Intervista a Populous (Gennaio 2006)
Bra: “Queue for love”, la tua seconda uscita, ha incontrato pareri decisamente positivi, tanto più che in rete sono molti i siti a essersi occupati di te, su MTV poi abbiamo visto sia il video di “My winter vacation” che un’esauriente intervista in grado di presentarti al grande pubblico; questo è solo l’inizio?
Populous: sì, io che mi rendo ridicolo pubblicamente è solo l’inizio… (ride – ndBra)
B: a che età hai maturato la tua passione per la musica e come nasce Populous?
P: la passione per la musica è una cosa che ho praticamente da sempre. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia dove, invece del solito cantante italiano, si ascoltava altro: Beatles, Pink Floyd, Tangerine Dream, ecc…
B: a prescindere dal talento, allora, per diventare musicisti, quanto reputi importante l’appoggio delle persone che ti stanno attorno?
P: tantissimo, per l’appunto. I primi scossoni potenti sono stati “Bleach” dei Nirvana e “Sister” dei Sonic Youth, che mio cugino mi fece ascoltare con orgoglio, dicendomi fanculo MC Hammer e senti questi!
B: sappiamo che hai eletto il bagno di casa tua quale vero e proprio laboratorio musicale, ma scendendo nel dettaglio come si è svolta la lavorazione di “QFL” e quanto tempo ha richiesto?
P: c’ho messo cinque o sei mesi, non ricordo. Naturalmente c’erano sempre delle lunghe pause. Per cui non saprei dirti quanto tempo effettivo. La lavorazione è stata grossomodo questa: subito dopo “Quipo”, mi sono messo a lavorare su dei brani, ognuno con un mood diverso. Li ho lasciati maturare nel mio hard-disk e, dopo qualche mese, riascoltandoli, ho individuato il mood da sviluppare per un intero album.
B: ti sei ispirato a qualche artista in particolare, o hai seguito solo le tue idee?
P: certo, io sono facilmente influenzabile da molte (forse anche troppe) cose. Ritmicamente direi Madlib, anche se naturalmente siamo anni luce lontani dal suo genio. Lui è troppo originale. Ha tutti quei ritmi sghembi su cui monta quei sample che sembrano non girare mai bene e invece ti fottono il cervello. Maledetto! Mentre l’altro nome cardine è stato quello dei Broadcast, la band inglese che incide su Warp. Probabilmente, più per i pezzi in cui canta Matilde che sul resto del disco.
B: se invece dovessi scegliere i tre nomi che più di tutti hanno segnato la tua crescita musicale, chi diresti?
P: Sonic Youth, Autechre, A Tribe Called Quest.
B: ascoltando il disco, appare evidente che per te l’Hip-Hop non sia il solo ingrediente da cui attingere. Quanto credi sia importante per chi crea musica con software e campionatori rivolgere la propria attenzione alla musica nel suo insieme, piuttosto che focalizzarsi su un solo genere?
P: dispiace dirlo, ma quella dei b-boy che ascoltano solo Rap è una roba prettamente italiana. Basta leggere le interviste sulle riviste straniere per capire che gente come Neptunes, Timbaland, RZA e Kanye West è influenzata e ispirata da una quantità di cose spaventosa. Non solo di ascendenza black. E cito solo i più famosi… Prendi un producer: come potrà mai essere originale e fresh se campiona solo da altri dischi Hip-Hop, o al limite Funk? Bella scoperta, l’avranno già fatto miliardi di altre persone.
B: trovi quindi che un problema dell’Hip-Hop italiano sia proprio quello di essersi rinchiuso (un po’ per necessità, un po’ per scelta) in una nicchia estremamente underground?
P: c’è stato un periodo della mia vita in cui credevo sul serio nell’Hip-Hop italiano. Ma ti parlo di otto/nove anni fa. C’era qualcosa nell’aria…non so cosa, di preciso, ma c’era. Adesso, non c’è un cazzo. Ovvio, ci sono delle eccezioni, ma guarda caso riguardano gente che ha deciso di cambiare e andare avanti, indietro o lateralmente.
