Intervista a Kavemura (18/02/2014)
Milano/Hong Kong…
Blema: ciao Kave, su RapManiacZ la cosa più recente che ti riguarda è “28”, del 2009. Cos’è successo in questi cinque anni?
Kavemura: è successo un po’ di tutto, non ultimo il mio trasferimento in Asia (Shanghai, Hong Kong…). In realtà, ho pubblicato qualche beat tape nel frattempo, ma è materiale passato abbastanza in sordina.
B: hai pensato di mollare, hai cambiato generi musicali, semplicemente non avevi tempo per tornare a produrre…?
K: più che altro, essendomi trasferito così lontano, ho abbandonato il mio equipment in Italia e di conseguenza un certo metodo di produrre a questo legato. Diciamo che mi sono preso del tempo per studiare nuovi metodi compositivi e raccogliere nuovi stimoli. Solo quando ho nuovamente sentito la necessità, mi sono rimesso a produrre con l’idea di pubblicare qualcosa.
B: un tema che secondo me riguarda te e quindi “Every dog has its day” è la solitudine. Mi sbaglio? Non ci sono featuring, alcuni titoli rimandano al tema del viaggio (“Seagulls”, “1000 goodbyes”, “New Life”…) e la musica contenuta nell’album riporta l’ascoltatore a un viaggio interiore, è bello ascoltarlo anche da soli. La solitudine ti aiuta nel creare musica? Oppure hai un team asiatico di persone/producer fisicamente presenti con cui lavori o con cui hai un confronto?
K: credo tu abbia centrato la mia dimensione musicale. Ho un approccio molto personale, nel senso che la musica mi ha dato negli anni la possibilità di scrivere un diario interiore fatto di sensazioni ed emozioni. Un diario che, se riascolto a distanza di anni, mi riporta a certi avvenimenti o contesti che avevo intorno nel periodo in cui ho composto un certo beat. La solitudine è anche una parte importante della mia vita personale, viaggio spesso per lavoro e trascorro un sacco di tempo in stanze di alberghi, ho necessariamente imparato ad apprezzare la solitudine e stare bene con me stesso, pur non rifuggendo la vita sociale, che alla fine è ciò che mi dà veramente gli spunti per produrre. Se parliamo del momento in cui fisicamente mi metto a produrre, in genere sono da solo nel mio appartamento o con qualcuno che mi bivacca per casa…
B: e in che modo viaggiare in diverse parti del mondo ha influenzato la tua musica? Da un produttore occidentale che si sposta in Cina, uno si aspetterebbe una cosa tipo “Beat Konducta In India”!
K: (ride, ndBlema) …infatti aspettatela a breve, visto che ho collezionato un tot di vinili di musica cantonese degli anni ’70 e ’80, roba da culto, colonne sonore di film Kung Fu e via dicendo. No, scherzi a parte, le influenze sono molteplici e credo di aver avuto bisogno di alcuni anni affinché la mia mente assimilasse appieno il cambiamento di contesto. Per il resto, sono sempre affascinato dalla World Music e cerco di fondere alcuni elementi per cosi dire esotici con metodi compositivi propri dell’Elettronica di stampo europeo.
B: è difficile attribuire un genere musicale alla tua musica. Tu come la definiresti?
K: davvero difficile definirla, anche perché mi piace l’idea di poter sempre essere libero di sperimentare qualcosa di nuovo. Recentemente, mi è venuto fuori questo termine, Deep Hop, che credo renda bene. Mi appassionano le atmosfere Ambient e, per cosi dire, profonde, amo una certa Deep House, allo stesso tempo anche se faccio Elettronica ho le mie radici nell’Hip-Hop. Oggi uso molti meno sample, ma tendo ancora a trattare linee melodiche di synth come fossero dei sample. Sui generi emersi negli ultimi tempi non sono molto ferrato, ho visto alcune volte definire il mio sound Chillstep, ma ad essere sincero non mi preoccupa poi tanto inquadrarmi in un genere.
B: domanda di rito. Artisti a cui ti ispiri?
K: scelgo di non ascoltare molta musica nuova per evitare di esserne influenzato e mantenere una certa originalità. Ci sono alcuni artisti che tuttavia mi piacciono molto come Shlohmo e Daedalus e con i quali avverto una certa affinità artistica. Per il resto, Dj Krush per me è stato la fonte principale d’ispirazione per molti anni, assieme a certo sound Anticon, in special modo i lavori dei cLOUDDEAD.
B: dicevamo che sei un collezionista di LP. Campioni da mp3 o solo da vinile?
K: quando ho smesso di avere un giradischi accanto al letto, ho smesso anche di usare campioni. Detto ciò, a volte mi capita di trovare qualche frammento vocale da mp3 o CD. Non è tanto un discorso di voler restare duri e puri, ma secondo me è anche una questione di sound. Ciò che mi affascina dell’utilizzo del sample è anche il fruscio del vinile che si porta dietro, quel calore inconfondibile che mi ha fatto spendere gran parte dei miei soldi da ragazzino. Vedo il diggin’ un po’ come l’arte del collage, un’arte preziosa che tuttavia può essere arricchita anche dall’utilizzo di nuove tecnologie, perché no.
B: hai un modo di scrivere e di esprimerti, come ad esempio nell’intervista su DLSO, che è molto poetico. Una volta cantavi, pure bene, perché adesso no?
K: grazie del complimento, troppo buona! La verità è che ho smesso di fare Rap più o meno da quando mi sono trasferito all’estero. Ho smesso di vivere circondato da persone che parlassero quella lingua e ho sentito l’italiano come inadeguato a esprimere certe mie emozioni del momento. Tuttavia, l’italiano è l’unica lingua con la quale ho totale dimestichezza e devo dirti che nei periodi che trascorro in Italia scrivo sempre qualcosa, ma poi difficilmente trovo il tempo per registrarlo. Produrre mi appassiona decisamente di più ed essendo la musica più universale della parola, sento di poter toccare più persone.
B: quanto sei soddisfatto nel complesso di “Every dog has its day”? Cosa senti di aver dato al pubblico?
K: sento di aver condiviso con chi ascolta un mio viaggio interiore ed esteriore, il risultato di mesi di sensazioni accumulate – e già questo è un risultato che mi soddisfa pienamente, perché nel disco ci vedo riflesso senza distorsioni un determinato periodo della mia vita. L’ho messo in musica e ora esiste concretamente. Mi fa piacere aver finalmente collaudato un nuovo metodo compositivo che sicuramente ha apportato grossi miglioramenti rispetto al passato, quando ricercavo il suono lo-fi senza compromessi, e sono molto soddisfatto del lavoro fatto da Jolly Mare in fase di master e da Johnny Ryall che ha realizzato la copertina interpretando al meglio il concetto di “Every dog has its day”.
B: ti lascio un po’ di spazio per salutare/ringraziare/dire quello che vuoi.
K: ringrazio Dio per la musica e per tutte le fortune che mi ha regalato e dedico il mio album al genio incommensurabile di Guru, che ci ha regalato alcune delle rime più belle e dense di significato della storia – <<so like they say, every dog has its day/and like they say, God works in a mysterious way>>.
Blema
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