Intervista a Gionni Gioielli (20/05/2024)

Salvo eccezioni, prima di replicare un’intervista lasciamo trascorrere del tempo. Senonché Make Rap Great Again… Again, come annunciava Gionni Gioielli via social a fine marzo: il garofano ha ripreso a fiorire e “Be great F.C.”, pubblicato oggi e che stiamo ascoltando con insistenza da qualche giorno, è il primo passo di una fase che, come state per leggere (e sapete già che qui la schiettezza è di casa), non corrisponderà alla diretta prosecuzione degli schemi e dei meccanismi di quella precedente…

Bra: la prima domanda è abbastanza ovvia. Dopo una manciata di date live e il commiato di “The greaters”, la scorsa estate interrompevi ufficialmente l’esperienza Make Rap Great Again: cos’è successo, poi?
Gionni Gioielli: intanto, diciamo che non ne potevo più. Non sopportavo più nessuno e forse nessuno sopportava più me, dopo trenta dischi in cinque anni avevo proprio bisogno di staccare, anche perché quella che era partita come una roba fatta per divertimento, in amicizia, aveva visto subentrare tanta gente e lo stesso giro dei live si è rivelato molto impegnativo. Fare musica non è il mio lavoro, cerco di inserirla nella mia vita ma a volte genera molto stress, devi tenere tutto in ordine e sono arrivato a un punto in cui ho detto ok, ognuno faccia pure la sua roba secondo le proprie possibilità. Ovviamente tutti i contatti per fare le cose, stampare CD e vinili, dove fare le maglie e via dicendo sono a disposizione di chi ne ha bisogno – e infatti molti si sono fatti la loro realtà. Ero stanco, dovevo anche mettere a posto un po’ di cose mie personali, non avevo voglia di fare musica in quel momento e quindi mi sono preso una pausa: non ho mai detto che avrei smesso con la musica. Poi dopo qualche mese ho ricominciato a produrre, le cose hanno ripreso a muoversi e allora eccoci qua. Avevo anche pensato di non utilizzare più il nome MxRxGxA, dato che se prima facevo l’80% delle cose (oggi mi sento democratico…) ora sono proprio solo io, poi però ho cambiato idea.

B: “Be great F.C.” segna quindi il ritorno tuo o del collettivo? Presenze, assenze e aggiunte in scaletta fanno un po’ intuire da dove si ricominci; ma, interpreti a parte, in cosa questo nuovo corso sarà uguale al precedente e in cosa, invece, sarà diverso?
GG: il disco segna il ritorno dell’idea originaria di MxRxGxA, ovvero fare il Rap di nuovo grande. Sono io che produco per dei rapper che penso siano bravi, mi diverto a farlo, lo faccio a cuor leggero, con passione e senza star dietro alle paturnie di nessuno. Parliamo di un producer album, com’erano “Michele Alboreto” o “Pray for Italy” (anche se in quest’ultimo non ero l’unico beatmaker): decido tutto io, voi mi fate le strofe e metto assieme ogni cosa. E’ semplice, se ci pensi. Quando sento quei produttori che impiegano tre anni per tirare fuori delle ciofeche incredibili, mi chiedo spesso come cazzo facciano… Di uguale rimane il fatto che MxRxGxA è la nazionale del Rap italiano underground; questa cosa l’ha detta Toni Zeno: quella di MxRxGxA è la chiamata in nazionale! Di diverso c’è che non ci saranno più tutti gli appuntamenti intermedi, non sto lavorando a dischi con nessuno, non ho voglia di mettermi con qualcuno a preparare dieci pezzi e non so neppure se ho voglia di fare qualcosa da solista, un mio nuovo disco, anche per quello ho bisogno di tempo e per ora ho solo tutto in testa, ho il concept e dei beat troppo belli. Non ho ancora messo la penna sul foglio, fino a quando non è il momento giusto io non scrivo. Ho una montagna di produzioni, le migliori in assoluto che puoi trovare in Italia, devo decidere come usarle: potrei far uscire piccoli progetti, realizzare dei sequel delle cose che abbiamo già fatto, pubblicare un po’ di pezzi per volta e poi unire tutto… Sarà diverso e, come sempre, estremamente improvvisato, come lo era prima che MxRxGxA diventasse più codificata. Se domani sento un amico e ho voglia di farci due pezzi assieme, li faccio e magari escono. Non c’è voglia di programmare, ma è chiaro che con tutti quelli che sono sul disco potrei fare altre cose. Poi mi sono rotto le palle di Milano, mi voglio trasferire, devo cercare una casa… Vedremo, ho bisogno di maggiore spontaneità.

