Kaos – kARMA

Intro. Siccome sono un recensore amatoriale che scrive su un sito amatoriale, che non ha consegne sulle cartelle da rispettare e che ha la libertà di parlare bene o male di ciò che recensisce senza dover favorire etichette o artisti, per parlare di “kARMA” e di Kaos mi prendo uno spazio un po’ più ampio del solito. Ma siccome magari a te, o giovine lettore, poco o nulla ti frega delle mie elucubrazioni personali, le ho messe qui di seguito, in sezione staccata e intervallata da una bella riga in bianco. Cosicché, volendo, te le puoi saltare a pié pari e andare direttamente più in basso, ove trovi la recensione condotta il più possibile da criteri di obiettività. Segue un’ulteriore breve chiosa sul suddetto LP/personaggio, che a ‘sto punto ti puoi anche leggere, tanto per farmi felice…

kARMA: un gesto, una conseguenza. Qual è la conseguenza dell’ultimo (?!) gesto dell’mc in assoluto più consistente che lo stivale abbia mai visto? Solo il fatto che le iene festeggeranno? Un disco che lascia senza dubbio più domande che risposte. O meglio, le risposte (le certezze) sono quelle che accompagnano da sempre questo mc: indiscutibile dal punto di vista tecnico e metrico, umano nei testi, forte di quella rarissima dote di obiettiva (a volte spietata) autoanalisi che rende le parole incisioni nella carne destinate a diventare cicatrici eterne. Forse è l’avvisaglia di quel fenomeno che negli States è già in atto da tempo e che vede le leggende viventi sparire (sigh!); ma, onesto come sempre, Kaos non si affida all’oblio ed esce di scena (?!) a testa alta, rivendicando con fierezza tutto il suo percorso. Ritengo che ogni appassionato dell’Hip-Hop dovrebbe fermarsi a riflettere sul significato del gesto, se non sulle conseguenze: l’ultimo sguardo di un Vero a ciò che ha contribuito a creare (più di tanti altri che magari hanno portato a casa maggiori meriti) è di disprezzo; a chiunque sia capitato qualcosa di simile questa sensazione ha insegnato molto più che tanti anni di sbattimento. Kaos sottolinea l’ovvio, quello che è sotto gli occhi di tutti, magari talmente vicino da non riuscire a metterlo a fuoco: abbiamo incrinato, forse irrimediabilmente, l’espressione in questo paese di una Cultura – o quantomeno ne abbiamo smarrito nel migliore dei casi, svenduto nel peggiore, l’essenza e la credibilità.

Partiamo col disco in sé. Rigorosa autoproduzione, distribuita da TrixShop. Iniziamo a notare la favolosa grafica del cartonato a cura del buon vecchio zio DeeMò. Proseguiamo constatando che la squadra dei produttori è completamente nuova, a parte l’intro affidato ad Ahmad (vecchia conoscenza di memoria M&M…). La parte del leone la fa Don Joe, che si accaparra ben sette produzioni, seguito a ruota da Shablo con quattro, mentre Mace e Dj Argento chiudono con una a testa. I rispettivi stili si fondono bene con quello di Kaos, tanto che a ripetuti ascolti (non ho fatto molto altro ultimamente) l’impressione di omogeneità non viene meno. Questo ci introduce a uno dei punti forti del disco: il livello viaggia esattamente alla stessa (alta) quota dall’inizio alla fine. Chiaro, non è che Kaos ci abbia abituato a qualcosa di diverso, ma questa è l’ulteriore riprova del fatto che il guerriero stracci il centopercento, sempre. Per quanto riguarda i featuring, anche qui c’è la chiusura del cerchio (?!): dai suoi ultimi partner in rhyme Turi e Moddi, ai nuovi Club Dogo, ai primi Colle der Fomento e non dimentichiamoci la presenza di Trix, celebrato da un pezzo tutto per lui (“D.C.V.D.”).

