Intervista a Gentle T (05/06/2023)
Qualche settimana fa, quando Dj Rogo ci ha inviato la cartella coi brani di “No signal”, il suo nuovo EP realizzato con Gentle T al microfono, abbiamo subito colto l’occasione per proporgli di intervistare il rapper salentino e colmare così qualche curiosità sulle sue ultime fatiche – e sono numerose. Avevamo anche individuato una potenziale data: sabato 27 maggio, in concomitanza al live romano della squadra convocata da Gionni Gioielli; per questioni di orario, pur avendo scambiato due chiacchiere prima che il concerto prendesse avvio, abbiamo poi deciso di rimandare a una più comoda diretta su Zoom, il cui resoconto è quanto vi apprestate a leggere…
Bra: cominciamo a fare ordine nella tua storia artistica. A memoria, gli EP “Rubo le basi” – realizzati a metà anni 10 – sono i primi progetti grazie ai quali veniamo a contatto col tuo nome. Come hai cominciato a fare Rap?
Gentle T: ho cominciato a fare Rap col freestyle, tra il 2008 e il 2009; ma era più per divertimento, tra amici, senza alcuna pretesa e prendendoci in giro tra noi. Un po’ per volta, io e qualcun altro ci siamo avvicinati ai contest e da lì abbiamo scoperto che c’erano anche altre persone in zona che avevano la nostra stessa passione: è così che parte tutto, le prime connessioni a Lecce, i piccoli studi in casa… Il mio primo progetto vero e proprio si chiama “Più in alto”, niente più che un insieme di pezzi – ma ti sconsiglio l’ascolto e lo sconsiglio anche a me! Sì, le prime cose che ho fatto ascoltare volentieri sono in “Rubo le basi”, come si capisce non avevamo nessuno che ci faceva i beat e quindi comunque non parlerei di una roba ufficiale, ecco.
B: di lì a breve sei già nel raggio d’azione di un progetto più grande e strutturato, il collettivo Kiazza Mob. Pubblichi infatti “1993” (che è il tuo anno di nascita), su produzioni di GSQ: evidentemente quei primi lavori hanno comunque portato a qualcosa…
GT: è vero, sì. Intanto era nata Illegal Meeting, la mia crew, che sarà parte integrante di Kiazza Mob; io, Rotella, Zeboh, dei writer e altri amici. E’ partita come una jam illegale che organizzavamo in Salento nei posti che si prestavano alla cosa… Abbiamo riacceso un movimento – diciamo così – e in questo modo ci siamo fatti conoscere da tutti in zona, GSQ compreso. All’epoca, poi, andavo all’università, avevo molto più tempo libero e ho fatto un po’ di incontri che mi hanno permesso di alzare l’asticella. Uno di questi, molto importante, è con Mattak, che veniva qui in estate con la famiglia: un giorno ci siamo beccati per caso, io facevo freestyle per strada con amici e lui si è avvicinato, ci siamo conosciuti (non so come, lui aveva già ascoltato delle mie cose!), siamo rimasti in contatto e sono andato anche in Svizzera a trovarlo. Grazie a lui ho conosciuto molta gente, abbiamo fatto delle serate e alcune di quelle connessioni sono poi finite in “1993”. La gente incontrata e i live fatti: è tutto in quel disco, che sicuramente rappresenta un bel salto in avanti per me.
B: parlando di Puglia, il rapporto con la tua terra d’origine mi è sempre sembrato un po’ conflittuale – penso ad esempio a una barra di “Walk away” che fa <<le parlavo giusto un po’ di sere fa/di come ho sempre le valigie piene, sì, ma voglio rimanere qua>>; tratto comune, tra l’altro, a diversi tuoi corregionali con qualche anno in più sulle spalle, penso a Comma, Shogun, SottoTorchio, Morioka… Vivere in Salento, a prescindere dalle sue belle estati, influisce in qualche modo sul tuo percorso nell’Hip-Hop?