B: hai anzitutto bisogno di non dover gestire un gruppo di persone, insomma…
GG: guarda, una cosa di cui ho sofferto tantissimo è non aver fatto un disco mio al 100%, cioè sia Rap che beat, addirittura da “5 bambole…”. Ho fatto joint album, ho fatto dischi prodotti da altri, ho prodotto tanta roba, ma in qualche modo ho sempre dovuto adattarmi, cedere un pezzo di libertà; il mio stile è quello, senti che sono le mie strumentali a prescindere da chi ci rappa sopra, si tratti di Monte, Armani o Grano, sai che dico determinate cose, però il processo non è lo stesso. MxRxGxA la riconosci, si sente la differenza, ma è comunque la somma di diverse identità; io volevo recuperare la mia.

B: come dicevi, in cinque anni avete pubblicato poco meno di trenta progetti ufficiali, più qualche uscita collaterale e un bel po’ di merchandising; noi abbiamo fatto notare più volte che, piaccia o meno Make Rap Great Again, una roba così in Italia non l’ha mai fatta prima nessuno. Credi che la scena nel suo insieme ne abbia tratto un beneficio, un’indicazione, e soprattutto che questo merito vi sia stato riconosciuto?
GG: riconosciuto un cazzo. Ma credo neanche da gente che fa parte di MxRxGxA. Io l’ho fatto per me e ne sono felice, è nata così e ho creduto davvero in questa cosa di poter creare una rete che portasse a dei frutti, con dei giovani rapper che finalmente potessero provare entusiasmo per ciò che facevano, per sperimentare, per uscire da quei quattro argomenti da Rap puzzone e quella roba di rullante e campanaccio che ci siamo portati dietro per troppo tempo. In Italia, l’underground era o una roba da sfigati o da intellettuali che fanno le loro cose ma non rappresentano quello che tempo prima realtà come i Club Dogo, il TruceKlan, la stessa Micromala, in Puglia la South Fam e via dicendo avevano cominciato a proporre. Penso che dovrebbero ringraziarmi tutti, perché se ora possono vendere le magliette del loro merch a 30,00 € è anche merito mio: quando l’ho fatto, tutti mi dicevano non ce la farai mai… Te la ricordi la t-shirt del Rap italiano? Era nera, con la serigrafia di merda che andava via al terzo lavaggio; io l’ho fatta bianca o colorata, più di qualità, coi ricami e che ti dura. Mi piacerebbe aver fatto delle cose ancora migliori e anzi non escludo che le farò, questa roba del brand mi appassiona, voglio dare alla gente qualcosa di bello. Intanto, ti anticipo che col disco abbiamo fatto delle magliette da calcio Legea, le annunciamo domani e sono pazzesche, sono incredibili! Incredibili! (ride, molto soddisfatto – ndBra)

