KA – The Thief Next To Jesus
Dispiace tantissimo che una recensione diventi improvvisamente un’eulogia funebre. La notizia dell’inaspettata scomparsa di KA a soli 52 anni ha provocato incredulità e dolore, una perdita inestimabile a livello artistico per tutto ciò che è stato il valore concettuale e poetico espresso dai suoi lavori, i quali l’avevano permanentemente collocato in una nicchia ermetica, irraggiungibile, intenzionalmente solitaria, laddove l’analisi di sé andava ad agganciarsi a paralleli sempre molto ambiziosi, allargando la misura dei confini del Rap in materia di metafora. I suoi non erano dischi di facile approccio, tuttavia risultavano affascinanti per gli svariati aspetti umani e filosofici che intendevano approfondire. Nel mezzo di mille titoli superficiali e fin troppo osannati, i suoi lavori si erano distinti per la particolarità delle loro caratteristiche, elaborati com’erano attraverso un acume davvero raro, una capacità di dare forma a pensieri emersi dalle viscere più oscure di una persona forgiata dall’esperienza di strada, la stessa che gli aveva provocato quelle numerose sofferenze interiori e quell’idea di esistenza condannata che hanno rappresentato le fondamenta da cui erigere ogni suo progetto, unite a una quasi disperata richiesta di redenzione per azioni nate dalla povertà, dalla necessità di sopravvivenza, dalla pressione di dover prendere una decisione non sempre moralmente corretta.
“The Thief Next To Jesus“, uscito lo scorso agosto, diviene oggi l’epilogo di una carriera vissuta a debita distanza dai riflettori, ma in maniera assolutamente incisiva e significativa. Si tratta infatti dell’ennesimo lavoro intagliato ad arte, con l’immutata e singolare abilità manifatturiera per la quale KA sarà sempre ricordato. Un concept album poco accessibile, sia per le tematiche svolte, abbinate alla religione cristiana come già accadeva per “Descendants Of Cain“, sia per la comprensione del loro intreccio col vissuto del Nostro, infine per la consueta tipologia produttiva, curata individualmente con la medesima metodicità delle liriche, stendendo ogni elemento con precisione e dando luogo a quell’atmosfera glaciale, trattenuta, monocorde, grigia, nonché fonte di innumerevoli riflessioni da sviscerare.
E’ un album che rinnova con efficacia ogni tratto distintivo della sua discografia: ogni parola, ogni pulsazione del beat, ogni sezione ritmica delicatamente percettibile, quando non addirittura assente, richiamano la massima attenzione, provocano il ragionamento e la voglia di tornare a scoprire tutti quei significati non immediatamente intuibili, a volte criptici, in altre circostanze anche fin troppo chiari. In quel buio pesto in cui soleva cadere, KA desiderava essere un faro, più per gli altri che per sé, portandosi appresso un’aura di condanna già scritta, cercando di pareggiare i conti col forte senso di colpa per mezzo del buon operato. Ogni passaggio recitato con quell’inflessibile tonalità privata di emozione, la voce a volte rotta dal tormento interiore, la voluta assenza di qualsiasi tipo di musicalità accattivante nelle scelte dei loop, ha sempre fatto intuire una lodevole intenzione di dare luce alla speranza e una guida ai più giovani, mettendo il travaglio personale a disposizione degli altri.
Utilizzando l’immagine della crocifissione, dipinta in una copertina che lascia nuovamente poco spazio al colore, si era dunque avventurato in un terreno assai difficoltoso, ma per lui certamente percorribile, come il rapporto tra la cristianità e la condizione sociale dell’uomo di colore negli anni della schiavitù, evidenziando l’incoerenza della religione nel diffondere valori caritatevoli asservendo i suoi seguaci e utilizzando il suo passato per creare vorticosi allacci argomentativi attraverso l’uso di elementi figurativi e frasi a duplice significato, a conferma dell’abilità di saper trasporre su carta le derivazioni di quella quotidiana immersione meditativa puntualmente esercitata nei meandri più reconditi del proprio io. Fruendo di tale assetto, Kaseem aveva scelto l’unico sentiero conosciuto, quello del quieto minimalismo, attraverso il quale aveva espresso un pensiero libero, forte, privo di approcci eclatanti, seguendo l’istinto e la maturità raggiunta nella sua perseverante inquietudine, dunque assumendo i toni di un vero e proprio oratore, seppure col cuore trafitto da chissà quanti aspetti cui avrebbe voluto rimediare.
