Jay Electronica – A Written Testimony
Il termine improbabile forse nemmeno basta a rendere giustizia al periodo storico attraverso il quale stiamo camminando. Se all’inizio dell’anno qualcuno mi avesse detto che di lì a breve ci saremmo trovati soffocati da una pandemia e costretti a rinchiuderci in casa, probabilmente gli avrei riso in faccia; risate che sarebbero state ancora più fragorose di fronte alla previsione di poter finalmente ascoltare un album di Jay Electronica. Oltre un decennio dopo “Exhibit C”. Svelare a suo tempo in anticipo una carta del genere dal mazzo – a posteriori possiamo azzardare l’ipotesi – ha logorato in modo irreversibile la gestazione di quel “Act II: Patents Of Nobility” che oggi sopravvive in parte in qualche hard disk e per il resto sulla mensola dei nostri pensieri, tra “Detox” e il doppio di Nas e Preemo.
Finiscono così nel cestino le varie “Dear Moleskine”, “The Ghost Of Christopher Wallace” e “Road To Perdition” che abbiamo già conosciuto. E, senza grandi sorprese, “A Written Testimony” riparte quasi da zero e su premesse completamente differenti. All’epoca di MySpace, la preistoria dello streaming, Jay Electronica era il misterioso nuovo che avanzava; oggi è l’essenza di uno spirito atavico, quasi una profezia in attesa di compiersi, che ambisce ad acquisire una forma corporea per lasciare il proprio segno, evitando così di restare confinato in quella dimensione telematica che nulla dimentica ma al contempo nulla ricorda.
Jay Elec si reincarna accantonando i servigi dell’artiere che ricavò quel meraviglioso origami dalle note di “Cross My Heart” di Billy Stewart e mettendosi spesso in prima persona alle macchine. Meno marcata, paradossalmente, è invece la sua preponderanza sul pulpito che – nonostante la firma in calce al disco – viene a più riprese condiviso col suo mentore. L’imponente presenza di Jay-Z, celata agli occhi, si manifesta in modo quasi ubiquo sui gradini della scaletta. Ciò non intralcia il piacere dell’ascolto, ci mancherebbe, ma ha un peso specifico notevole se consideriamo che stiamo parlando del debutto (a lungo rinviato) di un artista. E questo spiega perché lassù in alto ci siano due voti (*), così diversi tra loro.
Iniziamo però a orientare il punto di vista dall’interno della cornice. “A Written Testimony” vale la lunga attesa. Be’, forse non un’attesa decennale; ma la quarantina di minuti che viene portata in dote al cospetto dei nostri canali uditivi è di fattura cristallina, nei colori e nelle parole che li legano. <<Rise, young Gods, all paths lead to Lazarus/the dry bones that lifted up from the valley dust/the prayers of the slaves are the wings that carry us/a field full of dreams is where they tried to bury us>> recita la chiusura di “Fruits Of The Spirit”, lasciandoci viva nella gola la fame per una seconda strofa mentre gli echi luminosi tracciati da No I.D. si assopiscono in sottofondo. Fa un certo effetto. Come lo fa, sentire i due Jay alternarsi in “Ghost Of Soulja Slim” su un beat che pare eseguito da un losco compositore con le dita di metallo. <<From the era of Police stretcher, no cameras catch it/drop you off in a rival hood, you rather be arrested/if you didn’t have no straps, you couldn’t wear your necklace/niggas’ hand around your throat, that’s a choker reference>>. Capito il buon Jigga? Quando chiude così una quartina, è come se offrisse a tutti un giro di Macallan M.
C’è un’intesa evidente tra mentore e pupillo. Senza lezioni dall’alto né tentati putsch lirici: l’equilibrio spontaneo a guardarsi reciprocamente le spalle. Era chiaro al primo ascolto di “Shiny Suit Theory” – presente anche qui, ma rilasciata inizialmente nel 2010, dopo la firma con Roc Nation – e lo è oggi di fronte alle due facce di “The Blinding”, col suo Rap vergato in geroglifici. “A Written Testimony” non avrà il potere di ridisegnare l’assetto geopolitico dell’Hip-Hop come avrebbe potuto fare quella che doveva essere la sua prima incarnazione, tuttavia rimane un denominatore importante del tempo di cui è figlio.
Certo, resta infine quell’unico nodo da sciogliere. “A Written Testimony” è un bel disco? Sicuramente sì. E’ un buon debutto per Jay Electronica (o forse dovremmo chiamarlo Jay-E)? Nì, perché di fatto metà del disco è opera di qualcun altro. Ma, se questo dettaglio non vi dà particolare noia, potete tranquillamente considerare solo il primo voto e scartare il secondo. In fondo, se l’ombra di Jigga non disturba lui, perché dovrebbe infastidire noi?
Tracklist
Jay Electronica – A Written Testimony (Roc Nation 2020)
- The Overwhelming Event
- Ghost Of Soulja Slim
- The Blinding [Feat. Travis Scott]
- The Neverending Story
- Shiny Suit Theory [Feat. The-Dream]
- Universal Soldier
- Flux Capacitor
- Fruits Of The Spirit
- Ezekiel’s Wheel [Feat. The-Dream]
- A.P.I.D.T.A.
Beatz
- Jay Electronica: 1, 2, 5, 6, 7, 9
- AraabMuzik, G. Ry, Hit-Boy and Swizz Beatz: 3
- The Alchemist: 4
- No I.D.: 8
- Khruangbin: 10
li9uidsnake
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