Intervista a Gio’ Lama (02/08/2022)
Quest’intervista era in programma più o meno da fine giugno. Un lieto evento – letteralmente – l’ha fatta slittare fino a quest’inizio di agosto: la nascita di un bimbo in casa Lama! In quest’intervallo di tempo, “Educazione e rispetto” ha raccolto apprezzamenti da diverse direzioni, perciò possiamo parlarne un po’ più in dettaglio e addentrarci nelle molteplici sfumature di un progetto che – come leggerete – a Giò Lama piace tratteggiare con dovizia di dettagli…
Bra: prima di venire al presente, facciamo un giro nel recente passato. Ti avevamo lasciato otto anni fa con “Check my crane style/The Italian chamber”, progetto nel quale eri impegnato sia alle macchine che al microfono. Cos’è successo, artisticamente parlando, in questo lungo intervallo di tempo?
Giò Lama: in realtà, dopo “Check my crane style”, nel 2018 c’è stato “Raw steel”, il mio album strumentale per Unlimited Struggle. “Raw steel” è l’esatto contrario del suo predecessore, che mi aveva rovinato la vita: quindi zero ospiti e zero Rap. E’ l’album con il quale, secondo me, ho consolidato il mio suono e appeso il microfono al chiodo. Fu Unlimited Struggle stessa, nelle persone di Dj Shocca e Stokka, a chiedermi di realizzarlo e non viceversa, quindi vi lascio immaginare che razza di pressione sentissi addosso; ma proprio questa mi permise di lavorare a un prodotto di cui sono ancora molto orgoglioso e che per me ha rappresentato un nuovo inizio. Poi tra “Raw steel” ed “Educazione e rispetto” ho realizzato l’EP “A Dio piacendo” con Poppa Gee, ho piazzato produzioni sui dischi di Oyoshe, Ape e Jangy Leeon tra gli altri, ho pubblicato diversi singoli come “Giò Lama joint” con Big House, “Straordinario” con Engeezo, “Caino” con Dono, ho ideato e prodotto la posse track “Raw Steel MonStarz” e prodotto la posse track ideata e organizzata da DragWan “L’uomo senza tempo”.
B: in parallelo, l’Hip-Hop ha preso direzioni piuttosto nette, facendo emergere sottogeneri che in questo momento hanno un’oggettiva presa sul pubblico. Tu conservi un’identità legata al boom bap, rivendicandolo anche con un certo orgoglio; “Educazione e rispetto”, titolo che implicitamente rimanda a KRS-One, nasce come reazione a tutto ciò?
GL: parto dalla fine. Assolutamente no: il titolo “Educazione e rispetto” è una cosa che sento molto mia, naturale, quasi intima, per me è la prima risposta alla domanda come si fa questa roba? Non amo le etichette, ma in situazioni come questa tornano estremamente utili per spiegarsi, quindi farò un’eccezione: mi parli di sottogeneri e io mi tolgo subito il pensiero della Trap, tanto amata quanto odiata, a me non piace. E non è che non mi piace perché non è il vero Hip-Hop, perché è piena di fake e di scarsi, non me ne frega niente di questa roba e potremmo dire lo stesso anche di certa classic, non mi piace perché io ho il feticismo per un certo tipo di suono che non ritrovo nella Trap o in altre produzioni moderne. E’ una questione di gusti e non di schieramenti né tifoserie da rincoglioniti. Subito dopo penso alla corrente grimey che invece mi piace molto, che ho fatto, faccio e farò. Sono convinto che abbia portato nuova linfa a tutto il panorama Rap mondiale, rimettendo il sample e le atmosfere al centro. Anche su “Educazione e rispetto” si sente l’influenza di questa corrente, tant’è che tracce come “Più morbido” e “In alto mare” nascono esattamente così, immaginale con le stesse drum ma filtrate e smorzate e otterrai due tracce che starebbero benissimo su un disco di quel tipo. Ciò che sentite è la mia esperienza e il mio suono, al netto di tutte le contaminazioni e influenze che ho incontrato nel mio percorso.