La critica è ricca di metafore e riferimenti più diretti, un puzzle lirico attraverso il quale KA costringe l’ascoltatore a un approccio attivo nell’interpretazione di ciascuna barra, sapendo che nessuna di queste sarebbe stata pronunciata senza un determinato scopo. Lo splendido coro di “Tested Testimony”, con le sue quartine, le rime multiple interne, l’organo appena spolverato, la nevrotica “Cross You Bear” (<<oppressed, the press only address how blacks respond/here the deceivers can’t believe in their Jesus, that’s a blonde>>) e una “God Undefeated” solerte nell’evidenziare un senso di esclusione e persecuzione (<<indeed a believer, survive to the finish/God side with the winners>>) ne sono senz’altro le rappresentazioni più significative. La maestria nel collegare un tema a più punti di sviluppo emerge prepotentemente in “Bread, Wine, Body, Blood”, deliziosamente accompagnata da chitarra e organo, la quale raggruppa le citate figure sacre in altrettante sezioni del brano, sottolineando la cattiva influenza esercitata sui giovani, dissentendo sulla qualità della musica oggi proposta, nonché sulla mercificazione di un’emancipazione femminile divenuta mera esibizione di sé (<<then it’s pussy this, ass that, all that shit’s trash Rap/what started as empowerment, I’m feeling now it’s past that/yes, I’m with sexual expression, if any tryna’ lash back/but this proper prostitution, always asking where the cash at/you sure you selling me melody, you keep telling me your ass fat?>>).
Non sarà mai del tutto chiaro se le connotazioni di “Beautiful”, ottimamente spruzzata di Blues e Gospel e strutturata in modo da interagire con la voce campionata, fosse davvero ricca di luce e capacità di individuare il positivo al di là dell’esperienza negativa, probabilmente perché una revisione odierna del ritornello (<<may you live a nice long life, hope is – beautiful>>) suggerisce toni differenti, facendo trapelare una manifestazione altruistica per qualcosa che l’artista era forse sicuro di non riuscire a raggiungere per sé. D’altro canto, KA aveva sempre eccelso nel saper esprimere i suoi tratti caratteriali e il suo manifesto ideologico, capacità avvalorata dalla sontuosa “Such Devotion”, sorretta da un gran bel paio di sample vocali e nella quale prendono vita nuove elucubrazioni sulle numerose sfide che la vita gli ha gettato addosso, sulla sopravvivenza realmente vissuta e sulla costante sottolineatura delle differenze razziali. La capacità di condensare tale mole di pensieri in poche ed efficaci righe è altresì attestata da “Broken Rose Window”, che gira su un bellissimo campione di organo e piatti, offrendo rime eccellenti nel descrivere la propria alienazione fanciullesca causata dalla povertà (<<been doomed to hatred/human nature ain’t changing/hope the Gods adjust>>), mentre “Collection Plate”, una sorta di fischio abbinato a una voce campionata, è addirittura sinistra nell’interpretazione di alcuni passaggi (<<afraid I prayed too quiet, couldn’t hear/so often obliged to say if I die today, I wouldn’t care>>).
Avremmo voluto scrivere di “The Thief Next To Jesus” esclusivamente per tesserne le lodi (il voto sarebbe stato quello in ogni caso, nessun incremento emozionale), decantandolo quale ennesimo lavoro di spessore realizzato da una figura unica e irripetibile. Ci ritroviamo invece di fronte all’inatteso canto del cigno, al testamento finale, all’ultimo lamento di irrimediabile malinconia, con titoli di coda che scorrono, purtroppo, in via definitiva. Il lascito della genialità artistica di KA rimane però per sempre in chi ha saputo apprezzarlo nella sua particolarità, per quanto il vuoto lasciato sia di fatto, guardandoci attorno, incolmabile.
In ricordo di Kaseem Ryan (11 agosto 1972 – 12 ottobre 2024).
Tracklist
KA – The Thief Next To Jesus (Iron Works Records 2024)
- Bread, Wine, Body, Blood
- Beautiful
- Tested Testimony
- Borrowed Time
- Collection Plate
- Broken Rose Window
- God Undefeated
- Soul And Spirit
- Lord Have Mercy
- Such Devotion
- Cross You Bear
- Fragile Faith
- Hymn And I
- True Holy Water
Beatz
All tracks produced by KA
Mistadave
Ultimi post di Mistadave (vedi tutti)
- Homeboy Sandman – Rich II - 11 Novembre 2024
- Nord1kOne – Last Man Standing - 25 Ottobre 2024
- KA – The Thief Next To Jesus - 18 Ottobre 2024