B: continuando su questo discorso, come ti rapporti alla scena italiana? Da 1 a 10, quanto la segui?
P: se possibile, cerco di essere aggiornato su tutto. Ovvio che non ci riesco sempre. La scena musicale italiana in senso generale direi che la seguo abbastanza, facciamo 8. Se invece ti riferisci solo alla scena Hip-Hop, oramai la seguo 6.
B: e, seppure a tuo modo, senti di farne parte?
P: no. E non m’interesserebbe farne parte. Non vorrei sembrare snob, ma a me tutte le scene sembrano una stronzata.
B: passando all’Hip-Hop americano ed europeo, invece, cosa preferisci ascoltare? In generale, cosa c’è attualmente nel tuo lettore CD?
P: uhmmm…che domanda. Potrei risponderti per una pagina e mezzo. Ma preferirei darti solo qualche nome, quelli che mi sembrano più rimarcabili. Allora, sul versante New Soul senza dubbio Dwele e Steve Spacek. Poi Foreign Exchange, Danger Doom e qualsiasi altra merda di MF Doom!
B: torniamo a “Queue…”. Il fatto che in Italia, salvo determinate realtà, si produca tutt’ora pochissima musica di matrice Elettronica, non ti fa sentire la mosca bianca del caso?
P: dai, no. Non dirmi così, io non voglio assolutamente essere la mosca bianca! Fa così Elton John… No, comunque penso ci sia molta altra gente valida. Spero sia solo l’inizio di una nuova golden age italiana. Dico, che cazzo, 30/35 anni fa in Italia c’era gente che rompeva i culi. Letteralmente.
B: personalmente, sono convinto che la differenza culturale tra Italia e resto del mondo non sia l’unico ostacolo a progetti come il tuo, bisogna aggiungere infatti la totale incapacità che caratterizza un po’ tutte le etichette più in vista, che non hanno colto le possibilità di alcune sonorità in costante espansione, specie nel centro Europa. Al riguardo, tu cosa pensi? Il tuo legame con una label tedesca è casuale o si fonda su precise esigenze?
P: quando spedii il primo demo alla Morr Music, confesso di non aver fatto tutti questi ragionamenti, che poi ho finito per fare comunque a distanza di anni… Però sì, è vero. Le major non sanno più dove andare a sbattere e le piccole label arrancano. C’è grossa crisi e ti confesso di non avere le idee molto chiare al riguardo. Le scelte artistiche (sbagliate) che poi loro attuano sono solo una conseguenza.
B: oltre che in Italia, dov’è stato distribuito “QFL” e come è stato accolto?
P: distribuito in tutto il mondo, dove ha avuto molti feedback positivi, anche da parte di altri artisti (una delle cose che poi fa sempre più piacere). Certo, non sono così stronzo da dirti il falso e ti confesso che in Francia un magazine ha scambiato il mio disco per merda Chillout! Ok dire merda, ne hai tutto il diritto, ma Chillout no!
B: è estremamente difficile riuscire a rintracciare le tue origini geografiche a partire dal disco. Che valore dai alla globalizzazione (in senso buono!) della musica?
P: è segno di civiltà, che secondo me si manifesta anche con l’essere aperti a tutte le culture, musicali e non. Essere scettici, dubbiosi, impauriti e ghettizzati, è una cosa che mi dà il voltastomaco.
B: su MTV hai detto che prima o poi vorresti trasferirti a Berlino; al di là delle ragioni personali, la tua musica ne rimarrebbe coinvolta?
P: mah, guarda che a MTV non ho detto una sola cosa vera… Però sì, mi piace pensare che una città stupenda come Berlino potrebbe influenzare positivamente anche la mia musica, ecco.
B: se ho ben capito, la lavorazione dei tuoi primi due dischi può definirsi in grossa parte artigianale, casalinga se preferisci. Hai intenzione di proseguire su questa strada o prevedi cambiamenti di un certo livello?
