Jus Allah – MMA
E’ un piccolo paradosso. Voler tracciare a mano libera la parabola di una carriera come quella di Jus Allah, scandita nel suo delinearsi dalle assenze piuttosto che dalle presenze, non è un’impresa agevole. Dai promettenti fasti di “Violent By Design”, quando in veste di perfetto doppelgänger di Vinnie Paz impressionava gli ascoltatori sulle ritmiche di brani quali “Retaliation” e “Death March”, è passata molta acqua sotto i ponti. Ponti che lo stesso Jus Allah, tanto distruttivo negli intenti quanto autodistruttivo di fronte allo specchio, non ha esitato a dare alle fiamme più e più volte, culminando nel 2013 con la seconda espulsione dai ranghi del trust faraonico di Philadelphia. Un passo falso che ha inevitabilmente compromesso la lunga, e complessa, gestazione di “MMA” (inizialmente annunciato nel lontano 2009). La diaspora ha infatti privato Jus della pronosticata intelaiatura siglata da C-Lance, già chiamato a mantenere in vita il fuoco dei JMT durante la latitanza di Stoupe, forzandolo a ricercare altrove asilo per le proprie rime. Senza fortuna.
Il team arruolato non riesce infatti ad offrire composizioni particolarmente emozionanti (“When Winter’s Going” e “Destiny” uniche eccezioni di un comparto musicale che, qualitativamente, si cela nel puro anonimato), lasciando il primo attore orfano delle sonorità epiche pregustate lo scorso anno nell’edizione originale di “180°”, qui sostituita da una sua abulica rivisitazione. L’inerzia è, purtroppo, la chiave di volta di “MMA”, e il colpo di grazia viene sferrato per via diretta dalle corde vocali dello stesso Jus Allah, vittima di un declino oramai incontrovertibile. Lo stile sferzante e acuminato di un tempo ha lasciato campo a un flow congestionato e singhiozzante; il misticismo che ne avvolgeva sapientemente le liriche estromesso in favore di dozzinali ed imbarazzanti cliché di stampo gangsta. Volendo citarne le parole: colui che in gioventù si permetteva, sfacciatamente, di ridurre al silenzio il Demonio (<<Jus Allah prays on the minds of the young/silencing the Devil that speaks with forked tongue>>, cit. “Death March”), oggi si compiace nel giocare con il fuoco mentre corre brandendo un paio di forbici (cit. “Converted”). L’imbarazzo rimane padrone della scena anche in “Wine & Spirits”, una prima assoluta in cui il nostro decide di riporre l’artiglieria per qualche minuto sfoderando un impacciatissimo lato sentimentale, mentre la conclusiva “Destiny” riporta brevemente l’ascolto a livelli di sufficienza, offrendo una manciata di barre valide e ripagando gli irriducibili che hanno strenuamente resistito alle lusinghe del pulsante STOP e/o del cestino sul desktop. Eccezion fatta per questi ultimi due brani, “Meanest Man Alive” si presenta come una sorta di panegirico encomiastico dedicato al proprio (presunto) arsenale, nonché alla sconfinata lista di vittime mietute in favore della sua inestinguibile sete di sangue.
Il tutto, è bene ricordarlo, a trentasette anni suonati e con le profonde lacune, tecniche e non, già evidenziate qualche paragrafo addietro. In altre parole: strofe intrise di polvere da sparo (per la verità umidiccia) che sfociano in un disco disarmante. E’ il paradosso di Jus Allah.
Tracklist
Jus Allah – MMA (Jus Allah LLC 2015)
- Cans
- Thoughts
- Converted
- Danger
- 180º (Psycho Les Beat)
- Therapy
- Days Like This
- When Winter’s Going
- Wine & Spirits
- Destiny
Beatz
- Live: 1, 8
- Anthropophagus: 2
- Live with the co-production by Ethan Mintz: 3, 6, 10
- Architech: 4, 9
- Psycho Les: 5
- Paul Danjer: 7
Scratch
- Dj TMB: 7
- Dj NEB: 8
li9uidsnake
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