Jonwayne – Rap Album Two

Voto: 4

Una volta ottenuto il successo, il passo successivo – nonché più delicato – è quello di comprendere bene come gestirlo mentre cambiano le dinamiche che gravitano attorno all’artista stesso. Fino a questo momento, di successo Jonwayne ne ha senza dubbio accumulato, protagonista com’è stato sin da giovanissimo della famosa L.A. Beat Scene e già autore di un copioso elenco di lavori senz’ancora aver compiuto il ventisettesimo anno di età, tuttavia la coesistenza con la raggiunta fama non si è rivelata facile, portando in grembo conseguenze che non sempre sono state affrontate con disinvoltura, creando i presupposti per una vera e propria crisi esistenziale spesso soffocata nell’alcool.

“Rap Album Two” non è quindi altro che il risultato del vortice di pensieri ed emozioni raccolti da Jon a seguito del periodo più critico della sua vita, un momento in cui la notorietà lo ha messo seriamente alla prova, costringendolo a fuggire dalla pressione fruendo di dipendenze in grado di generare concatenamenti negativi che lo hanno fatto cadere rumorosamente, fino a toccare il fondo. Da qui il temporaneo abbandono delle scene, la ricostruzione della propria esistenza attraverso la ricerca di nuovi significati e la genesi di un disco che raccoglie dentro ogni suo solco sprazzi di sofferenza, di rabbia, di solitudine, che individua senza esitazione nell’amore viscerale per la musica lo strumento ideale per la rinascita personale, tornando finalmente verso un respiro a pieni polmoni, ad una razionalizzazione logica degli eventi, ad una ripartenza in direzione di un futuro migliore.

L’album è segnato da insicurezza e senso di colpa. Il vocione profondo dell’mc recita ogni barra con calma e precisione, la struttura metrica predilige rime interne messe assieme in maniera molto musicale ed armoniosa, l’espressività sta alla base di ogni singolo pezzo e serve a trasmettere la corretta sensazione del messaggio contenuto, mettendo assieme un concept tanto solido quanto terapeutico. Il sostentamento sonoro è tutto ciò di diverso che si possa immaginare provenire da un esponente della west coast, la strumentazione utilizzata quale fonte per i sample poggia su larghe vedute che strizzano l’occhio tanto al Jazz quanto all’Elettronica e la struttura dei pezzi è piacevolmente poco prevedibile, permettendo l’inserimento di parti suonate a completamento di alcuni brani, caricandoli di significati ricollegabili ai testi. Raramente l’attore principale lascia la produzione a mani esterne e quando lo fa si prende cura del fatto che le modalità di estrazione dei suoni e i relativi umori siano perfettamente conformi a quanto da lui proposto.

Le scelte compositive conferiscono al lavoro un aspetto molto poetico. E’ questa, difatti, la natura di passaggi interessanti come “Paper”, la quale rappresenta il modo di prendere le distanze dal materialismo della celebrità esplorando ciò che davvero importa nel far musica, pensieri che resteranno per sempre arte avvalendosi di un sottofondo malinconico creato dal giro di piano di tanto in tanto inframmezzato da un loop di basso, e dagli inserti di uno Shango bravo nell’offrire al pezzo una vocalità completamente differente rispetto a quella del protagonista. L’eccellente “Out Of Sight” scandisce invece il passare del tempo come fosse un melodico ma inesorabile ticchettio di un orologio (la musicalità dei suoni si fonde con strani fruscii) e trasmette il senso d’urgenza provato nel dover rimediare ai propri errori (<<and on the way I know I gave away some friends/and every day I wish that we could speak again/but every time I wanna make it right I freeze up and the visions of the shadows of my demons who went out of sight>>), decisiva risulta poi essere l’interpretazione espressiva, colma di costernazione.