P: definire casalingo il mio modo di lavorare è fargli un grosso complimento. Mi piace definirlo come il concetto di essenziale portato all’estremo. Ma è naturale che non lo dica con fierezza. Purtroppo, le possibilità e i mezzi sono quel che sono. Ma è chiaro che il futuro è sinonimo di miglioramento. Non vedo proprio come potrebbe essere il contrario.
B: ti consideri aperto a qualsiasi sperimentazione?
P: sempre!
B: allora, se avessi piena liberta di scegliere qualcuno con cui collaborare, chi vorresti a tutti i costi su un tuo disco?
P: uuuuhh, che domanda tosta! Mi prendo del tempo per rispondere… Allora, senza dubbio MF Doom e Declaime/Dudley Perkins come rapper, Dwele ai cori maschili e Tiombe Lockhart a quelli femminili. Poi, visto che ‘sto giochetto diabolico l’abbiamo cominciato, continuo dicendoti che inoltre vorrei avere proprio una band e un team di produttori al seguito, che potrebbero essere: ?uestlove dei Roots alla batteria, Squarepusher al basso, Tim Gane degli Stereolab alla chitarra e i Boards Of Canada ai synth. Il tutto prodotto da Nigel Godrich (Radiohead, Beck) e Kevin Shields dei My Bloody Valentine e mixato da Chad Hugo dei Neptunes. Ah, aggiungici anche un paio di J Dilla/Madlib remix, che non guastano mai.
B: tra il video di “My winter vacation” e il tuo sito ho notato un gusto estetico molto particolare, memore del Collage e della Pop Art anni ’60/’70. Hai curato personalmente questi aspetti?
P: mi sarebbe piaciuto! Il video è stato fatto da un mio amico di Napoli, Rosso aka The Red Is Love. Mentre i disegni del sito da un altro mio amico dedito alla street art che di alias fa R3kal. Il fatto che poi entrambi rimandino a certe cose dei tempi andati non è un caso, ma più semplicemente quello che mi piace.
B: oltre alla musica, che oramai forse consideri un lavoro, coltivi altre passioni?
P: be’, lavoro è una parola grossa… La vita è troia! Ed è per questo che contemporaneamente frequento Beni Musicali all’Università di Lecce. Sai com’è… Altre passioni? Tante, ma non ho mai abbastanza tempo. Certo, per un film o una sit-com cool alla fine lo trovo sempre…
B: a me capita di ricevere demo da recensire per il sito e spesso, ma non sempre ovviamente, mi accorgo che i ragazzi fanno musica più per scelta, per consacrare la loro appartenenza all’Hip-Hop, che per esigenze personali, per comunicare realmente qualcosa. Tu cosa cerchi di comunicare con i tuoi dischi?
P: non lo so… Forse hai fatto questa domanda alla persona sbagliata. Premesso che la mia musica è all’80% strumentale, è difficile poter pensare di comunicare qualcosa con dei beat e quattro loop. Ovviamente mi riferisco a messaggi di tipo universale. Se poi la cosa vale anche per sentimenti intimisti e spleen, il discorso cambia.
B: e produrre musica essenzialmente strumentale, che libertà ti lascia? Cosa cambierebbe se Populous fosse un gruppo composto da beatmaker e rapper?
P: cambierebbe che affronterei risse (e relativi pugni e cazzotti da negroni alti due metri) e discussioni a non finire.
B: hai sempre concepito la tua musica come qualcosa di strettamente personale o ti è capitato di costruire beat in funzione di qualcun’altro?
P: sì, m’è successo facendo dei remix o dei beat per una crew belga che sta per venir fuori il prossimo mese con delle produzioni a cura di Alias, Styrofoam e Giardini Di Mirò tra gli altri. Si chiamano Zucchini Drive e sono dei matti totali.
B: l’Italia è da sempre terreno fertile per compositori cinematografici di altissima qualità, hai mai ipotizzato la tua musica in funzione dell’immagine o è un mondo che non t’interessa? E quali sono i tuoi gusti cinematografici?