GT: sicuramente! Sarebbe bello dedicarsi solo alla musica, ma non possiamo far finta ci sia solo quella. La vita si basa al 90% su altro. Questa cosa magari viene fuori attraverso la musica, io infatti ne scrivo, però è legata a situazioni molto più concrete. La maggior parte dei miei amici non vive più qui; e quelli che sono qui o studiano e poi andranno via o non sanno ancora bene cosa fare della propria vita. Come può una roba del genere non influire su quello che fai? Io stesso, come forse si percepisce da alcuni miei pezzi, ho fatto su e giù per lavoro; nel 2016, mentre usciva “1993”, facevo un biglietto di sola andata per la Germania e ci sono stato due anni. Sono tornato, ho finito l’università, arriva il Covid, si ferma tutto e me ne vado di nuovo. La valigia deve essere pronta perché se le cose si mettono in un certo modo, devi poter andare via. Ma non vuoi farlo ed è frustrante, a maggior ragione quando fuori ci sei stato e capisci che basterebbe davvero poco per creare le condizioni affinché si possa rimanere.
B: a un certo punto – è il 2020 – Blo/B ti coinvolge in Make Rap Great Again. Ne nascono due featuring, uno in “B movie” e l’altro in “Villains” (ma più tardi sarai anche in “#FREECRAXI”, “Ligera memories”, “Newport” e “Festivalbars”): come sono andate le cose e quanto è maturata la tua visione – intendo quella del rapper, prima che di Salvatore – interagendo con figure di grande esperienza come lo stesso Blo, Gioielli e Cuns?
GT: fare le cose con loro mi ha insegnato a essere molto più organizzato nel realizzare un progetto, a partire dalla scaletta – che sembra una cazzata, ma non lo è affatto. Le uscite MxRxGxA hanno un’impostazione precisa, ogni tassello deve essere al suo posto: per me sono state molto formative. Non ricordo come Blo/B venga a conoscenza delle mie cose, forse dall’EP con Sonny Purini (si riferisce a “Loculus 4” – ndBra); fatto sta che mi contatta, parliamo un po’ e, scherzando, mi dice che devo smetterla di fare tutte quelle barre contro i milanesi, perché nel disco ce n’erano un po’ – sempre ironiche. Mi chiede quindi di partecipare a “B movie” e io ovviamente gli dico subito di sì, ero contentissimo perché lui mi piaceva fin dal 2004, quando lo sentii per la prima volta su un mixtape di Bassi Maestro (è “The remedy tape vol. 1” – ndB), gli rappo proprio la strofa! Da lì è stata una reazione a catena, a Gioielli la mia collaborazione è piaciuta e, mentre lavoravamo su “Gran turismo”, sono arrivate anche tutte le altre strofe ed è successo quello che è successo.
B: a cambiare è anche il tuo passo. A inizio 2022 pubblichi “Gran turismo”, come accennavi, prima di una serie di uscite di cui ora parleremo. Entri – diciamo ufficialmente – nei meccanismi MxRxGxA, tuttavia lo fai conservando alcuni dei tuoi temi classici, in particolare la descrizione di un sud Italia che vive di emigrazione e lavoro precario; quando nasce l’album e come si è svolta la realizzazione, che ha visto in Blo/B un vero e proprio direttore artistico?
GT: era quella fase lì del Covid in cui non si poteva uscire. Io stavo portando il cane a fare un giro e mi chiama Gioielli – Blo mi aveva anticipato che l’avrebbe fatto, senza dirmi altro; mi dice che spacco, mi fa un paio di domande e senza tante premesse, com’è nel suo carattere, mi propone di realizzare un disco. Anche in questo caso rispondo di sì e mi affida a Blo, che mi passa un po’ di beat anche di gente che poi purtroppo non è finita sul disco. Io, preso bene, scrivo di getto, molto velocemente (in realtà lo faccio sempre), vedo che dall’altro lato le cose stanno piacendo e in un paio di settimane abbiamo le strofe. L’idea stessa del concept è nata mentre il progetto veniva realizzato, in base a quello che scrivevo e non viceversa; dai viaggi al titolo, GT come Gentle T. Nel frattempo, torno in Germania. Gioielli fa uscire le cose che avevano già in programma e arriva il momento di chiudere il disco – ottobre/novembre, il lancio sarà a inizio febbraio; mancava solo un pezzo che registro in Germania e intanto loro qui hanno gestito tutta la parte delle strumentali, riviste quasi per intero da zero rispetto a quelle sulle quali avevo rappato in origine. E niente, bomba! Il giorno in cui esce mi licenzio e torno in Italia.
B: un anno dopo è già tempo di “Bar sport”. Si tratta di un’autoproduzione nella quale condensi quasi tutte le realtà che si stanno facendo interpreti del suono che tu stesso hai adottato, ovvero Make Rap Great Again, Stakanov Boys, Stoned Saints, Frank’s Vinyl e Granda Farmerz. Come mai, secondo te, questa nicchia si muove così in blocco, direi quasi in armonia? E – vivendola dall’interno – ritieni che la visibilità ottenuta sia già la massima possibile?