B: sui social hai chiarito che si è trattato di un viaggio che è durato più di quattro anni. Raccontaci le tappe principali dell’iter realizzativo di “Educazione e rispetto”, dalla sua ideazione al momento in cui ti sei detto che il cerchio era chiuso.
GL: sì, è vero. Ho chiesto le prime collaborazioni nel 2018, ero infottato dai feedback ricevuti per “Raw steel”, avevo i polpastrelli in stato di grazia da mesi e ho fatto questa cazzata. Il mio ultimo lavoro era uscito per Unlimited Struggle, quindi ne parlai prima con Stokka, che pur appoggiandomi si sincerò che io fossi consapevole dei guai in cui mi stavo cacciando, e poi con Shocca che non esitò a garantirmi tutto il suo supporto e questo disco è la dimostrazione che ha mantenuto la parola – word is bond. All’inizio l’idea era quella di contattare gli artisti della mia generazione che mi piacevano di più in tutta Italia e così ho fatto. Qualche no educato me lo sono beccato e ho rispettato l’onestà, ma ho beccato pure un bel po’ di sì da quelli che si sono dimostrati dei quaquaraquà; questo è il motivo per cui alcune zone d’Italia non sono state rappresentate nel disco. In merito alla chiusura della tracklist, pensa che pur non avendo i file, ma con gli accordi che avevo preso a fine 2020, ritenevo di essere già a posto con le tracce, ma proprio in quel periodo chiusi in tempi record “A Dio piacendo” con Poppa Gee e lavorare con lui mi piacque così tanto che, nonostante non volessi aggiungere altre tracce e lui mi aveva espresso la volontà di rallentare con le collaborazioni (perché stava facendo uscire una marea di materiale), gli chiesi lo stesso di partecipare al disco ed è così che è nata “Dopo il rispetto”, la traccia che apre l’album. A quel punto ero sicuro di aver finito, ma ho avuto un ritorno di fiamma per un singolo che avevano pubblicato Sandro Sù e Mole, “Il titolo non sempre serve”, e dopo essermi fatto rassicurare da Sandro sul fatto che Mole fosse un tipo a posto, un fregno a detta sua, ho contattato quest’ultimo che si è dimostrato ben felice di partecipare e in un paio di settimane avevamo chiuso quello che poi è stato l’ultimo pezzo del disco, diventato anche il singolo di cui abbiamo girato un videoclip.
B: Aldebaran Records è entrata in corso d’opera o era presente fin da principio?
GL: no, come dicevo stavo lavorando con Unlimited Struggle e l’aneddoto che ho raccontato sopra sottintendeva che “Educazione e rispetto” sarebbe uscito con loro, ma – e questa non è la versione ufficiale, sono io che la dico a modo mio – una macchina come U.S. per esprimersi al meglio dev’essere in movimento e nutrirsi di tutto quello che il contatto con la propria fanbase può dargli. Parliamo della seconda metà del 2020 e se è vero che io ero pronto a tirare le somme, ero anche consapevole che il primo lockdown ci aveva devastati tutti e un progetto del genere aveva chiaramente bisogno di un importante dispendio di energia. Così mi sono sentito con Stokka e di comune accordo abbiamo stabilito che era il caso di trovare un’altra soluzione per la pubblicazione del disco. Nonostante non ci conoscessimo, Aldebaran Records è stata la prima scelta a cui ho proposto “Educazione…” e sono stato contento, perché se in origine Deva era titubante poiché aveva già un calendario pieno e il periodo era quello che era, dopo aver ascoltato il materiale che avevo preparato si è subito ricreduto e ha sposato con entusiasmo la mia causa. Io sono andato da Aldebaran Records con delle tracce abbozzate e una sola richiesta imprescindibile, ovvero che, così come avevo deciso in principio, doveva essere Shocca a missare e masterizzare il disco, perché è così che l’avevo concepito. Il resto è storia.
