Intervista a Kaos e Moddi @ Power Village – Battipaglia (SA) (09-07-2004)
Bra: Radical Stuff, due dischi solisti, Melma & Merda, Neo Ex… Hai fatto parte dell’Hip-Hop italiano lungo buona parte del suo cammino, oggi come lo vedi?
Kaos: mah…non lo vedo proprio.
B: in che senso?
K: non lo vedo perché non me ne occupo più, nel senso che, italiano o americano, mi capita di sentire i pezzi e ben venga, poi qualche serata con dei bei dischi…ma non lo vivo più, non vado nei club, non vado ai concerti, non compro più i dischi… Perché, a parte poca roba, non m’interessa proprio più, ma soprattutto a livello americano.
B: ti riferisci solo alla scena musicale o al fenomeno Hip-Hop in generale?
K: no, chiariamoci, non è che non m’interessi niente. Io potrei benissimo essere tacciato di nostalgia, però non mi riconosco più con questo fenomeno, mi son fermato e sto bene lì dove sono. Non riconosco più lo spirito che ha mosso tanta gente, me compreso, e che ora non c’è più. Cioè, se adesso l’Hip-Hop o, tra virgolette, il Rap, deve essere un mezzo per far soldi ed esclusivamente quello, cosa che vale per il 90/95% dei gruppi Hip-Hop, allora a me non sta bene.
B: ma in Italia è già diverso, visto che con l’Hip-Hop i soldi non li fai…
K: non li fai perché non te li fanno fare. C’hanno provato però a portarlo a ‘sti livelli: io mi ricordo, con tutto il rispetto per questi artisti che ora la maggior parte non fa più niente, di tempi in cui c’era chi diceva ah, aprirò la mia succursale a New York e il conto in Svizzera… Io me li ricordo ‘sti pezzi, c’ho diviso il palco con ‘sta gente ma ‘sta gente il conto in Svizzera non ce l’ha, non ha aperto nessuna succursale e se n’è andata a fare qualcos’altro. Evidentemente i tempi non erano maturi, tra un po’ magari lo saranno, anche se vedo un notevole sforzo da parte di molti media a non farsi sottrarre la propria pagnotta, data poi da tutt’altri generi: il Pop, la musica leggera… Cioè, sono proprio aggrappati con gli artigli, qui siamo ancora con Morandi, i Pooh e via dicendo, non c’è spazio, non te lo danno. C’è gente che ce l’ha fatta a conquistarsi il proprio spazio, vedi Neffa… Però per esigenze proprio di mercato si è costretti a cambiare: qualcuno arriva e ti dice guarda, questa è una cosa che funziona, però bisogna cercare di essere più larghi possibili…
B: quindi l’Hip-Hop è condannato?
K: non so, forse sono io che non mi sono evoluto in questa maniera. Non è che dico che sono il purista perfetto e gli altri sono dei cazzoni. Evidentemente anche da parte mia non mi sono mai interessato. Però per me funziona così, la trovo una roba abbastanza povera, anche perché poi mi sembra proprio una presa per il culo, nel senso che sì, spingiamo ‘sti ragazzini belli giovani per due anni, e poi? Vai con altri ragazzini belli giovani e gli altri affanculo perché comunque non hanno fondamenta, sono dei castelli di sabbia. Preconfezionati come al Mc Donald’s, trovi tutto già in fila: fai questo, finito fai quest’altro e segui quello…
B: quindi se tu vieni qua a farti la tua serata è perché rimani legato ancora a qualcosa o altro?
K: ma se io vengo qua è perché mi hanno chiamato. E se mi hanno chiamato evidentemente a qualcuno interessa ‘sta roba. Io non sto, al contrario magari di molta altra gente, senza nulla togliere, attaccato al telefono tutto il giorno a fare pubbliche relazioni. Nel mio telefono ci sono dieci numeri e son già tanti… Io vengo chiamato dal mio dj perché è lui che si occupa di tutto l’aspetto organizzativo, visto che non sono molto bravo a relazionarmi. Lo chiamano per avere il concerto di Kaos e se la gente chiama per Kaos non credo si aspetti il tipo con dietro la scrittona figa e il cappellino girato al contrario, per dirti… Si aspettano di vedere uno show di una certa entità, è quello che so fare e se ti sta bene, sta bene anche a me, sennò amici come prima.
B: perciò continuerai comunque ad andare avanti?
K: finché ce la faccio… Non è facile, a parte il periodo è il rimanere attaccato a delle ancore che non ti permettono di giocartela più di tanto, questo faccio e questo so fare. Non è che posso costringere qualcuno, o mi seguono loro o comunque la mia roba è questa. Non ti dico che la farei anche a casa mia perché comunque non avrebbe senso, se la faccio la faccio per farla sentire, però non posso costringere nessuno a sentire la mia roba.
B: sta di fatto che c’è tanta gente che ancora la segue, basta ascoltare i commenti dei ragazzi là fuori. Cosa devono aspettarsi da Kaos? Tu e Moddi girate assieme da un bel po’…
K: noi portiamo in giro uno show abbastanza tirato e siamo assieme sul palco da tempo. Poi un po’ ci completiamo, perché lui fa ‘ste robe qua molto improvvisate, mentre io faccio i miei pezzi, quelli insomma che già conosci.