GT: no! Secondo me c’è tanta gente in giro che non conosce me né molti di quelli che ora stanno facendo cose simili alle mie: quando ci scopriranno diranno cazzo che mi ero perso! Questa roba merita di essere scoperta. E’ come quando io da ragazzino ascoltavo le cose di gente che ora è tra i nostri riferimenti, l’espansione non avrà mai fine e se non sarò io, se non saremo noi, sarà qualcun altro, ma questa roba diventerà ancora più grande – great again, appunto! Tornando all’altra domanda, credo non sia casuale – ma neppure deciso a tavolino – che in “Bar sport” confluiscano tutte quelle realtà, perché il punto non è collaborare in base al nome bensì a quello che si fa: G Farmerz doveva essere già in “Gran turismo” e volevo assolutamente fare qualcosa con loro, con Montenero addirittura avevamo chiacchierato di un disco assieme e infatti all’inizio si era ipotizzato di far fare a lui la direzione artistica di “Bar sport”, in Stoned Saints rivedo le cose come le faccio io e via dicendo. Alla base ci sono stima e rispetto. La sorpresa è stata Jack The Smoker: chiesi su Instagram – come spesso si fa – chi avrei dovuto chiamare per un prossimo featuring e qualcuno mi taggò lui, io rispondo e Jack si dice subito disponibile, gli mando la base e registra! Così, tutto molto velocemente.
B: tra i risultati raccolti dal percorso MxRxGxA c’è un piccolo tour a formazioni variabili che si è appena concluso proprio dalle tue parti, ad Andria, ma tu eri presente la settimana precedente anche alla tappa romana. Che tipo di esperienza è stata e ritieni sia ripetibile?
GT: è stata un’esperienza bellissima! Mi era già capitato di fare grossi live con Illegal Meeting, ma eravamo comunque dalle nostre parti; è però la prima volta che mi capita di andare lontano da Lecce e vedere gente che canta tutte le mie strofe a memoria. E questa è sicuramente una cosa incredibile, ancora non riesco a crederci. Sulla ripetibilità o meno dell’evento, non ti nascondo che se ne sia parlato già tra di noi, a margine delle serate: ci sono progetti, ci sono idee, ma è presto per dire con sicurezza cosa accadrà in futuro. Ci spero, ecco, secondo me si deve fare e sono molto felice di essere parte di questa cosa, anche se geograficamente lontano rispetto ad altri.
B: veniamo all’immediato presente. C’è un nuovo EP, “No signal”, con Dj Rogo alle macchine; e, se non erro, bolle ancora dell’altro in pentola. Parlaci del primo, intanto.
GT: guarda, con Rogo ci siamo incontrati solo ad Amsterdam ai live di Conway e Benny, ma avevamo diverse conoscenze in comune – Enema SDO, Zeboh… E’ quello che dicevamo prima di questa nicchia: ti conosci anche senza conoscerti. Lui mi ha detto che avrebbe avuto piacere di fare qualcosa assieme per questo filone di 7’’ che sta realizzando sul suo Bandcamp, una visione sua in cui coinvolge vari artisti, e io ci sono stato subito. Anche in questo caso, tutto molto veloce: in una settimana aveva i pezzi scritti e registrati, partendo proprio dall’immagine di copertina. Lui in pratica dà una macchina usa e getta all’artista e si parte da lì; il problema è che io sono negatissimo, la foto l’ha scattata quindi D.Ratz e in base a questa abbiamo costruito il concept – se lo sanno in MxRxGxA mi sparano! (ride – ndB) C’è l’antenna, quindi il titolo – non c’è segnale, non c’è campo – e il riferimento alla realtà locale, spesso dimenticata e irraggiungibile. “No signal” nasce così.
B: e a proposito del prossimo futuro, invece, cosa puoi anticiparci?
GT: ti posso dire che c’è un altro EP pronto, realizzato con una realtà romana presente infatti al live di Roma, ci saranno un paio di featuring ed è una roba un po’ splatter! Sarà fuori tra fine giugno e luglio – per ora non puoi scrivere altro…
B: hai collaborato e stai collaborando con figure di spicco della scena underground; dopo tanti anni di attività, qual è l’ambizione, il sogno magari inconfessabile, che ritieni meno distante che in passato?