B: entriamo più in dettaglio su alcune collaborazioni. Hai riportato Mole al Rap: in “Senza scuse” chi dei due si è dovuto avvicinare maggiormente allo stile dell’altro, dato che tra la tua impostazione abbastanza tradizionale e la sua inclinazione a valicare il genere c’è una distanza non banale da colmare?
GL: in realtà, come ti dicevo, sono io che ho ritrovato Mole al Rap già in “Il titolo non sempre serve” con Sandro Sù. In tutta sincerità, forte della convinzione che lui avrebbe fatto i numeri anche sul click del metronomo, non mi sono fatto troppi problemi nella scelta dei beat da proporgli, l’unica cosa di cui mi sono preoccupato è stata di dargli materiale che non lo vincolasse e gli lasciasse libertà di spaziare. E penso di averlo fatto bene, perché ha scelto quel beat quasi immediatamente.
B: hai convocato uno dei rapper italiani – a nostro avviso – più forti dell’ultimo lustro, Blo/B. Per “Pol Pot”, pura esibizione di barre, hai pensato anche al suo percorso in Make Rap Great Again o ti sei mosso in una direzione tutta tua?
GL: Blo/B è stato uno dei primissimi a cui ho pensato e che ho contattato, proprio perché mi piace tanto. Anche in questo caso parliamo del 2018 e sono abbastanza convinto che non fosse neppure uscito “MoMa”, quindi o il progetto MRGA non era ancora partito o si trovava agli albori. Chiaramente Blo era già in quel viaggio, ma nonostante tutto si è scelto quel beat che è la tipica Lamata e l’ha distrutto as usual. All’epoca, quello era uno dei miei beat preferiti e ti lascio immaginare l’orgoglio per essere stato scelto da uno dei miei artisti preferiti.
B: Bras e Creep Giuliano. Forse sono le partecipazioni che ci aspettavamo meno, in particolare quella del secondo, un po’ più giovane degli altri nomi coinvolti. Sei sempre alla ricerca di nuovi profili, magari non per forza coincidenti – per anagrafica e gusto – al tuo, coi quali avviare delle collaborazioni?
GL: e invece ti dico che tutti e due erano già sulla mia lista, quando ho iniziato a immaginare il progetto. Creep, come Blo, è stato uno dei primissimi che ho contattato, infatti i loro pezzi sono i più datati, ma converrai con me che sono invecchiati egregiamente… Quando ho scoperto Creep, confesso di non averlo capito subito, ma una volta entrato nel suo viaggio, ciao! Non mi perdo una sua uscita. Su Bras, che dire? E’ un fottuto monumento. Da quando l’ho ritrovato con “Zamparini” lo seguo assiduamente e spacca in tutto quello che fa, è anche un beatmaker stilosissimo. Non avevo mai avuto contatti con lui, quindi c’ho messo un po’ a decidermi perché ‘sta cosa di contattare gli sconosciuti mi rompe sempre il cazzo, ma è stata un’ottima scelta e ora abbiamo un bel rapporto di stima e rispetto reciproco. Per rispondere alla tua domanda finale, sì, assolutamente sì! Sono sempre alla ricerca di nuovi – almeno per me – talenti e ogni volta che ho un nuovo contatto sogno che mi sorprenda.
B: Dope One e Sandro Sù. Sono gli unici featuring che ti porti dietro da “Check my crane style/The Italian chamber”. Intesa collaudata, dunque?
GL: compà Dope One e Sandro Sù saranno su tutti i progetti su cui potrò metterli. Oltre a essere due rapper fortissimi, sono due persone speciali alle quali voglio veramente bene. Con Sandro siamo amici da una vita, la prima volta abbiamo collaborato tipo 18 anni fa, mentre Dope l’ho conosciuto proprio durante la lavorazione di “Check my crane style” e da allora ci siamo trovati sempre in sintonia.
B: “Educazione e rispetto” si chiude coi salentini Float A Flow, ideale punto d’incontro tra classicità e innovazione, tra intrattenimento e tecnica. E’ il segnale che un certo modo di interpretare l’Hip-Hop non morirà mai?
