Noyz Narcos – Virus

A spanne, opinabilmente, ritengo ci siano cinque rapper italiani che, più di altri (e va da sé che non prendo in considerazione la sottocategoria di quelli che vorrei-fare-il-cantautore), possano vantare lo status di superstar nell’ambito dell’industria musicale tutta, ovvero senza doversi riferire ai generi. Sono figure oggettivate, note a un pubblico eterogeneo, ciascuna col suo piccolo o meno piccolo culto. Due di loro hanno pubblicato un disco l’anno scorso e ho cestinato entrambi dopo un paio di ascolti infruttuosi; uno ne ha rilasciati addirittura due e, pur standosene nella sua comfort zone (o forse tanto più per questo motivo), a prescindere dai gusti credo abbia rafforzato il proprio prestigio; uno è rimasto silente, ma i bookmaker danno per certo il suo ritorno nei prossimi dodici mesi; l’ultimo, non in ordine d’importanza, è Noyz Narcos. Il quale, diversamente dagli altri, dopo “Localz only” ed “Enemy” (che doveva chiuderne l’esperienza artistica) ha deciso di uscire dal circuito delle label, scelta che riflette l’intenzione di tenersi distante da determinate logiche, richiamando al contempo lo spirito iconoclasta che ha animato i Truceboys prima e il TruceKlan poi.

“Virus”, al netto dell’ovvio aggancio con la realtà attuale, sta appunto a significare questo: un agente patogeno che invade il sistema ospite e lo altera, lo modifica, lo corrompe. Fuori di metafora, un obiettivo di estrema difficoltà; perché l’Hip-Hop, in misura preminente nella sua connotazione mainstream, ha fissato dei paletti invalicabili, immunizzandosi – volendo restare in tema – contro qualsiasi tentativo di sovvertirne la rigida schematicità riscontrabile nel ricorso a ibridazioni col Pop, nell’utilizzo di una sintassi il più possibile elementare e in un approccio che soddisfi anzitutto l’ampia platea di adolescenti. Coadiuvato dall’enorme expertise di Luca – The Night Skinny – Pace, l’mc romano non attacca infatti a testa bassa e con gli occhi bendati: dialoga con la scena nata a margine delle discipline, fa proprio un sound che guarda con decisione al presente e, coerentemente a un’anagrafica che indica quarantadue primavere, allarga i toni del racconto a un’introspezione più cauta, in alcuni frangenti verrebbe da dire intima. Tutto ciò in continuità a uno stile lirico che vive di spigoli vivi, affilati, mitigando tuttavia – e questo possiamo anticiparlo – l’hardcore esasperato delle origini.

Diciamo che, nei suoi cinquanta minuti complessivi, “Virus” sembra sia in grado di mettere d’accordo palati e generazioni differenti, alternando più registri ma conservando un tratto identitario abbastanza riconoscibile. Senza dubbio l’uno/due iniziale è nel solco del Noyz che conosciamo: “Uomo a terra”, che cita “Sinnò me moro” e “Prova microfono” (<<tutti quanti me conoscono in ‘sta merda Rap/sai quanto me ne fotte de ‘sta merda Rap/vivo pe ‘sta roba che sinnò me moro/’nnamo in onda, batti er ciak moro>>), è un avvio potente, ruvido, all’altezza delle aspettative; la titletrack, selezionata anche come estratto video e prodotta da un ottimo Sine, è un’autentica bomba equipaggiata con linee infallibili (<<pare de sta’ a Compton, fumo la mia homegrown/quando passi da ‘ste parti, secco, batti ‘n colpo/sai qual è la wave/che facciamo questo dai rave der dumila>>), omaggi a Master P, Lucio Fulci e Cypress Hill, più la punchline dell’album (<<spacco il linguaggio, Trigger Tha Gambler, Smoothe Da Hustler/soltanto hit, nemmanco un filler>>). Si collocano grosso modo nella medesima scia “Dope boy”, da cui il titolo del bel documentario “Dope boys alphabet”, brano che riconduce Emanuele tra le strade della sua città natale e in mezzo a quanti magari lo chiamano ancora per nome (<<a Roma corre er sangue mio/e se non me le fanno l’altri, al giro ancora becchi qualche tag mio/corro ancora co’ gli stronzi che ho incontrato ner ‘97/la Madonna di Sempione ci protegge>>), la cruda “War games” e, si capisce, “Verano zombie pt. 3”, nuovo capitolo della saga con strumentale rinfrescata da Greg Willen (il sample è sempre quello utilizzato per “Badabing” di Copywrite da Dj Mighty Mi) e featuring interni al Klan – bene Gemello, Metal Carter…fa Metal Carter.