B: tra di voi, invece, come avete fatto a trovare un metodo di lavoro comune, che funzionasse a prescindere dagli interpreti?
GG: allora, ti faccio una premessa. Dei nostri dischi, i due che mi convincono meno sono “B movie” ed “Economia & commercio 2”: non perché siano di bassa qualità, ma perché li abbiamo realizzati con più produttori, togliendo all’ascolto quella continuità che avremmo voluto conservare. Te lo dico per farti capire che nelle cose che abbiamo fatto, anche se non sembra, c’è sempre stata comunque tanta autocritica, infatti poi ho deciso che non avremmo più seguito quella linea e abbiamo continuato ad avere un producer per album. Considera poi che, di dieci beat, in media almeno tre venivano remixati in fase di master, proprio per trovare la pasta giusta che legasse tutto. Ognuno sceglieva tra i venti/trenta beat che gli mandavo quelli più adatti e che soddisfacevano ovviamente anche il mio gusto, ma in fase di mix qualcosa poteva sempre cambiare: quando comincio a realizzare un progetto con qualcuno, ho già le idee abbastanza chiare sul suono che deve avere, sulle caratteristiche che voglio spingere, però è un lavoro che finisce in studio. Per dire, con Elia l’ultimo pezzo che abbiamo concluso è stato l’intro (si riferisce a “Converse Chuck Taylor” in “10.5” – ndB), perché a disco terminato mancava una roba dove lui entrasse dritto con del Rap; con Toni (ovvero “Luchino Visconti” – ndB) è stato un delirio, c’è voluto un anno e mezzo o poco meno perché mi mandava tanti provini, quindi ho prodotto spesso sulle a-cappella o addirittura sui type beat che aveva usato per registrare. Perciò non è stato semplice, ma abbiamo comunque trovato di volta in volta un nostro modo. Aggiungo che Toni, Rollz e Armani per me sono il presente e il futuro del Rap italiano, sono un livello sopra la loro generazione.

B: a proposito di meriti, io ve ne riconosco uno molto preciso. Avevo smesso di acquistare Rap italiano, se non quando a uscire erano i soliti mostri sacri – quindi Kaos, Colle der Fomento… Voi mi avete convinto a comprare a scatola chiusa i dischi di rapper che neppure conoscevo benissimo, vedi Toni Zeno o Gentle T, peraltro in un’epoca nella quale si tende oramai ad ascoltare musica in digitale; questo piccolo successo, la nascita di un seguito decisamente affezionato, a cosa è dovuto?
GG: noi siamo stati accusati di aver fatto quello che faceva Griselda, in realtà il salto l’abbiamo compiuto con questa cosa del pre-order prima dei CD e poi dei vinili – e ringrazierò a vita Cuns e Domenico per la nostra bellissima collaborazione, perché erano le persone giuste con cui fare questa cosa. “MoMa” era uscito per Aldebaran, io dovevo uscire per Tannen ma l’hanno tenuto fermo per mesi e allora mi sono rotto il cazzo; la sera in cui doveva uscire “Pornostar” ero con Noyz e Cuns, ne ho parlato un po’ con lui, abbiamo deciso di fare il drop che poi è andato molto bene e a quel punto mi fa ma gli altri dischi che avete fuori…? Loro sono persone fantastiche, è partita questa cosa e sicuramente ha fatto la differenza. Va detto anche che noi abbiamo sempre curato tutto, non c’è mai piaciuta la filosofia dello spendere poco per avere poco, abbiamo fatto delle edizioni che gli altri non facevano. Anche il punto fermo di aver vietato di mettere le facce in copertina ci ha spinto a trovare sempre un’idea figa, una bella grafica, creando qualcosa, delle associazioni… E’ stato fondamentale.