“Afraid Of Us” è una vera e propria lettera di scuse rivolta a tutte le persone più care e affronta il tema della revisione delle proprie priorità, l’atmosfera è molto intima ed emozionale, sottolineata da campanelli e da una piccola melodia mormorata, ancora una volta la struttura risulta una delle carte vincenti grazie al ruolo di Zeroh, il quale interpreta la parte dell’amico attorno al quale il protagonista ha fatto terra bruciata attorno realizzando gli ammonimenti preannunciati. Le conseguenze dell’intraprendere una carriera artistica passano sotto esame in “City Lights”, la quale ne analizza pesi e vizi celando nel suo doppiofondo il sempre incondizionato amore per la musica (<<torn apart by anxiety and ripples of ill/see I’m seeing it still/and I struggle with the deep-end/drowning in my thoughts but my body’s still breathing/’cause my nephew’s still teething and I’d like to see him frequent>>), proponendo una delle produzioni meno prevedibili mai sentite da Babu, che organizza un loop altamente melodico combinando tocchi di piano e flauto prima di lasciare la scena ai piccoli cenni di chitarra che accompagnano il brano alla conclusione.

“These Words Are Everything” è altresì parecchio significativa nel suo parlare delle aspirazioni di Jonwayne, la scrittura del brano si dimostra intelligente nel proporre il concetto utilizzando vari momenti della vita allacciando così il passato all’ambizione della realizzazione del sogno artistico coltivato, il presente al rischio di rovinare tutto, il futuro al riconoscimento del proprio talento e della propria integrità (<<married to the game, but it’s complicated/I know just how it works, if I was smart I’d get hella cake/like if I throw a hook upon this beat it’d get hella plays/if I just said yes to all these fools I’d get hella paid>>), svolgendo il testo in un’ambientazione dal mood fortemente Jazz, sostenuta da xylofono e arpeggi. E’ una nuova consapevolezza di sé, che permette di trarre forti insegnamenti da ferite autoinflitte come quelle di “Blue Green”, dove le metafore sono sostituite dalla crudezza di una realtà costretta ad espiare il proprio inferno personale (<<I just cancelled my tour/I just woke up in bed/I had last nights dinner on the sheets/I had a burning in my throat I couldn’t swallow/I had shuffled to the mirror and saw death over my head/If I was sleeping on my back I would’ve died>>) prima che l’angusto piano muti in una chitarra acustica denotando il cambio di prospettive, liberando l’arpeggio finale e facendolo volteggiare in un ambiente solare, che dà l’inizio a qualcosa di nuovo (<<I awaken to a new day/I create who I’m becoming>>).

Il concept del disco è così forte che persino gl’intermezzi possiedono un elemento significativo. Il siparietto proposto in “LIVE From The Fuck You” appare semplice e divertente ma rivela modestia e riluttanza (<<I don’t really look like a rapper but yeah I do/…/yeah, I make Rap music, yeah…it’s not that great but it’s, it’s cool>>), mentre “The Single” permette di carpire una piccola metafora, ovvero il dubbio nel voler continuare a comporre un determinato tipo di Hip-Hop, attraverso la simbolica difficoltà provata nel non riuscire a terminare la registrazione di un pezzo e dalla natura del testo (un brag Rap), il che non rappresenta solo la frustrazione generata da una concentrazione ondivaga, ma pure il volersi orientare verso qualcosa di maggiormente profondo.

Un disco denso di lezioni di vita, di maturità acquisita a caro costo, di ponderate riflessioni, di emozioni accompagnate da una selezione di suoni in grado di sorprendere a ciascun ascolto. Un acquisto caldamente consigliato.

Tracklist

Jonwayne – Rap Album Two (Authors Recording 2017)

  1. TED Talk
  2. LIVE From The Fuck You
  3. Human Condition
  4. Out Of Sight
  5. The Single
  6. Paper [Feat. Shango]
  7. City Lights
  8. Rainbow [Feat. Danny Watts]
  9. Afraid Of Us [Feat. Zeroh]
  10. Blue Green [Feat. Low Leaf]
  11. Hills [Feat. Zeroh]
  12. These Words Are Everything

Beatz

Eets: 1
Jonwayne: 2, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11
Oliver The 2nd: 3
Dj Babu: 7
Dibiase: 12

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