MC Eiht – Lessons
Possedere un talento settoriale, che permette di focalizzarsi su un singolo aspetto di sé per costruirci attorno una carriera longeva, è assolutamente possibile; e in alcuni casi è possibile compiere pure il passo che conduce dritto alla leggenda. MC Eiht ha sorpassato il traguardo dei trent’anni di carriera assecondando solo ciò che sa proporre meglio e, con la sua Compton sempre nel cuore, divenendo un’autorità della west coast in veste di cantore della realtà del suo quartiere, offrendo la sua personale trasposizione scritta di tutto quel che è riuscito a osservare nelle dinamiche del luogo che continua a ispirare ogni sua creazione sin dai tempi dei gloriosi Comptons Most Wanted, quando – anche se sembra trascorsa un’intera esistenza – andava già a gettare le basi per una corretta allocazione nell’olimpo dell’Hip-Hop grazie a classici come “Hood Took Me Under“, “Growin’ Up In The Hood” e “Straight Up Menace”.
Nonostante i titoloni del passato, Aaron Tyler non ha mai vissuto di quella rendita, sfornando un’attività sempre fervente che ha visto la più ampia porzione dell’esperienza solista sviluppare un sound inserito nei medesimi canali realizzativi di “The Chronic”, tornando solo negli ultimi anni a offrire un’equilibrata via mediana tra la morbidezza di tali atmosfere e la compattezza dei primi tre classici firmati C.M.W., e decisiva per intraprendere tale direzione è stata la fruttifera collaborazione col produttore austriaco Brenk Sinatra, un incrocio che – a parere personale – si è rivelato determinante nel lungo percorso sinora concluso. Ovvio che non si possa pretendere di non trovare qualche segnale di flessione: i testi girano sempre attorno agli stessi argomenti, le rime sono meno complesse di un tempo e c’è molta più forma che sostanza; ma rimane immutato il fascino di quella personalità, di quel timbro che pare addirittura più lucido rispetto alle uscite più recenti, di quel raccontare unico che riesce a trasmettere quell’intangibile sicurezza di saper descrivere quella specifica realtà come nessun altro saprebbe.
“Lessons” è un disco chilometrico se rapportato alla più scarna media delle pubblicazioni odierne – parliamo di un’ora e diciotto minuti per ben venti episodi – ma, se si dispone di pazienza e tempo per concentrarvisi, è possibile apprezzarne l’indiscutibile buona fattura. Chiaro, l’esercizio risulta molto più facile se si è fan di lunga data, conoscendo quindi a priori ciò che si reperirà, e se si passa oltre il consueto schema di sfinenti shout-out in fase di intro e outro, fattore con cui è necessario scendere a patti. La produzione, che mai vede calare la sua consistenza nonostante la copiosità dell’offerta, continua sul filone impostato con successo su “Which Way Iz West“, insistendo nella corretta fusione tra sezioni ritmiche rocciose e suoni solari, ma variando gli operatori, ovvero trovando nelle idee di Dee Ace e dell’olandese Fehran C, responsabili dell’85% del lavoro, il metodo più congruo per portare a termine con successo le esigenze dell’autore.
La serie di lezioni tratte dall’esperienza vissuta nel ghetto e tutte le derivazioni che vi si snodano attorno suonano difatti molto bene quando ci si avvale di quel cenno di Jazz utile a creare musicalità nella costruzione dei loop, la cui generica assenza di varietà mai disturba ed è abbondantemente sopperita dalla gradevolezza del suono e dalla robustezza delle batterie, come dimostrato dall’ottima vena di brani come “Ambition”, “That’s Perfect”, la titletrack e l’elegante “That 83” (quest’ultima con Chill MC al campionatore), senza dubbio tra i pezzi più validi nello spruzzare il disco di atmosfera californiana senza cadere nella pesante ridondanza della tradizione locale, alla quale viene invece dedicato un congruo ma limitato numero di interventi giusto per ricordare che le radici affondano il terreno proprio lì. Il senso melodico è difatti accentuato in episodi come “Blue Wave” e “Can’t Nobody”, che fondono modernariato e nostalgia in ugual misura utilizzando bassi non campionati, sintetizzatori tremuli e l’inconfondibile voce di Kokane per ricreare l’aria di un quarto di secolo fa. Capita poi di spingere il pedale dell’acceleratore un po’ più consistentemente andando dritti all’attualità, plasmando tracce come “On The Real Tho”, nella quale si risente Yukmouth, e “Courted In” (energica interazione tra Eiht, Chill e il sempre convincente Dave East), secondo una tipicità molto più marcata, un incarico per il quale Hermanata genera un più che coerente tipo di beat.