B: rimanendo sul tema, anche con Giulio, sul sito dello Speculatore, avete avviato un meccanismo di per sé molto semplice ma parecchio efficace per la distribuzione delle copie fisiche; è una formula che continuerà?
GG: eh, quando l’ho fatto da solo non ci stavo dietro e ho fatto dei casini, per fortuna ho chiesto aiuto a Giulio e anche questa cosa ha preso una sua direzione. Chiaro che continueremo. Io stesso sono un collezionista, di vinili più che CD, e so quanto sia bello avere un supporto realizzato come si deve; a volte compri questi dischi con un foglietto e i titoli… Ti do dei soldi? Dammi una roba che mi faccia capire che c’è un lavoro dietro, della passione, dell’originalità. Abbiamo fatto anche i tape e di nuovo ci dicevano non venderete un cazzo, invece è andato giù il sito. Avevamo già Blo/B, che è un professionista vero, ma abbiamo deciso di variare e coinvolgere persone che magari dessero anche una lettura diversa alle grafiche. Non ci siamo mai ripetuti.

B: ti faccio vedere tre dischi che in qualche modo credo abbiano segnato il percorso di MxRxGxA – ovviamente ne potrei pescare altri per ragioni differenti, ma poi facciamo notte… “MoMa”, con Blo/B: dopo un featuring in “Young Bettino story”, che a sua volta doveva essere un capitolo a sé stante e conclusivo, è in effetti da quest’intesa che nasce tutto il resto?
GG: Blobbi è un fratello, oltre che uno dei miei rapper preferiti. L’intesa nasce in maniera del tutto naturale: avevo dei beat e li ho dati a lui, poi a Lil Pin – altro rapper underrated in maniera imbarazzante, è geniale; poi, proprio per evitare di fare la combriccola di noi vecchiacci, abbiamo provato a fare un contest e beccato uno come Armani, lui ci ha fatto sentire Rollz e così via… Da lì abbiamo cominciato a spingere anche i giovani per bilanciare tutto, era giusto e non volevamo essere solo noi quattro a raccontarci la storia di quanto eravamo bravi. Quello lì, per me, è un disco incredibile, tanti dicono che dentro ci sono le mie produzioni migliori e io magari non sono d’accordo, ma rimane una roba pazzesca, che esprime spontaneamente il senso di MxRxGxA. Lavorare con Blobbi mi ha fatto capire tante cose.

B: “5 bambole per la luna d’agosto”. Questo disco, realizzato – come hai detto spesso – di getto, è tra i più amati della serie, sebbene per suoni e liriche sia anche quello meno accessibile se non si riesce a entrare in un certo mood. Ti aspettavi una risposta di questo tipo?
GG: è il mio disco preferito! Avevo un paio di pezzi pronti, poi mi ci sono messo a lavorare e l’ho chiuso a fine luglio, pubblicandolo a inizio agosto. E’ stato tutto folle. Chi è che fa uscire un disco il 5 agosto? E’ stupido! Ha prevalso questo bisogno, l’urgenza di farlo uscire, di farlo sentire, è un disco bellissimo ed ero sicuro sarebbe piaciuto. Dal mio punto di vista, sono riuscito a trovare quella leggerezza che avevamo smesso di provare, era estate e si veniva fuori dal primo lockdown, ci voleva qualcosa per star bene. Non è tutto prodotto da me, ma musicalmente lo adoro e, assieme a “Young Bettino…”, credo di aver segnato un punto difficile da eguagliare.

B: allora potresti non essere d’accordo con me… Gli assoluti non mi piacciono, ma “#FREECRAXI” (con Tosses) potrebbe avere le carte in regola per essere il tuo miglior disco, quello nel quale hai deciso di svelare un tuo lato meno esposto. Sbaglio?
GG: io penso di aver avuto sempre dei contenuti, a seconda di cosa si intenda nel Rap con questa parola. Quello che ho messo in quel disco posso averlo messo random, a dosi più piccole, in tutti gli altri, poi sta all’ascoltatore cogliere, intendere. La differenza è che in “#FREECRAXI” ho deciso di essere più esplicito, diretto, ci stavamo lasciando alle spalle la pandemia, scoppiava la guerra in Ucraina e mi sono sentito molto toccato da tutti questi discorsi sulla libertà, ma non volendo sembrare il ribelle sedicenne che non sa neppure cosa sia la società. Volevo dare esattamente questo messaggio: sei parte di una collettività? Prenditi le responsabilità che comporta esserlo, accetta le regole del gioco e proponi le tue idee senza immaturità, se hai quarant’anni come me. E’ questa la libertà. Poi forse ho diluito un po’ le cose con troppi featuring e, non avendo gestito la produzione di persona (ma Tosses ha fatto un lavoro eccezionale, ho un grandissimo rispetto per lui), mi è mancato quel controllo che ho potuto avere in “Young Bettino…” e “5 bambole…”.