GL: i Float A Flow li ho scoperti grazie a GSQ, che conosco da tanti anni ed è membro e produttore – schifosamente forte, aggiungerei – del gruppo. Già avevo sentito altri loro lavori ma “Resuscita i morti”, l’ultimo spero solo in ordine cronologico, è un disco incredibile, una dimostrazione di stile e originalità ai limiti della strafottenza, che in un periodo storico dove tutti si somigliano è oro.
B: per l’edizione in vinile hai messo in grafica l’Akai S950 – peraltro come un disco di tanti anni fa che si chiamava proprio “Novecinquanta”… Parliamo allora delle produzioni, per le quali in sostanza utilizzi campionatore e vinili. Che tipo di suono volevi ottenere e quanto è stato importante affidare mix e master a Dj Shocca?
GL: premetto che l’intuizione della OBI orizzontale con il nine fifty è stata di M.Bod, che ha curato tutte le grafiche, nasce dalla sua idea che il mio modo di interfacciarmi con chi mi segue è proprio attraverso le macchine. Una cosa simile succede anche sul back della cover del vinile, ma quella la vedrà solo chi l’ha acquistato… Per tutte le mie produzioni ho utilizzato sia un Akai MPC2500 che un Akai S950 e campioni presi da vinile. Ho questo set-up oramai da tanti anni e lo amo, non riesco a farne a meno, ho provato a produrre al PC come ho provato altre macchine, anche fighe, ma non è la mia roba. Ci tengo però a precisare che secondo me non è assolutamente l’attrezzatura a fare la differenza, almeno nella produzione: mi è capitato di parlare con ragazzi più giovani che esordivano giustificandosi perché producevano col PC per i motivi più disparati, come se fosse una colpa, ma per me è una cosa normalissima – siamo nel 2022, cazzo! Se lo chiedi a me, ti dico che dopo aver capito come si costruisce un beat al PC per qualche tempo, prendere un MPC ti permetterà di evolverti trovando nuove strade e nuove tecniche, perché è proprio il limite della macchina a elevare le tue skill; ma lo dico con la consapevolezza che lì fuori ci siano migliaia di persone che fanno beat più potenti dei miei solo con il mouse. Per quel che riguarda il sound, avevo le idee chiarissime fin da principio, beat eterogenei ma estremamente riconoscibili come in tutti i miei lavori. Affidare mix e mastering a Dj Shocca, come dicevo, è sempre stato imprescindibile per me, in primis perché ammiro le sue capacità e amo il suo gusto, poi perché tra noi c’è sempre stata sintonia e sapevo che nessuno sarebbe stato in grado di valorizzare questo disco tanto quanto ha fatto lui.
B: in “Questo è il terzo occhio” campioni “Love Serenade” di Barry White, ma nell’insieme non è così semplice cogliere le fonti da cui hai attinto. Svelaci qualche dettaglio in più – ciò che si può! – sui sample del disco e sul modo in cui li hai lavorati.
GL: no no compà, io dei sample non ti dico proprio niente! Scherzi a parte, questa cosa dei campioni mi piace tenerla per me, perché non è una questione di genere ma più che altro di tecnica che uso per cercarli – comunque nel 90% dei casi parliamo di sample che vengono da dischi che non valgono niente, roba da pochi centesimi. Però con la tua domanda mi hai dato lo spunto per raccontarti una cosa interessante, visto che mi citi “Questo è il terzo occhio” e il sample di Barry White. Per me, i producer album più grandi della storia del Rap italiano sono due, “Novecinquanta” e “60 Hz”, il caso vuole che tutti e due contengano una traccia con quel sample – lascio al lettore il divertimento di andarseli a cercare… – ma usati in maniera piuttosto differente, così ho voluto omaggiare questi due capolavori con una mia versione sempre dello stesso campione e sempre con un taglio diverso. Il vero titolo della mia traccia sarebbe infatti “Questo è il terzo, occhio”, come per intendere che questo è il terzo producer album più potente della storia italiana. Sì, è spocchia, ma dove cazzo sta scritto che solo i rapper possano farlo? Comunque ho voluto camuffare il titolo per non essere troppo pacchiano…
B: hai un produttore di riferimento, il mito assoluto del quale hai studiato tutte le tecniche?