Ecco, il capitolo collaborazioni richiede particolare attenzione – non solo per la sua densità. Perché se l’abbinamento con Ketama e Franco in “Volante 4” sboccia all’intersezione tra la scuola Hip-Hop capitolina e la personale lettura che ne dà la crew 126/CXXVI, nel caso di “Blister” e “Spine” il punto d’equilibrio casca un po’ troppo in là, tanto da far apparire Noyz nei panni dell’ospite di turno. Asimmetria che ritroviamo altresì passando da “Cry later”, le cui barre del protagonista (<<quando fai du’ sordi ne vuoi sempre il doppio, poi il triplo/finché non ti perdi anche l’ultimo amico/avere tutto dà potere, ma saperci rinunciare di più/scordi gli elementi del tuo crеw>>) vengono sedate dal refrain di Sfera Ebbasta e da un Luchè impalpabile, e “No ratz”, con Guè che va di pilota automatico e Capo Plaza in un ritornello altrettanto indigeribile, a “Foot Locker” e “Money bagz”, realizzate sull’asse Lazio/Campania con Geolier e Speranza, molto più sintoniche nell’affrontare sì sonorità e scenari tematici che nell’odierno Hip-Hop vanno per la maggiore, però offrendo una prova personale, convincente, abbracciando un immaginario – le vite ai margini e le ambizioni di ricchezza – che appartiene a ciascuno di loro.

Discorso a sé per gli interventi a stelle e strisce. Premesso che lasciamo ad altri il compito di strapparsi i capelli per delle partecipazioni che, del tutto legittimamente, possono essere reperite a tariffe variabili sul mercato, la questione è la solita: quanto si sono impegnati i colleghi d’oltreoceano? Per quel che riguarda Raekwon, onora la sua strofa in “Welcome back” indossando l’abito che gli calza meglio (quello del criminale), giocando in casa grazie a un bel beat di Night Skinny riecheggiante – in chiave moderna – il Wu-Tang Clan; all’opposto, Cam’ron ci mette parecchio del suo per rendere “Worst way” uno degli episodi più fiacchi del progetto. Infine, di Thirstin Howl III potremmo limitarci a dire che le sue cose migliori risalgano a un paio di decenni fa e chiuderla lì; eppure, nel suo essere una traccia bonus che richiama l’attitudine Lo Life, “Rvssian bag” è un esercizio di stile che, tra ovvie citazioni a Ralph Lauren e rime in spagnolo, tutto sommato sta in piedi.

Riannodando dunque ogni filo, l’impressione che se ne ricava è la seguente: se il fine di “Virus” era quello di dimostrare che, nonostante durante gli ultimi quattro anni abbia tenuto un profilo basso, Noyz Narcos possa ancora competere a pieno titolo con la scena che conta, l’obiettivo è stato raggiunto; se, viceversa, si voleva assestare un gancio all’Hip-Hop, graffiarne la patina di convenzionalità con lo spirito selvaggio e dissacrante – Punk, se volete – che conosciamo dai tempi di “Sangue”, il colpo è andato fuori bersaglio (e non di poco). Nell’uno e nell’altro caso, tocca sottolinearlo, il concept della versione fisica è spettacolare.

Tracklist

Noyz Narcos – Virus (Thaurus 2022)

  1. Intro (bonus track vinile, CD e musicassetta)
  2. Uomo a terra
  3. Virus
  4. Volante 4 [Feat. Ketama126 e Franco126]
  5. Cry later [Feat. Sfera Ebbasta e Luchè]
  6. Welcome back [Feat. Raekwon]
  7. Spine [Feat. Coez]
  8. Foot Locker [Feat. Geolier]
  9. No ratz [Feat. Capo Plaza e Guè Pequeno]
  10. Blister [Feat. Franco126]
  11. Dope boy
  12. Worst way [Feat. Cam’ron]
  13. War games
  14. Money bagz [Feat. Speranza]
  15. Verano zombie pt. 3 [Feat. Gemello e Metal Carter]
  16. Daytona 2000 [Feat. Rasty Kilo]
  17. Victory lap
  18. Rvssian bag (bonus track vinile e musicassetta) [Feat. Gast, Click Head e Thirstin Howl III]

Beatz

  • Sine: 1, 3, 7
  • The Night Skinny: 2, 4, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 18
  • The Night Skinny con la co-produzione di Drillionaire: 5
  • Greg Willen: 15
  • Mace: 17
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