B: c’è un progetto di MxRxGxA che sembra sia stato iniziato ma mai terminato. Mi riferisco ai singoli a tema basket, la cosiddetta AllStar Season: era in previsione un disco o si trattava appunto di una serie di brani senza un contenitore vero e proprio?
GG: no, doveva uscire così. Avevano tutti già le basi e ho voluto provare questa cosa di pubblicare i brani mentre arrivavano, spezzettando l’uscita. E’ nato tutto con le due posse iniziali (“AllStar game 85” e “AllStar game 73” – ndB), poi c’era quello di Davide Bates (“Sixth man of the year 96” – ndB) fermo da un po’ e ho deciso di farlo uscire, così in seguito gli altri; ma se la gente avesse mandato le sue strofe ne avrei pubblicati anche di più, io non ho voglia di star dietro a tutti, faccio se fai tu ma non ti prego. Quindi è finita lì. Anche per “…Alboreto” aspettavo diverse cose, non arrivavano, ho scritto le barre che mancavano, ho registrato e ho chiuso il disco al volo. Non esiste che aspetto un featuring all’infinito e neppure me la prendo a male: faremo più avanti, succede anche a me che non ho voglia di scrivere e non faccio in tempo a mandare una strofa.

B: prima hai fatto riferimento ai contest. E’ un’opzione che prenderesti di nuovo in considerazione?
GG: be’, nel primo che abbiamo fatto c’era un sacco di gente brava, Armani aveva mandato un pezzo pazzesco che in pratica è diventato “Montecarlo”. Nel secondo ancora qualcosa, poi giustamente quelli più forti hanno scelto di non misurarsi di nuovo con una cosa del genere, di non rischiare o di tentare altre strade. Nel terzo ho esagerato, ho dato dei beat difficili, veloci, old school, perché volevo trovare qualcuno che riuscisse ad affrontare la sfida, col risultato che non ce l’ha fatta nessuno. O magari qualcuno è bravo ma ha semplicemente sbagliato il pezzo, ci sta. Se ci fossero le condizioni, è una cosa che rifarei pure.

B: hai detto che in programma, dopo “Be great F.C.”, non c’è ancora nulla di definito. Quindi l’unico appuntamento in calendario è il release party al Dirty di Milano?
GG: sì, questo mercoledì. Abbiamo cominciato a fare questa cosa forse con “#FREECRAXI”, non ricordo bene, al RAL con le cuffie, sono venute fuori serate molto belle e ora continuiamo, magari anche con altre formule e con l’aiuto del Purista. Si riparte da lì. Il disco è fantastico, io sono felice e spero di dare un’altra scossetta al Rap italiano, che secondo me è tornato subito nella sua sonnolenza… Tu che ne pensi?

La trascrizione termina qui, perché gli ultimi venti minuti di chiacchiere sono stati appunto di confronto sulla scena, sui rapper, sulle cose che sono uscite o stanno uscendo. Opinioni che ci teniamo per noi, perché nulla (o quasi) hanno a che vedere col tema dell’intervista: Make Rap Great Again è di nuovo in attività e “Be great F.C.” dà un’idea sulle novità che potrebbero attenderci – o forse no. Certo è che, oltre a essere great, qualsiasi cosa ne verrà fuori avrà quale obiettivo quello di risultare leggendaria!

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