JPEGMAFIA and Danny Brown – Scaring The Hoes
Quante volte ce lo siamo detti, tra noi e noi come anche su queste pagine (e, sempre, con quella punta di inevitabile amarezza che, più che sulla lingua, si avverte nel petto), che il cosiddetto underground, di fatto, non esista più? Fisicamente, proprio. Quel sottosuolo, geograficamente immaginario, che si distanziava dalle strade più battute del Rap perché sceglieva di vestire suoni e argomenti che erano considerati socialmente inaccettabili alla luce del sole. Era prima che internet diventasse grande e – come in fondo ha fatto con tutto il resto – calpestasse l’intero paesaggio attorno a sé. Tutto uguale e ugualmente accessibile a tutti. O quasi, perché ci sono alcune cose che non puoi proprio schiacciare al suolo e appiattire. Due di queste rispondono ai nomi di Danny Brown e JPEGMAFIA; figuriamoci quindi cosa può accadere se vengono rinchiusi all’interno dello stesso studio.
“Scaring The Hoes”, per l’appunto, che più letterale di così non si può. Ma la spieghiamo velocemente lo stesso, casomai qualcuno sia stato poco attento durante le lezioni di slang. E lo facciamo citando quel breviario urbano che è un po’ la Treccani del settore, che recita quanto segue: è una frase utilizzata a fini descrittivi quando qualcuno mette su musica poco accattivante o, per farla ancora più breve, poco mainstream. Fine del ripasso. Ora, quando c’è da spaventare le troie, sia Danny Brown che JPEGMAFIA hanno know-how da PhD. Il primo lo fa sfoderando un timbro vocale da personaggio malefico di un cartone animato – con il naso impolverato alla Tony Montana – e una poetica sconcia che ai tempi d’oro di MTV avrebbe trasformato ogni suo video musicale in tre minuti di immagini accompagnate da un lunghissimo *beep*. Il secondo, invece, ha un approccio a trecentosessanta gradi, ovvero fa genere a sé.
Per capirci, la titletrack è più efficace di una quarta di copertina: <<stop scarin’ the hoes/play that shit’ll have them touch their toes/we don’t wanna hear that weird shit no more/what the fuck is that? Give me back my aux cord>>. Nel mentre, Peggy mette in sequenza un crescendo innescato da un isterico battito di mani, ben presto sovrastato dall’amplesso di archi striduli e batterie che trasudano steroidi. Il primo vero biglietto da visita, però, con reazioni alla Patrick Bateman, te lo schiaffano sotto il naso con “Garbage Pale Kids”. Quando parte non ha un minimo di senso: prima le vocine filtrate da un vecchio spot pubblicitario; poi il beat, che emerge come se al posto del sequencer ci fossero delle stoviglie sporche; infine l’entrata in materia dei due padroni di casa, che fanno sembrare tutto semplice. Per portare al massimo i coefficienti manca solo l’intermezzo schitarrato che fa tremare le pareti. Anzi no, hanno infilato pure quello. Diciamo pure che negli eccessi cacofonici i due dimostrano di trovare sempre un prezioso alleato. Chi altri potrebbe mai rappare su una roba come “Steppa Pig” senza scivolare rovinosamente sullo spartito? Probabilmente solo un redivivo Ol’ Dirty Bastard.
Il ceffone, tuttavia, si manifesta al contrario. Quando, oramai assuefatti dall’iconoclastia sonora di Peggy, ci si ritrova a tu per tu con un proverbiale wtf? servito in cuffia nella forma di “Orange Juice Jones”, la più improbabile delle escursioni nei paesaggi dell’R’n’B. Avete presente “Brown Sugar” di D’Angelo, no? Ecco, non c’entra nulla. Altre droghe, altro romanticismo. Ascoltare l’attacco di Danny per credere (<<betta get out your feelings ‘fore a nigga be pullin over hot slugs/ride that thing like a rodeo/off that Casamigos, got her taco drippin’ on the floor>>). Le sconcissime performance a luci rosse dei due protagonisti e gli eccessi di stupefacenti, a questo punto lo avrete capito, sono ovunque. Ma variopinte al punto da non stufare mai. Per non parlare della messa in scena. Possono essere esplicite (di cosa parlerà mai la sincopatissima “Fentanyl Tester”?) o celate all’ombra di una preghiera, con tanto di cori (<<that pussy on my face, I’ma talk in tongues/legs in the air, scream hallelujah/make her squirt that holy water/drinkin’ on wine but no communion/only my dick she is consumin’/on her knees, sayin’ oh my God/pull the camera out, let’s make a movie/that pussy wet like Noah’s Ark>> – così inizia “God Loves You”).
D’altronde stiamo pur sempre parlando di Danny Brown e JPEGMAFIA. Non è roba per tutti. E se l’idea di premere play vi spaventa… Be’, il titolo parla da sé.
Tracklist
JPEGMAFIA and Danny Brown – Scaring The Hoes (AWAL Records 2023)
- Lean Beef Patty
- Steppa Pig
- Scaring The Hoes
- Garbage Pale Kids
- Fentanyl Tester
- Burfict!
- Shut Yo Bitch Ass Up/Muddy Waters
- Orange Juice Jones
- Kingdom Hearts Key [Feat. Redveil]
- God Loves You
- Run The Jewels
- Jack Harlow Combo Meal
- HOE (Heaven On Earth)
- Where Ya Get Ya Coke From?
Beatz
All tracks produced by JPEGMAFIA
li9uidsnake
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