GT: guarda, a ogni tassello aggiunto io penso già al successivo. Come dei gradini da scalare. Poi, dopo un po’ che continui a salire, ti guardi indietro e ti rendi conto della strada fatta. Ma, se ti dovessi dire cosa vorrei si realizzasse prima, non ti parlerei di un sogno inconfessabile; perché l’obiettivo è fare appunto un passo in più, non guardare a ciò che è troppo lontano. In realtà, tornando ai live, anche un tour con qualche data aggiuntiva e una maggiore copertura dell’Italia sarebbe un grande traguardo, un ulteriore tassello in più. In fondo, se guardassi indietro pensando alle collaborazioni nate di recente e alle serate, potrei dire di aver fatto molto. La gente ai miei live che canta con me le strofe: quella è una vera soddisfazione, è successo e può succedere ancora, anche più in grande.
B: proviamo allora a tracciare un primo bilancio di questa fase: sei dove credevi di dover essere? E sei felice di ciò che hai raccolto fin qui?
GT: la verità è che siccome prima di “Gran turismo” non c’erano proprio delle aspettative, quello che ne è venuto dopo è per intero guadagno. Forse suonerà banale, ma non c’era un posto dove credevo sarei stato a questo punto, volevo semplicemente continuare a fare Rap e che qualcuno se ne accorgesse; poi, quando più di qualcuno se n’è accorto, ho sperato se ne accorgesse ancora più gente e così via. Perciò non si tratta di tirare delle somme: sono soddisfatto, fermo restando che ho fatto tutto con e per passione, l’avrei fatto a prescindere dai risultati. Quindi sono e sarò dov’è giusto che io sia. Ti posso anche dire che, da qui a un anno, secondo me avrò fuori almeno altri due/tre progetti oltre quelli citati, è il momento di spingere e non intendo fermarmi.
B: be’, a questo punto devi dirci se uscirà qualcosa anche per Make Rap Great Again.
GT: se Gioielli mi chiama per un disco, io gli dico che ne possiamo fare anche due! Al momento loro sono già al lavoro su diverse cose e quindi nell’imminente non stiamo programmando niente, però siamo sempre in contatto e non è escluso che qualcosa si muova. Intanto sto valutando un “Bar sport 2” e Armani si è già prenotato per una strofa, chissà…
B: una domanda più tecnica, per così dire. Stando al panorama italiano, nel tuo slow flow – che rivendichi spesso – riconosciamo pochi potenziali riferimenti; tu in chi vedi il tuo maestro, la tua ispirazione principale dal punto di vista della scrittura?
GT: sinceramente, ritengo di aver migliorato molto la mia scrittura da quando ho smesso di ascoltare il Rap italiano! Può sembrare un paradosso, ma non lo è. Io sono stato un consumatore di Rap italiano a livelli industriali, almeno fino a cinque/sei anni fa; poi ho trovato i giusti agganci anche nel Rap americano (che comunque ascoltavo, è chiaro), le cose che mi facevano sognare, e mi si è aperto un mondo dal quale – come fanno tutti – ho preso spunto per risultare più originale. C’è un’eccezione: il rapper italiano che ho ascoltato di più in questi ultimi anni è Killa Cali (ora Sebastian, presente in un featuring di “Bar sport” – ndB); se parliamo di slow flow, nessuno meglio di lui. Su alcuni beat ci sono proprio barre in cui le lettere sono scandite una a una (pronuncia lentamente ogni sillaba – ndB) e da lui ho appreso tanto, secondo me ha scritto dischi che erano avanti di anni. A chi non lo conosce, consiglio di ascoltarlo perché è una grande scoperta.
B: prima di salutarci, il periodo è quello giusto per consigliarci le tre spiagge più belle della provincia di Lecce – è una piccola tradizione: facevo la stessa domanda a Lil Pin, ma con riferimento a Cagliari…
GT: lo chiedi a uno che non va tanto al mare, l’estate non fa per me… Comunque: sullo Ionio, vicino Sant’Isidoro, c’è Frascone, la spiaggia è piccolina e ci sono delle sorgenti gelide che risalgono da sotto gli scogli; poi il lido Li Marangi a San Foca, perché ho casa al mare lì e quindi ha un valore affettivo; infine, un classico, Torre dell’Orso, così abbiamo anche l’Adriatico.
Bra
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