati tecnicismi sono sostituiti da un delicato citazionismo (poco invadente tanto quanto poco scontato) che fa da contrappunto a immagini alternativamente spietate (la più mediocre e squallida vita quotidiana è un punto fermo in vari episodi del disco) ed emotivamente sentite (si avverte una soffusa predisposizione all’introspezione, trascinante e, azzardo, commovente). Si passa così dalla raffinata rappresentazione della rivoluzione con “L’onda”, problematico ritratto che racconta l’esperienza della contestazione da punti di vista multipli, all’amore disilluso e malinconico di “Babele”, passando per la morte di “Dopes”, ipnotica e citazionista. I tre punti cardine enunciati nel titolo dell’album, “Amore, morte, rivoluzione”, fanno appunto da impalcatura per uno sfoggio di competenza compositiva che ha dell’incredibile.
Impossibile dimenticarsi di “Munch”, esistenzialista fino al midollo, o di “Invisibile”, pregiato ritratto dell’ipocrisia e della violenza di questa nel quotidiano, o di “Drive”, storytelling narcotico e visionario di un sabato sera al volante. Una menzione particolare, ma dettata soltanto dal mio gusto personale, va a “21 dicembre”, soffusa e onirica ma saldamente sofferente. Raramente ho avuto il piacere di incontrare versi così densi e ricolmi di tanta forza lirica: mi auguro che il modo, coraggioso e originale, di fare musica presentato in questo disco, possa essere seguito da altri. Non c’è niente di più importante, oggi, in Italia, che escogitare un nuovo approccio al Rap, alla scrittura e alla composizione, che sappia soppiantare l’ammuffito corredo di retorica pseudo-poetica che avvelena pressoché ogni produzione.
In definitiva, non possiamo che esternare un sentito grazie al Lato Oscuro per ogni nota e ogni verso di questo lavoro – e sperare che qualcun altro ne segua l’esempio.
Tracklist
Il Lato Oscuro della Costa – Amore, morte, rivoluzione (Semai/Bronson Produzioni 2010)
- L’onda
- Invisibile
- Babele
- Drive
- Munch
- Il sole è ancora alto [Feat. Lord Assen]
- Dopes
- Macchia
- Animacciaio
- Come voi
- 21 dicembre
Beatz
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Riccardo Orlandi
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