GL: uno in assoluto no, anche perché me la sono tolta ‘sta cosa di mitizzare le persone – perché appunto sono persone e le persone spesso fanno schifo… Però c’è da dire che il primo RZA, quello di “Enter” e “Forever”, mi ha influenzato più di chiunque altro ed è chiarissimo anche ascoltando le mie produzioni dei primi quattro/cinque anni. Proprio quando le persone, per complimentarsi con me, mi accostavano sempre più spesso alla sua figura, ho capito però che era il momento di cambiare direzione, uscire dalla mia comfort zone e creare un suono tutto mio. Mentre negli ultimi dieci anni il mio punto di riferimento è sempre stato Dj Shocca, come ho già dichiarato altrove, io non ho nessun interesse a fare i beat come lui, voglio fare dei beat che suscitino in chi li ascolta quello che i beat di Shocca suscitano in me. Lo tengo come riferimento perché, da quando il suo nome ha iniziato a girare perché la roba era figa, ha continuato a migliorare e lo sta facendo ancora, perché oltre a una tecnica indiscutibile ha costruito un sound iconico e poi perché ancora oggi quando incontra gli scappati di casa come me non si risparmia tra consigli, trucchetti e spiegazioni. Ecco, voglio rappresentare la stessa cosa. Dopo questa sviolinata, aggiungo che naturalmente negli anni i producer li ho studiati un po’ tutti, non per farne mie le tecniche, ma più che altro per capire cosa li avesse spinti a fare certe scelte, perché un determinato suono è stato messo in una certa posizione piuttosto che un’altra, roba così.
B: con la campagna support the artist del pre-order è disponibile un’anteprima del progetto Raw Steel MonStarz. Di cosa si tratta?
GL: Raw Steel MonStarz è un’altra delle follie partorite dalla mia mente. Tutto ha avuto inizio nel 2019 quando, dopo aver finito di vedere la serie sul Wu-Tang che stavano trasmettendo negli States (si riferisce a “Wu-Tang: An American Saga”, negli U.S.A. su Hulu e in Italia su Disney+ – ndBra), mi è salita questa scimmia violenta e irrefrenabile di voler fare una posse track grezza coi local, così ho iniziato a reclutarli. La mia scelta si è diretta su giovani che comunque già conoscevo per quanto riguarda lo stile e l’attitudine, ne avevo scelti otto che calzavano a pennello col mio disegno, ma una delle mie chiamate non ricevette risposta, così quando eravamo oramai al giro di boa mi vidi costretto a scrivere otto barre e registrarle, nonostante avessi appeso il microfono al chiodo da anni, per equilibrare il pezzo. Quando il tutto ha iniziato a prendere forma, mi sono reso conto che mancava ancora qualcosa, sia musicalmente che concettualmente: avevo dei bridge molto fighi, così ebbi l’idea di chiedere a C.U.B.A. Cabbal di fare un cameo per benedire la traccia. Una volta finito, tutti insieme abbiamo deciso di realizzare il video che ho ideato e diretto. Non ti nascondo che la lavorazione non è stata per niente semplice (come tutte le cose che coinvolgono molte persone), una volta uscito il video ho salutato i ragazzi e per me il discorso era finito lì ma, già dai primissimi giorni dalla pubblicazione, mi sono reso conto che avevamo fatto una magia, una canzone fatta a Pescara solo per i pescaresi aveva entusiasmato gente da tutta Italia portando il video, semi-amatoriale, a quasi 50mila visualizzazioni. Tanti ci hanno chiesto un seguito e a me sembrava impossibile ma alla fine è nata “Dune”, i componenti in parte sono cambiati per rispettare la natura fluida del progetto, l’attitudine no. L’abbiamo regalato in anteprima a chi ha preordinato il vinile, ma presto uscirà come un vero e proprio singolo.