I testi riassumono una filosofia di vita definita da fatti concreti, poco importa se vissuti in prima o terza persona, le lezioni acquisite vengono messe a disposizione delle future generazioni ammonendo che nulla in realtà è cambiato. Ci saranno sempre pallottole provenienti da una direzione casuale che andranno disgraziatamente a impattare contro la vita di qualcuno, nastri gialli da tirare, sagome da tracciare sull’asfalto, soldi da racimolare per arrivare al giorno successivo senza farsi gli scrupoli del caso accettando i compromessi che ne derivano, pena tornare alla povertà in cui si è nati senza più godere di alternative percorribili. Il primo insegnamento del libro è tanto semplice quanto immediato, <<another sunrise that’s the best gift>>, ecco ciò che sperano tutte le madri inginocchiate a pregare affinché il proprio figlio rincasi sano e salvo dal suo darsi da fare quotidiano, argomenti su cui poggiano le idee che partoriscono l’intensa “Things We Go Through”, la cruda “I Got U” e l’inevitabilità delle decisioni di “Ambition”. Prima o poi, ci si deve arrangiare per strada.
A dimostrazione del rispetto di cui gode il suo autore, l’album attrae come sempre molti ospiti, comunque provvidenziali per quelle deviazioni stilistiche necessarie a mantenere la curiosità nell’ascolto. Altrettanto particolare è notare il trattamento riservato ai featuring dei colleghi di lunga data, per i quali Eiht struttura i suoi contributi citandone di continuo i titoli dei successi per tessere parte delle strofe, fatto notabile sulla tesa “Get Money Man”, che apre i giochi con un pimpante B-Real, e in “Neighborhood Looks”, ove risulta affascinante sentire Havoc su un abito che gli viene cucito su misura installando per un istante i project del Queensbridge sopra il cemento di Compton. “Past Mistakes” è invece un’intersezione con le assonanze di Talib Kweli più che una concept track come il titolo poteva far presumere, un representin’ ancor meglio puntellato dalla sfacciata “Honcho”, dove la compagnia di Conway istiga a riporre i pivelli presso il luogo d’origine su una pietra intermezzata dai riconoscibili graffi di Premier. Di tutt’altra pasta risulta quanto apportato dai bravi Mitchy Slick e Young Noble dal punto di vista espressivo e tematico, confezionando due prestazioni di cui si necessita prendere nota.
Non ci si attendano particolari revisioni della consueta formula, quindi. “Lessons” non è altro che il sunto della miglior capacità di MC Eiht, la stessa che gli ha consentito di giungere ancora fresco dopo una vita passata a scrivere della sua città, con il suo gergo, con la sua visione, ovvero con tutte quelle caratteristiche che ne hanno definito uno status oggettivamente mitico.
Tracklist
MC Eiht – Lessons (Blue Stamp Music 2020)
- Get Money Man [Feat. B-Real]
- That’s Perfect [Feat. Tha Chill]
- Honcho [Feat. Conway The Machine]
- Blue Wave
- Can’t Nobody [Feat. Kokane]
- U Kno
- Ambition
- Lessons
- U Not Me
- That 83 [Feat. Tha Chill and Diamond Rich]
- Courted In [Feat. Dave East and Tha Chill]
- Things We Go Thru [Feat. Cherell Terri]
- Past Mistakes [Feat. Talib Kweli]
- I Got U
- Whut U Really On
- On The Real Tho [Feat. Yukmouth and Tha Chill]
- Stand Up [Feat. Mitchy Slick and Tha Chill]
- Neighborhood Looks [Feat. Havoc and Kurupt]
- Magic [Feat. Young Noble and Tha Chill]
- We Got
Beatz
- Dee Ace: 1, 7, 13, 18, 20
- Ferhan C: 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9, 12, 14, 15, 17, 19
- Tha Chill: 10
- Hermanata: 11, 16
Scratch
- Dj Premier: 3
Mistadave
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