B: nel senso che ti limiti a riproporre quello che già hai scritto e registrato?
K: sì, niente roba nuova… Lui invece no, non scrive un cazzo, anche se io vorrei ma non riesco a convincerlo. Fa solo freestyle e ti dico proprio da testimone oculare che anche tutte le robe registrate che ha fatto in pratica è tutto improvvisato.
B: quindi di tuo non stai preparando nessun lavoro?
Moddi: no. Un po’ perché non sono capace, davvero…a me piacciono le feste, i concerti…in realtà non sono proprio capace di scrivere una roba complessa. Improvvisare sicuramente mi piace, è la cosa che ho sempre fatto e che mi dà soddisfazione, mi diverte. E poi comunque non mi sento capace di pensare e di realizzare un disco, a parte che proprio non sono convinto dei dischi. C’è chi scrive un sacco di belle cose, robe davvero serie che però poi rimangono ferme lì ed è un peccato, perché uno magari sta tanto tempo dietro una cosa, è portato, ed è triste che non abbia uno sbocco. Allora io preferisco continuare a fare quello che mi viene bene.
B: in rete invece ogni tanto si sente parlare di un disco nuovo di Kaos, c’è qualcosa di vero?
K: guarda, la rete va bene per i pesci… Proprio non ci siamo, è una cosa che non sopporto, la chatteria… Io ti dico che sono stato uno dei primi a vedere la nascita del chattismo e ‘ste varie robe.
B: infatti, ricordo una sorta di Tamagochi di Kaos…
K: sì, il Tabagigi… Internet a me piace come potenzialità, però…cazzo ne so? E’ come avere la Ferrari e girarci sotto casa nel cortile, è questo l’uso che se ne fa. La gente sta lì a farsi i cazzi degli altri, a dire, a parlare, a non fare un cazzo di più. Pensa alle robe che potresti fare con tutto il tempo che stai al computer, invece preferiscono parlare delle cose altrui senza farsi le proprie. Mi sembra un po’ facile, è pieno di gente che approfitta del fatto che non si possono vedere in faccia e non sanno come cazzo ti chiami né chi sei, per poi permettersi di fare il gradasso di cosa? Stai digitando un cazzo di niente sul niente…
B: però è anche un po’ tuo questo modo di rapportarti a determinate realtà. Ricordo ad esempio l’intervista su AL a Melma & Merda cui non hai partecipato.
K: è vero, sì, ma lì era una questione proprio con AL, che trovavo mal gestito, con politiche classiche italiane e nepotismi vari, l’amico dell’amico che ti recensisce il disco. A me non me ne frega un cazzo di voi, dei vostri pompini sotto la doccia…non fa per me, per cui preferisco proprio non esserci.
B: non farne parte perché non ti riguarda, insomma?
K: guarda, il fatto è che io sono fondamentalmente frustrato, perché nel mio mi sbatto senza fare il martire ad ogni costo, però quantomeno a livello mentale faccio nel culo, io ci strippo la testa per mettere quelle cazzo di due parole in rima esattamente come il Funk lo vuole. Non esiste la perfezione, però cazzo, è un premio quando riesci a fare quella roba lì e stai un mese per mettere due parole, non un pezzo, solo due parole e stai lì un mese perché lo sai che c’è da qualche parte quel particolare incastro, quella cazzata che sai dovrebbe essere proprio così.
FuSo: è un discorso di pura soddisfazione personale.
K: esatto, è una soddisfazione mia, poi se uno campa di soddisfazioni personali, campa bene. Solo che ovviamente non essere riconosciuto, apprezzato…
B: be’, il pubblico che c’è qui ti apprezza!
K: ma non so dire nemmeno perché una persona dovrebbe, dico in generale, apprezzare un pezzo di qualsiasi rapper italiano, che poi secondo me in media ha molto più spessore di quelli americani nei testi. Però i numeri parlano da soli. Perché cazzo bisogna passare mille volte al giorno un 50 Cent che non dice un cazzo, ma non dice veramente un cazzo di niente, e non cagare magari gente che invece ha qualcosa da dire? Ecco, prendi un qualsiasi pezzo di Simone (si riferisce al Danno – ndBra): minchia, possono davvero farti pensare, a parte le costruzioni che sono impressionanti, ma poi hanno qualcosa. Magari proprio non si vuole far pensare, questa è una mia ipotesi, però fa parte del gioco. Qua stiamo nel paese della musica leggera e mi sta anche bene, quello che invece mal sopporto è un tentativo un po’ ridicolo che è invece all’interno della scena…
B: in che senso?