B: rispetto alle tue ambizioni, all’idea che ne avevi prima di completarlo, “Educazione e rispetto” rispecchia gli obiettivi che ti eri prefissato? E c’è qualcosa che non sei riuscito a terminare e inserire nel disco?
GL: direi assolutamente di sì, anche per il tipo di risposta che ho ricevuto. Naturalmente si può sempre fare di meglio, ma col senno di poi è facile dirlo. L’unica cosa che cambierei è il tempo perso ad aspettare del materiale che poi non è mai arrivato.
B: nella geografia dell’Hip-Hop italiano, Abruzzo significa Lou X. Da esponente e osservatore della scena locale, credi che in qualche modo la sua eredità musicale sia stata preservata?
GL: solo in parte. Sicuramente nella forma e nell’attitudine, non nello spirito e nell’approccio. Parliamo di Lou X per convenzione, ma il discorso vale anche per gli altri componenti della Costa (il collettivo Costa Nostra – ndB) che hanno comunque avuto un grande impatto sulla vita di molti. Quando pensi a Lou X nel 2022, pensi a un rapper hardcore, un liricista incredibile e una sorta di mito, ma l’errore che si fa più spesso è non contestualizzare il tutto al periodo storico, di pensare al personaggio e non alla persona, perché oggi siamo abituati così. Lou X dice e racconta cose assolutamente fuori dagli schemi per quegli anni, non era figo farlo, era da pazzi; mentre oggi è la prassi, anzi quasi tendenza. Per essere oggi di rottura tanto quanto lo è stato lui all’epoca, dovresti – boh – fare Christian Rap al contrario sulla Polka, ma solo a patto che tu creda veramente in quello che stai dicendo… Per questo dico che lo spirito non è lo stesso, fare quello che ha fatto lui è l’esatto opposto di fare quello che ha fatto Lou X. Il Luigi con cui ho la fortuna di potermi confrontare anche nel 2022 è la stessa persona che ha scritto quelle cose e ha fatto quelle scelte, parlare con lui di ciò che sto facendo per me è una benedizione, perché col suo pensare fuori dagli schemi mi ha fatto mettere in discussione tante volte delle scelte che avevo preso o delle mie convinzioni radicate, non mi ha mai dato consigli, mi ha solo messo il dubbio. Un altro esempio è C.U.B.A. Cabbal, è stato e per fortuna è ancora un faro per tanti di noi, una grande fonte d’ispirazione, ma nella musica di Cabbal c’è una fortissima componente militante che fa parte anche della sua vita di tutti i giorni, quindi senza quest’aspetto non stai seguendo le orme di C.U.B.A., lo stai solo imitando.
B: domanda di rito. “Educazione e rispetto” è fuori in digitale da qualche settimana, che feedback ha ricevuto e credi di poterlo promuovere anche attraverso dei live?
GL: sono molto contento dei feedback che ha ricevuto, chi aspettava il disco mi pare sia rimasto estremamente soddisfatto e mi ha scritto tantissima gente che non mi conosceva, super presa bene per l’uscita di un prodotto del genere. Io sicuramente suonerò qualche volta, ma un vero e proprio live di “Educazione e rispetto” non è in programma, almeno per il momento. Capirai che è un’impresa importante che andrebbe supportata dai giusti numeri e in questo momento non mi pare ci siano i presupposti.
B: ringraziandoti per la disponibilità, spazio libero per raccontarci qualcosa che vorresti dire ma non ti abbiamo chiesto.
GL: uagliù, ma che vi posso raccontare ancora?! Posso aggiungere solo che Zona Brada è per la gente, zero king, solo cafoni. E non permettete mai a nessuno di tagliare lo start dei vostri suoni. Vi ringrazio per la considerazione e le domande molto fighe che mi avete fatto!
Bra
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