Oddisee – People Hear What They See

Voto: 4 +

<<They say you have your whole life to make the first album>> è una frase significativa, da usare nell’introdurre quello che a tutti gli effetti, per quanto strano ciò possa sembrare, è il debutto solista di Oddisee; chiaro, va inteso nel senso di disco prodotto e interamente rappato, vista la precedente mole di lavoro che il ragazzo di Washington D.C. ha altrimenti fatto uscire da quando ha cominciato a farsi un nome assemblando EP, mixtape, album strumentali e costituendo parte integrante di crew come Low Budget o Diamond District, ancora producendo e rappando in numerosi dischi di colleghi di etichetta, fino ad arrivare a rappresentare il ruolo di mentore per gruppi in rampa di lancio come i DMTD.

Il curriculum di musica qualitativamente alta che porta la sua firma comincia ad avere una certa lunghezza, ragion per cui la pubblicazione di “People Hear What They See” giunge ponderata, ragionata, è tutto meticolosamente calibrato dopo un lungo quadriennio di gestazione. Le qualità di Oddisee escono completamente allo scoperto, pur non essendo mai state del tutto celate, ma qui l’ambiente è diverso, più personale, fa scaturire un disco particolare per concezione, scritto mettendosi da parte a osservare le azioni delle altre persone nei luoghi più disparati del globo tra una pausa e l’altra di un tour o tra una passeggiata e l’altra sul suolo casalingo della capitale americana, prendendo gli appunti necessari per poi realizzare tutti i testi qui contenuti.

L’abilità nel mettere nero su bianco tutte queste sensazioni colpisce più del resto, forse perché nell’immaginario collettivo Oddisee è prima di tutto un beatmaker coi fiocchi, come peraltro conferma di essere per merito anche della molteplicità di culture con cui ha sempre convissuto (padre sudanese, madre americana), mentre il suo essere autore di testi è spesso passato in seconda battuta. Lui risponde sfruttando l’ascolto casuale di una discussione tra due politici a Washington per descrivere quell’avidità statunitense che non passa mai di moda in “American Greed”; tratta tematiche sociali in “Way In Way Out”, nella quale utilizza una serie di figure per evocare il tentativo di abbandono della posizione minoritaria per cercare un pezzettino di agio, affrontandone quasi pessimisticamente le preclusioni; reinterpreta il personaggio di un rapporto amoroso che sta per andare in pezzi in “Maybes”, ispirata da una conversazione al cellulare sentita in un bar; svela tutta la frustrazione nel suo sentirsi sottovalutato in “You Know Who You Are”, di notevole spessore costruttivo per merito di strofe che mantengono quasi inalterata la loro struttura, ma destinate a persone diverse che non necessitano di essere menzionate esplicitamente, lasciando spazio sia ai detrattori che a chi ha sempre creduto in lui.

Dal punto di vista lirico, è invece evidente che Oddisee sia un rapper più concettuale che tecnico; non va comunque in difficoltà alcuna affrontando la diversità dei tempi scanditi dai vari beat, il flow talvolta cambia repentinamente morfologia nello stesso pezzo, come dimostrano ad esempio le prime due strofe di “Ready To Rock”. L’apertura mentale lascia poi spazio alla tradizione tanto quanto alla sperimentazione, senza mai scordarsi di campionare il Soul, creando una matrice sonora a volte trionfale per via del largo uso di violini e fiati, come accade in “Think Of Things”. L’appena citata “Ready To Rock” è destinata a diventare un inno distintivo della sua discografia grazie all’indiscutibile appeal, il boom-bap intriso di bassi pesanti è quindi parte integrante di episodi come “Do It All”, che richiama a rapporto i compari XO e yU per una riedizione dei Diamond District, e “American Greed”, sapientemente orchestrata su piano e trombe. “Let It Go”, infine, si distingue per l’abile costruzione della batteria e per la presa immediata che fornisce il giro di chitarra. Passaggi particolari quali “Set You Free” sono poi di diritto delle jam session nelle quali spicca la ricchezza della strumentazione, qui rappresentata da batteria e organo, altrove fornita dal musicista/corista Oliver Daysoul, presente in ben tre pezzi.

Eccettuando un paio di brani non all’altezza dei restanti, “People Hear What They See”, titolo che gioca sul fatto che la gente sia più propensa ad acquistare qualcosa anteponendo l’esteriorità al contenuto, ci pone davanti a un artista poliedrico e ben più maturo della sua età, profondo in ogni aspetto si consideri per giudicarlo. Si tratta di una delle uscite più creative e accattivanti dell’anno, che fanno del debut album di Oddisee un argomento del quale si parlerà bene a lungo, nonché un acquisto caldamente consigliato.

Tracklist

Oddisee – People Hear What They See (Mello Music Group 2012)

  1. Ready To Rock
  2. Do It All [Feat. Diamond District]
  3. That Real [Feat. Olivier Daysoul]
  4. Let It Go [Feat. Olivier Daysoul]
  5. American Greed
  6. The Need Superficial [Feat. Olivier Daysoul]
  7. Way In Way Out
  8. Maybes [Feat. Ralph Real]
  9. Anothers Grind [Feat. Tranquill]
  10. Set You Free
  11. You Know Who You Are
  12. Think Of Things

Beatz

All tracks produced by Oddisee

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