MoSS – Marching To The Sound Of My Own Drum

Voto: 2,5

MoSS2015500Non conosciamo l’operato di Jason Connoy – meglio conosciuto nel circuito Hip-Hop come MoSS – sin dai suoi esordi, ma abbiamo imparato ad apprezzarne le produzioni individuando singoli brani inseriti in dischi che ancora oggi ascoltiamo con una certa regolarità (cosucce tipo “Honkey Kong” di Apathy, ad esempio) nonché nell’album collaborativo realizzato oramai cinque anni fa assieme alla brava Eternia. L’attività del producer canadese va ben più indietro nel tempo, fin dagli anni Novanta, e ha coinvolto parecchi rapper di stabilita fama underground, alcuni dei quali ritroviamo inseriti nella copiosa scaletta del primo lavoro solista della sua carriera, lieti di restituire il favore. Il livello di attesa creato dalle capacità del produttore e dall’annuncio della tracklist ufficiale comprendente la lista di tutti gli mc’s coinvolti non viene tuttavia rispettato, trasformando “Marching To The Sound Of My Own Drum” in una delusione abbastanza forte, con responsabilità da suddividere tra i molti partecipanti e, non ultimo, l’attore principale.

MoSS è un compositore di beat di larghe vedute e si possono ben comprendere le sue influenze, le quali denotano predilezioni di vario genere per la musica black, la psichedelia, il Blues più tradizionale e una forte passione per l’utilizzo del flauto, quest’ultimo realmente suonato ed onnipresente. Tuttavia, dopo una buona introduzione che si trasforma in una traccia vera e propria firmata da Inspectah Deck ed Ill Bill, l’album si perde per strada molto presto lasciando un numero parecchio esiguo di episodi da ricordare. L’accoppiata tra AZ e Joe Budden vede ambedue gli artisti esibirsi non certo al massimo delle proprie possibilità su un beat facilmente confondibile con una qualsiasi produzione di Statik Selektah (gestione della batteria, piano e voci pitchate ne costituiscono gli elementi di similitudine); una possibile combo da urlo tra Onyx ed Havoc si rivela uno dei pezzi maggiormente deludenti del lotto, dato che la scarsa ispirazione di Fredro e le minacce assortite disordinatamente strillate da Sticky Fingaz sono fattori dimenticabili proprio come il senso di anonimato fornito dal beat; “B.Q.P.” è sorretta in extremis dal compianto Sean Price, ma il livello di talento è per il resto bassino e il comparto sonoro assolutamente mediocre; “Hard Hitters”, che era una delle tracce che sulla carta ci incuriosiva di più, non rende musicalmente giustizia ai differenti talenti di Supastition e Skyzoo, un’altra occasione mancata per tirar fuori un possibile pezzone. L’interludio sperimentale di “Sex”, invece, è addirittura imbarazzante e sfugge il motivo della sua presenza, stessa sensazione che si prova nei confronti di artisti meno conosciuti come Chuuwee e Red Cafe, cui vengono assegnati dei beat neppure malvagi ma che non fanno nulla per farsi davvero notare, il primo proponendo un’invettiva anti-incapaci che non fa strappare certo i capelli, il secondo con una gestione terrificante di un ritornello che impiega poco a far affiorare i nervi.

Di tanto in tanto, è comunque possibile reperire alcune tracce dove tutti, o quasi, gli aspetti in gioco si mettono finalmente a funzionare. Eternia, forse consapevole di dover tenere alto il nome dell’accoppiata, offre un testo molto significativo e colmo di riferimenti spirituali, mettendo in scena un flow e un controllo del fiato di prim’ordine, cavalcando davvero bene il loop di chitarra; Joell Ortiz dimostra di meritare appieno un pezzo in solitaria, rivelandosi motivato e fornendo una prestazione tecnica che non ci mette molto a innalzare la media qui presente; Reks distrugge come sempre tutto con le sue argute composizioni multisillabiche, sostenendo un beat pasticcione (interrompere il ritmo per inserire il flauto della parte centrale non ci è parsa una buona idea…); carina è poi la linea di basso studiata per accompagnare il sample di tromba che regge “Jealousy & Envy”, anche se, per dovere di cronaca, né Slaine e né Termanology si rompono più di tanto il cervello per evitare di cadere nel banale.

L’idea che ci eravamo fatti sulle capacità produttive di MoSS non può certo essere messa in discussione dai deludenti risultati di quest’esordio su lunga durata, perlomeno ripensando ai risultati raggiunti attraverso gemme come “Keep Movin On” di Vinnie Paz, “Dear Lord” di Apathy ed Eternia, “Revolution Is Here” di Reks; si tratta di un produttore capace di confezionare brani in grado di regalare buone emozioni, di reperire soluzioni sonore che sanno guardare più in là della pura tradizione e, semmai decidesse di dare alla stampe un seguito a quest’inopportuno “Marching To The Sound Of My Own Drum”, vorremmo ritrovare esattamente quelle precise caratteristiche invece che un’accozzaglia di beat così privi di personalità da non rendergli minimamente giustizia.

Tracklist

MoSS – Marching To The Sound Of My Own Drum (MoSS Appeal Music 2015)

  1. Introduction [Feat. Ill Bill and Inspectah Deck]
  2. Started [Feat. AZ, Dj Premier and Joe Budden]
  3. Who [Feat. Chuuwee]
  4. Loner (Interlude) [Feat. WITCH]
  5. Lost In My World [Feat. Reks]
  6. Day & Night [Feat. Eternia]
  7. Nobody Move [Feat. Havoc and Onyx]
  8. Jealousy & Envy [Feat. Slaine and Termanology]
  9. Arm & Hammer Man [Feat. Red Cafe]
  10. Boombastic [Feat. Slum Village]
  11. Sex [Feat. AKA and Deuce Wonder]
  12. B.Q.P. [Feat. Illa Ghee, Peedi Crakk, Royal Flush and Sean Price]
  13. Kids [Feat. Joell Ortiz]
  14. Hard Hitters [Feat. Skyzoo and Supastition]
  15. Emotional Redux [Feat. Big Gov, Guilty Simpson, Jon Connor, Vstylez and Willie The Kid]

Beatz

All tracks produced by MoSS except track #15 produced by Pro Logic and co-produced by MoSS

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