Kendrick Lamar – DAMN.

Voto: 4,5

Quando l’argomento di discussione è Kendrick Lamar, le coincidenze vanno lasciate nel cassetto. “God Is Gangsta”, il discorso inizia da quel punto; negli ultimi, criptici e sgranati istanti della pellicola, quando il ragazzo di Compton cammina su di un ponte nel buio della notte voltandosi per una frazione di secondo prima che lo schermo si tinga completamente di nero, facendo spazio alla dicitura FIN. tracciata dalla stessa mano che ha scritto il copione di “DAMN.”. Non servono perizie calligrafiche. Lucy (cit. “To Pimp A Butterfly”) è alle spalle, ma non i suoi tentacoli: la minaccia della dannazione eterna lastrica il sentiero di ogni essere umano; questa paura è la chiave di volta nonché la premessa nodale di “DAMN.”.

Paura che distorce la consueta linearità narrativa a cui Kendrick ci ha abituati in passato e le cui mutazioni, dall’infanzia (<<I beat yo ass, keep talkin’ back/I beat yo ass, who bought you that?/You stole it, I beat yo ass if you say that game is broken>>) al presente, vengono esplorate con meticolosità in “FEAR.”, cuore pulsante dell’album, esplodendo nella sua strofa conclusiva (<<within fourteen tracks, carried out over wax/wonderin’ if I’m livin’ through fear or livin’ through Rap>>) accompagnate da un glorioso giro di archi che tinge di toni drammatici il luminoso drappeggio dell’Alchimista. Debolezza o immoralità è uno dei mantra dominanti del disco e l’equilibrio tra i due valori è parte delle fondamenta sulle quali è edificata l’inquietudine spirituale di Kendrick, che in “YAH.”, dove la consapevolezza dell’oscurità oltre l’orizzonte si scontra con le difficoltà di restare sordo ai sussurri delle tentazioni terrene (<<I know he walks the Earth/but it’s money to get, bitches to hit, yah/zeroes to flip, temptation is, yah/first on my list, I can’t resist, yah>>), mostra un incedere inerte e apatico, come un fuscello nella tempesta, in attesa che un raggio di sole, dall’alto, spazzi via le nubi dal cielo.

Il tema religioso è tolemaico nei cinquantacinque minuti di “DAMN.”, i cui binari sono scanditi da continue contrapposizioni concettuali che scuotono fin nelle viscere l’attitudine di un Kendrick Lamar chiamato a fare ammenda, specchiandosi nei propri vizi. <<Love’s gonna get you killed/but pride’s gonna be the death of you, and you, and me>> recita l’incipit di “PRIDE.”, una disamina introspettiva, depositata su un beat lento e melodico, in cui a risaltare è il duello in singolar tenzone tra gli ideali morali e l’assenza di virtù delle azioni intraprese (<<sick venom in men and women overcome with pride/a perfect world is never perfect, only filled with lies/promises are broken and more resentment come alive/race barriers make inferior of you and I/see, in a perfect world, I’ll choose faith over riches/I’ll choose work over bitches, I’ll make schools out of prisons>>).

L’orgoglio precede la caduta e Kendrick ne è consapevole, ma l’appagamento che ne deriva è codificato nel suo corredo genetico: arginarlo è un’impresa (<<realness, I just kill shit ‘cause it’s in my DNA/I got millions, I got riches buildin’ in my DNA/I got dark, I got evil, that rot inside my DNA/I got off, I got troublesome, heart inside my DNA>>). E il passaggio dalle parole ai fatti è immediato. “HUMBLE.”, titolo quanto mai fuorviante, è un attacco frontale in cui il prodigio di Compton mostra fieramente i muscoli, fomentato dalle minacciose note di piano di Mike Will Made It, ammonendo dall’alto la concorrenza con un’arroganza (<<hold up lil’ bitch, sit down, be humble>>) seconda solo a quella mostrata nella super abrasiva “DNA.”, ferocissima scarica di barre ad alto calibro diretta dal medesimo complice alle macchine.

In entrambi gli episodi emerge un ulteriore tratto distintivo di “DAMN.”, ovvero l’assenza di una struttura lirica formale. Una scelta sulla quale l’autore gioca parecchio a seconda del tema presente sul tavolo. Alcuni concetti sono volutamente sparpagliati attraverso le strofe e lo storytelling è prevalentemente orientato al disegno di singole immagini, coerenti ma a volte sconnesse fra loro, che non al giocare a ciak! si gira col nostro encefalo. L’eccezione è “DUCKWORTH.”, l’effetto farfalla che chiude il cerchio dislocando una buona dose di mandibole (i cambi di beat di 9th Wonder sono da mandato d’arresto: illegalità allo stato puro). Lineare e cruda, ma a lieto fine, accende un lume sul se determinato dalle scelte (<<pay attention, that one decision changed both of they lives/one curse at a time/reverse the manifest and good karma, and I’ll tell you why/you take two strangers, and put ‘em in random predicaments; give ‘em a soul/so they can make their own choices and live with it/twenty years later, them same strangers you make ‘em meet again/inside recording studios where they reapin’ their benefits>>), mettendo in discussione la bontà di fare la cosa giusta, prima di riavvolgere il nastro, riportando tutto alla scelta iniziale (“BLOOD.”).

Ciò che accade sulla terra rimane sulla terra; monito o consolazione? “DAMN.” è la risposta che Kendrick dà a se stesso e nel farlo consegna a chi sta oltre gli auricolari tutti i pezzi del puzzle. Decifrare e riempire gli spazi vuoti, a seconda delle proprie esperienze, è invece compito nostro.

Tracklist

Kendrick Lamar – DAMN. (Aftermath Records/Interscope Records 2017)

  1. BLOOD.
  2. DNA.
  3. YAH.
  4. ELEMENT.
  5. FEEL.
  6. LOYALTY. [Feat. Rihanna]
  7. PRIDE.
  8. HUMBLE.
  9. LUST.
  10. LOVE. [Feat. Zacari]
  11. XXX. [Feat. U2]
  12. FEAR.
  13. GOD.
  14. DUCKWORTH.

Beatz

  • Bekon and Anthony “Topdawg” Tiffith: 1
  • Mike Will Made It: 2, 8
  • Sounwave, Dj Dahi and Anthony “Topdawg” Tiffith with the additional production by Bekon: 3
  • Sounwave, James Blake and Ricci Riera with the additional production by Tae Beast and Bekon: 4
  • Sounwave: 5
  • Dj Dahi, Sounwave, Terrace Martin and Anthony “Topdawg” Tiffith: 6
  • Lacy and Anthony “Topdawg” Tiffith with the additional production by Bekon: 7
  • Dj Dahi, Sounwave and BADBADNOTGOOD: 9
  • Walton, Sounwave, Greg Kurstin and Anthony “Topdawg” Tiffith: 10
  • Mike Will Made It, Dj Dahi, Sounwave and Anthony “Topdawg” Tiffith with the additional production by Bekon: 11
  • The Alchemist with the additional production by Bekon: 12
  • Ricci Riera, Sounwave, Dj Dahi, Bekon, Cardo and Anthony “Topdawg” Tiffith: 13
  • 9th Wonder with the additional production by Bekon: 14
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