Microspasmi – Come 11 secondi
Chi conosce nella sua interezza la parabola discografica compiuta dall’Hip-Hop italiano a partire dal brodo primordiale che si riversò nelle numerose posse sbocciate attorno a kantieri, isole, officine e muretti, tende a ricordare il primo quinquennio del duemila come un periodo buio caratterizzato da poche uscite significative, dati di vendita sconfortanti, realtà indipendenti giunte al capolinea e transizioni varie; nel loro piccolo, “13 pezzi per svuotare la pista” e “16 punti di sutura” contribuirono a dimostrare che non tutto (forse) era perduto, dando un colore in gran parte nuovo alle già buone premesse del precedente EP “Scena vera”. Trascorsi undici anni lunghi “Come 11 secondi” (oddio, non proprio…) ecco ricomparire i Microspasmi dopo che le rispettive carriere soliste si erano dirette verso progetti non esattamente memorabili (per Medda) ed esperienze esterne all’ambito Hip-Hop (per Goedi) – in realtà, il segnale di un loro potenziale ritorno risale alla pubblicazione, circa tre anni fa, di “Comete”, l’ingresso nella label di Shocca e soci suppongo abbia fatto il resto.
L’album sembra ripartire proprio dove terminava “16 punti…” e – capelli ingrigiti a parte – conferma una fetta consistente delle tipicità del duo milanese: il timbro parecchio originale del beatmaking, gl’intermezzi musicali in coda a ogni brano, l’ironia spesso dissacrante del Rap, il generoso ricorso a nonsense, metafore e trovate di ogni genere. Ad essere pignoli, però, se l’intesa tra le parti perdura, è il solo Goedi ad arricchire di ulteriori sfumature uno stile che – complici gli anni vissuti al di fuori della scena – non si impone particolari limiti, gestendo con uguale abilità synth (“La gente è strana”) e sample anche molto noti (“Le storie finite male” campiona “Wildflower” di Hank Crawford come, tra gli altri, Kanye West per “Drive Slow” e Dj Gruff per “1500 lire”), ferma restando la gustosa selezione delle batterie, autentico marchio di qualità del Nostro. Non che Medda offra una prova sbiadita, sia chiaro, tuttavia il tempo ci ha permesso di assimilarne l’approccio basato su fotta, caustici riferimenti alla realtà quotidiana (<<troppi giochi di parole artificiali come fuochi/come chi dice gay ma sta pensando froci>>) e un umorismo talvolta scatologico (<<calcolato che la mia roba è solo un conato/ho fatto quattro soldi coi dischi che ho vomitato>>), elementi qui riproposti senza grandi differenze rispetto al passato e che pertanto, assieme a una gamma tecnica efficace ma mai strabiliante, avranno qualche difficoltà a cogliere impreparato l’ascoltatore di vecchia data.
Detto ciò, la somma delle componenti è fresca a sufficienza e, soprattutto, riesce ad aggirare la stagnante contrapposizione tra underground e mainstream grazie a una leggerezza che si rivela subito vincente, perché ripulita da stereotipi e fondamentalismi di sorta. <<Microspasmi, ciao, siamo solo di passaggio>> (“Tutta la verità”), l’atteggiamento di Goedi e Medda è in effetti quello di chi continua a fare Hip-Hop per il solo fatto che gli piace farlo, alla faccia di qualsiasi pedanteria, moralismo e spacconeria da quattro soldi (<<non m’interessano vestiti da star/vorrei soltanto nell’armadio una tuta di Hurricane Polimar>>: a voi stabilire se le ambizioni siano alte o basse…). Banditi quindi i pezzi a tema in senso stretto, i messaggi troppo diretti, Medda alterna freddure, introspezioni e riflessioni personali con la solita spontaneità, costanti nelle quali è comunque semplice isolare i riferimenti alla vita artistica (“Prima i soldi e poi le rime”, “Incubi letali”), alle paranoie generazionali (“Che ore sono”), alla misantropia (“La gente è strana”), alle inquietudini interiori (lo storytelling di “Le storie finite male” è davvero notevole), agli amori che bruciano, giacché <<devi soffrire per volare>> (“Nell’occhio del ciclone”). Se poi ad affiancare l’mc troviamo una cinquina di tutto rispetto e ben inserita lungo la tracklist, con Egreen ruvido come da programma, Dargen che pennella allitterazioni, Ensi e Jack The Smoker che si fumano l’<<erba spaziale>> e Lord Bean (o lo ami, o lo ami), allora il gioco è fatto.
<<Cresciuto con ‘sto suono dentro le cassette al cromo/chiuso nella cameretta, tutti fuori voglio stare solo/voglio solo questo, cazzo, odio il resto/e chiudere il mio mondo in ogni rima, in ogni testo>>. Pur non aspirando a clamorosi exploit, l’impressione è che “Come 11 secondi” sia un disco capace di farsi (ri)apprezzare con uguale facilità nei mesi a venire, di conseguenza è possibile che ne riparleremo quando bisognerà tirare le conclusioni sull’annata in corso…
Tracklist
Microspasmi – Come 11 secondi (Unlimited Struggle 2016)
- Tutta la verità
- Prima i soldi e poi le rime [Feat. Egreen]
- Incubi letali
- Che ore sono [Feat. Dargen D’Amico]
- La gente è strana
- Le storie finite male
- Nell’iperspazio [Feat. Jack The Smoker e Ensi]
- Nell’occhio del ciclone
- Rifarei tutto
- Tutto e subito
- Segni [Feat. Lord Bean e Fritz Da Cat]
Beatz
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Bra
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