Veniamo ai testi. Che dire? Le armi sono sempre le stesse: le parole filtrate da vent’anni di Hip-Hop nel sottosuolo, sui palchi grezzi in giro per lo stivale, dietro i giradischi a spingere musica vera e non il disco del mese, con le dita sulla bomboletta, nei crates delle robe più sconosciute, negli studi, dietro i microfoni, in strada. La disillusione porta a un retrogusto amaro, che stavolta non è stemperato dalla vena sarcastica che era emersa in Melma & Merda; qui ritorniamo alla serietà di “Fastidio”. Ecco, se volete è la differenza che passa tra “Pulp Fiction” e “Old Boy”. “Intro”, riferimenti più o meno velati a fatti e persone reali in “1” (pseudometallaro, regina dell’Hip-Hop, Sanremo e 1° maggio, impegnati ad MTV), uno sguardo sulla società di oggi (“La zona morta”), dove …la sua realtà è finzione come i suoi reality. Ci vuole “Il 6° senso” (che legnata!) per svoltare la “Pandemia” (un testo veramente ma veramente da pelle d’oca, chiuso da una frase palindroma attribuita prima a Virgilio e poi ad alcune pratiche esoteriche: ma quanto e cosa legge quest’uomo?!). La vittima continua a essere la “Mu-sick”, ma ad ogni gesto corrisponde una conseguenza (il “kARMA”) e, a conti fatti, conta solo nome e reputazione… (“Algoritmi”). Di sicuro non contano le ore di presenza su MSN, ma quelle sotto il palco (“Firewire”: e …la rete è infetta/manie da webmaster, filosofia sospetta nostalgia da ghetto blaster… mi ha quasi strappato la lacrima), perché …la differenza è tra la verità e le chiacchiere… (“Blah blah”). I props al socio Trix che da una vita lo segue/affianca sul palco (“D.C.V.D.”), lo storytelling di “Insomnia”, davvero ansiogeno, prima della “Fine”, in cui Kaos esplicita l’idea di lasciar perdere tutta la storia. Ma, dopo il dialogo tratto da “Se7en”, la riflessione è lecita. Sommerset, nonostante tutta la merda che ha intorno e che non vuol più vedere, non va in pensione ma rimane ad affiancare Mills; almeno fino al tragico epilogo, dopo non ci è dato sapere.

Insomma, un disco di un altro spessore, di un altro livello. Scritto da un mc di un altro spessore, di un altro livello, che concepisce un Hip-Hop di ben altro spessore e ben altro livello rispetto alla monnezza che circola oggigiorno. Se davvero deve essere l’ultimo lavoro di Kaos (e purtroppo ho la sensazione che lo sia), ha dato agli mc’s che verranno dopo moltissime questioni su cui riflettere e un livello da raggiungere tanto alto e altro da tenerli impegnati per i prossimi vent’anni. Personalmente, mi sento in dovere di ringraziare Kaos: se non ci fossero state le sue parole (so che suona retorico, ma è così) non sarei un b-boy, un appassionato della musica e, in definitiva, sarei una persona molto, molto diversa.

Tracklist

Kaos – kARMA (TrixShop 2007)

  1. Intro
  2. 1
  3. La zona morta
  4. Il 6° senso [Feat. Club Dogo]
  5. Pandemia
  6. Mu-sick [Feat. Turi]
  7. kARMA
  8. Algoritmi
  9. Firewire [Feat. Colle der Fomento]
  10. Blah blah
  11. D.C.V.D. [Feat. Moddi]
  12. Insomnia
  13. Il 6° senso (rmx) [Feat. Club Dogo]
  14. Fine

Beatz

  • Ahmad: 1
  • Don Joe: 2, 4, 5, 6, 9, 13, 14
  • Mace: 3
  • Shablo: 7, 8, 11, 12
  • Dj Argento: 10

Scratch

  • Dj Craim: 2, 14
  • Shablo: 8
  • Dj Argento: 10
  • Dj Trix: 11
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