Kendrick Lamar – untitled unmastered.

Voto: n.g.

kendricklamaruntitledunmasteredCarpe diem, quam minimum credula postero affermava nelle sue Odi il tribuno romano Orazio, il quale sarebbe stato di certo fiero dell’operato di Anthony Tiffith, manager e fondatore del cartello musicale Top Dawg, che nel corso degli ultimi tre anni e mezzo ha imparato a cogliere attimi con una padronanza di tempismo che farebbe venire i cinque minuti a Crono per l’invidia. L’ultima intuizione è stata quella di sfruttare gratuitamente un piano di comunicazione che di regola dovrebbe essere iscritto a bilancio per un valore pari a 165mila dollari, perché tale è il prezzo che sua maestà LeBron James fattura per firmare uno dei suoi cinguettii, e confezionare a tempo di record un prodotto da lanciare sul mercato. Ma “untitled unmastered.” non è solo un colpo di genio in termini di marketing, è soprattutto quanto di più vicino abbiamo alla risposta a una delle domande soggiacenti la creazione dell’opera magna di Kendrick Lamar: come ha fatto il mite ragazzino di quella folle città a tramutarsi in un’icona di riferimento nel moderno scenario culturale afro-americano?

Le otto istantanee in scaletta, specie se ascoltate nel loro ordine cronologico, ricostruiscono gli intervalli dell’evoluzione sonora che ha caratterizzato “To Pimp A Butterfly”. Non a caso, “untitled 03” è probabilmente la traccia con le atmosfere più distanti da quest’ultimo, mentre “untitled 02”, datata giugno 2014, è con le sue cupe vibrazioni (<<Get God on the phone/said it won’t be long>>) lo scheletro sul quale è stata in seguito edificata la stanza infestata dai lamenti angosciati di “u”. In “untitled 05”, la bozza più recente, Sounwave e Terrace Martin ci vanno invece giù pesante con le contaminazioni Jazz, tracciando il punto di non ritorno nella definizione del sound definitivo che incornicerà l’allora futuro disco e mettendolo immediatamente a disposizione di Kendrick e Anna Wise per le prime prove tecniche di quella che diventerà “Institutionalized” (<<see I’m livin’ with anxiety, duckin’ the sobriety/fuckin’ up the system I ain’t fuckin’ with society/justice ain’t free, therefore justice ain’t me/so I justify his name on obituary>>).

“untitled unmastered.” è un breve collage in cui è possibile intravedere il percorso di ricerca verso il giusto concept; la peculiare scelta delle alterazioni vocali, divenuta un tratto stilistico distintivo di Lamar; il perfezionamento di un suono che esula dall’attuale panorama musicale; e per questo motivo, a differenza di quanto fatto dalla maggioranza dell’audience e della stampa specializzata, non dovrebbe essere considerato (e recensito; tanto per spiegare l’assenza del voto) come un nuovo disco di Kendrick Lamar. Non è una questione di qualità, anzi, semplicemente non è stato concepito come tale. E per quanto la musica che offre, sebbene allo stato grezzo, sia assolutamente godibile per qualsiasi appassionato, saranno infine gli addetti ai lavori, forti della volontà di andare sempre oltre il semplice piacere dell’ascolto, a goderne maggiormente. Si tratta di un insieme di pagine perdute, il cui valore scientifico e di studio supera quello prettamente artistico.

Pensateci un secondo: se mai qualcuno dovesse ritrovare nell’angolo di una vecchia biblioteca impolverata una serie di bozzetti a matita della Gioconda firmati da Leonardo Da Vinci, per quanto indubbiamente apprezzabili anche da un punto di vista artistico, vi sognereste mai di ritrovarli esposti nella sala del Louvre al fianco dell’enigmatico ritratto di Lisa Gherardini? Ecco, appunto…

Tracklist

Kendrick Lamar – untitled unmastered. (Aftermath Entertainment/Interscope Records 2016)

  1. untitled 01 | 08.19.2014.
  2. untitled 02 | 06.23.2014.
  3. untitled 03 | 05.28.2013.
  4. untitled 04 | 08.14.2014.
  5. untitled 05 | 09.21.2014.
  6. untitled 06 | 06.30.2014.
  7. untitled 07 | 2014 – 2016
  8. untitled 08 | 09.06.2014.
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