P: oooohh, cinema e musica (e più in generale immagini e musica) sono la mia passione. Forse perché tutto nasce dal fatto che rimango sempre incantato da qualcosa che finirà per influenzare il mio stato d’animo, ispirandomi musicalmente. Sai che proprio ieri notte vedevo un film italiano che m’è piaciuto molto (il che è stranissimo), “Le conseguenze dell’amore” di Paolo Sorrentino? Aveva anche una colonna sonora niente male, con alcuni compagni di scuderia Morr Music tra l’altro. Ok, sto divagando… Dicevo che lavorare per dei registi m’interesserebbe molto. Direi moltissimo. Anche a costo di rimanere deluso dall’ambiente e dalle persone. Sai com’è, lì girano un sacco di soldi e di conseguenza ci sono anche molte regole da rispettare e io di solito non sono uno che va d’accordo con regole e stronzate del genere. Non so se mi spiego. Ho lavorato una volta per una compagnia teatrale e la cosa è stata alquanto deludente, sotto tutti i punti di vista. Prendevo l’elemosina per lavorare con gente con cui non ero assolutamente in sintonia. Bella merda! Sto divagando ancora… I miei registi preferiti sono Wes Anderson (che si avvale del fidato Mark Mothersbaugh, ex dei Devo, per le sue colonne sonore) e Paul Thomas Anderson (che si avvale invece di quel fottuto super genio di Jon Brion, che per intenderci è talmente al top da aver prodotto anche l’ultimo di Kanye West…e a che cazzo serviva poi…boh?!). Sono due grandi registi, che fanno grandissimi film, curati nel minimo dettaglio, ost incluse.
B: che sensazione provi ogni volta che termini un pezzo e lo riascolti in studio?
P: preferirei non rendere partecipe nessuno dei miei folli atteggiamenti casalinghi. Potrei risultare disturbante. Dico solo che a me non suona mai bene niente (e in effetti sono convinto sia così).
B: immagina di essere sulla spiaggia più sputtanata delle riviera adriatica, dai finestrini abbassati delle auto si sente una tua canzone, nei bar lo stesso, sotto gli ombrelloni anche, in discoteca ne passano un remix di Giorgio Prezioso e Studio Aperto ovviamente ha scelto te come sottofondo all’ultima inchiesta sulle vacanze dei VIP; nel frattempo, chi ti ha sempre seguito dice che hai perso tutta la tua credibilità. A parte la felicità dovuta al mare di soldi che ti entra in casa, che effetto ti farebbe?
P: ma magari fosse vero! Voglio dire, stiamo solo fantasticando, no? Perché se Studio Aperto scegliesse un mio pezzo come sottofondo, vuol dire che nel mondo ci sarebbe qualcosa di sbagliato (o di giusto?). Insomma, se io continuo a fare le mie cose senza pensare a tutte ‘ste stronzate e poi finisce che qualcuno comunque userà commercialmente quei lavori (vedi Motorola con Dabrye o LG con Autechre), nessun problema di coscienza. Voglio dire, sarei sempre io, no? Ma se un giorno cominciassi a produrre per quegli ambienti, be’…abbattetemi! Avete la mia autorizzazione.
B: prima di congedarti, potresti dirci a cosa stai lavorando in questo periodo?
P: ho appena terminato un disco di Ambient/Folk a nome Echoes Of The Whales. E’ un progetto a cui ho lavorato in tandem con Pierpaolo Leo, un folle sperimentatore salentino. Mentre ora ho appena cominciato la fase di scrittura di un altro progetto a due, questa volta con Matilde di Studiodavoli. Parola d’ordine: Pop sfigurato. In futuro invece: finire un disco con Gopher a nome Different Heel Combo e un altro di brevi strumentali grasse e grezze.
B: bene così, grazie infinitamente per la disponibilità e in bocca al lupo per tutti i tuoi progetti!
P: peace!
Bra
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