K: con tutte le buone intenzioni, io ultimamente vedo, o per ignoranza o per quello che vuoi tu, che c’è un tentativo di ridare un taglio in maniera forzata a certa scena, per potersi accreditare poi magari l’inizio di una nuova era molto più povera. Si tenta di seguire l’America, c’è un sacco di gente che vuol fare il 50 Cent, però a ‘sta gente noi gli stiamo un po’ sul cazzo, perché non può venire sul palco a fare il 50 Cent con noi. Magari io non gli dico un cazzo perché tu puoi fare quel che cazzo vuoi, però la gente lo vede: se sale un finto 50 Cent con la tuta tirata sul polpaccio, il cappello e la canotta di rete, non è credibile. Nel momento stesso in cui non c’è più nessuna critica a quest’atteggiamento, viene fuori proprio a fungo ‘sta gente assurda…
B: in pratica, nel tempo non sei solo tu ad aver cambiato idea nei riguardi della scena, ma è anche tutto il resto a essere cambiato?
K: ma certo, è anche normale. Però, anche se è assurdo, l’atteggiamento all’interno della scena secondo me è più fastidioso di quello che viene dall’esterno. Cioè, il fatto che le radio debbano essere all’avanguardia coi suoni, proporre certe robe così, lo trovo normale, è già una battaglia persa in partenza. E’ una cancrena solidificata a strati e strati e oramai, almeno dal mio punto di vista, non ci si può fare niente, perché per andare in serie A o ti metti giù a novanta o non c’è un cazzo da fare. E questo è poco ma sicuro.
B: e una volta entrato devi anche adattarti a ciò che ti viene richiesto.
K: assolutamente.
M: ma magari ci riesci, prima o poi ci entri…
K: infatti, forse non è difficilissimo entrare in serie A, il problema è che devi sapere bene qual è la situazione, poi se lo sai ti adatti e puoi anche vivertela bene.
M: secondo me uno dei problemi, per come siamo messi qua, è che c’è un livello solo con cui ti puoi rapportare, dove puoi stare un po’ più comodo rispetto a dove stai, ossia nel fango…oppure stai sul divano, così, a scaldarlo. Invece in America non è così, ci sono un sacco di strade, probabilmente perché è giusto che sia così, è una cosa loro e solo loro sanno come cazzo hanno fatto, noi non ci siamo riusciti e non ce la faremo mai, probabilmente.
K: ma lì è anche una questione di bacino d’utenza. Per dire, un gruppo come gli Onyx, che magari per i loro canoni vende la miseria, farà quelle quattro o cinquecentomila copie, da noi cifre così le fa la Pausini, che è un big. Lì sono altri i numeri, uno underground se la vede bene, poi magari di suo non è abbastanza, perché senti interviste a quello e quell’altro che dicono il disco è andato male, ha venduto solo duecentomila copie… Un’altra storia, insomma.
M: altri numeri, ma neanche in proporzione esiste questa cosa qua, in Italia… Come non c’è secondo me un vero ricambio generazionale. Io dal comprare i dischi suoi mo’ ci faccio i concerti assieme. E mi capita col Danno, mi capita con Lugi, mi può capitare con Turi con cui magari siamo già un po’ più coetanei, però sono sempre quelli lì.
B: il ricambio dovrà esserci, però, altrimenti tra dieci anni chi ci sarà?
M: ma non so, comunque metti che dieci anni fa era uguale a mo’… Tra altri dieci ci sarà sicuramente qualcuno di noi.
K: ma no, io non penso. Tra dieci anni sicuramente no… Forse tu, io no, figurati…
M: qualcuno ci sarà di sicuro.
K: ma vedi che il Rap è una roba che non capisco? Credo sia legato al fatto che deve essere tutto molto fresh, è una cosa che si ricicla molto in fretta per cui i termini, lo stesso slang, cambiano in continuazione e molto velocemente. Se tu, tipo, sei un artista americano e hai venduto, la prima cosa che fai è andare fuori dal quartiere, ti allontani dalla tua situazione e perdi credibilità perché non sei più legato a quello che hai fatto prima e che è linfa vitale per i nuovi gerghi, per le nuove cose… In un certo modo è la vita, è così che va. Tipo io non credo ci sia un rapper di 35 anni in vetta alle classifiche.
B: in America ci vanno anche a 40…
K: no, non ce ne sono…chi è un over 35 di successo?
B: allora tu perché continui? Perché non mettersi a cantare per dire quello che vuoi?
K: perché non son capace… Minchia, ma se fossi musicista io farei il Funk, mica il Rap? Cantare secondo me è più bello che fare il Rap, non è che uno si mette a fare il Rap perché è più bello. Però secondo me tra cento cantanti che mi dici, ce ne saranno tre che sono veri, gli altri è gente così.
Danno: vogliamo fare una prova?
K: sì dai, dimmene cento!
B: no, dimmene tu tre.
K: di adesso?
B: no.
K: allora Curtis Mayfield, Marvin Gaye, Minnie Riperton…per me quelli lì son cantanti.
B: però lo vedi che rimani legato alla musica nera?
K: no, non è vero, ci sono anche cantanti bianchi potenti.
B: vai con l’esempio, allora…
K: vediamo…
M: Joe Cocker.
K: no, Joe Cocker no…
D: Lucio Dalla ai tempi suoi (Kaos fa una faccia strana – ndB)…
K: gli arrangiatori erano più bravi di lui… Aspetta… (pensa, poi non risponde – ndB)
Bra
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