Army Of The Pharaohs - In Death Reborn
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Reviewed by
Mistadave
VOTO (da 1 a 5)
:
3/3,5
Riunione numero quattro per il supergruppo paladino della giustizia underground, che dopo i numerosi progetti solisti dei rispettivi membri ha trovato tempi e modi per riunirsi e costruire un altro capitolo dell'Armata dei Faraoni, al fine di scatenare contro le nefandezze spacciate per Hip-Hop un'altra ondata di liriche violente affermando la propria supremazia nei confronti del nemico impuro. In tutta onestà, la descrizione fornita non rappresenta nulla di differente se paragonata ai tre episodi che hanno preceduto il qui presente e questo è sicuramente stato il primo punto di riflessione emerso una volta cominciato l'ascolto del disco. Non che "In Death Reborn" sia una brutta uscita, d'altra parte quando mc's come Apathy, Celph Titled, Esoteric e Vinnie Paz si riuniscono sotto lo stesso tetto non possono che arrivare fuochi d'artificio e in quest'occasione il tasso tecnico è pure elevato dalla promozione di Blacastan a membro ufficiale del collettivo. Tuttavia, per quanto un ascoltatore possa essere fan di ognuno dei personaggi citati o del collettivo medesimo, è impossibile nascondere una sensazione di amarezza per un progetto che era stato annunciato come una fiera competizione tra rappers per tirar fuori il meglio l'uno dall'altro e rivelatosi un po' troppo dentro certi canoni, prevedibile e sovente privo della freschezza necessaria. Il disco contiene la sua corretta dose di pezzi bomba da suonare a ripetizione, ma soffre di molti alti e bassi a livello qualitativo, difetto riscontrabile tanto nel valore medio dei beat proposti, quanto nel canyon esistente tra l'abilità dei protagonisti più conosciuti e quelli di seconda fascia, il cui tasso tecnico risulta purtroppo direttamente proporzionale allo spazio quantitativo in cui ciascuno presenzia. Se la premessa è che un progetto del genere debba contenere il meglio del meglio, data la sua natura di concentrato di talento, viene da pensare che non si dovrebbe attendere la quarta traccia in scaletta per cominciare a muovere finalmente la testa su e giù, sensazione che si ripresenta anche in punti più avanzati del tragitto. Conta poco il fatto che Apathy dopo due barre abbia già steso tecnicamente la competizione o che Celph abbia appena servito una delle sue temibili punchline costruite sui suoi classici giochi di parole, pezzi come "Curse Of The Pharaohs" propongono strutture sonore già abbondantemente sentite in altri dischi del collettivo, episodi quali "Midnight Burial" sono addirittura grossolani dal lato compositivo (ma che è sta roba, C-Lance?!), mentre "Broken Safeties" riesce quasi ad essere soporifera. Se questo è l'inizio di un disco degli AOTP, allora qualcosa non va. Poi, quando si teme di dover lasciar perdere tutto, arriva una mattonata come "God Particle" e vengono subito in mente i vecchi Faraoni, Vinnie Paz va via molto più spedito del solito, esalta e si esalta con raffiche di assonanze adagiate al ritmo del beat, Celph tira fuori alcuni dei suoi ricordi adolescenziali con uno stile tutto suo (<<in '94 I dreamt of spreading Salt'N'Pepa's legs/but I was busy playin' dodgeball with severed heads>>) e tutto sembra cominciare a funzionare. La successiva "Luxor Temple" tiene alto il livello grazie a un sample vocale che funge da appoggio per gli mc's, Planetary e Blacastan infilano prestazioni positive una dietro l'altra culminando con una "The Demon's Blade" finalmente corrosiva e grezza, un head-nodder da paura che per un momento spazza via tutte quelle produzioni alla "Profondo rosso" che cominciano a farsi sentire stantie. Il cuore pulsante di "In Death Reborn" è racchiuso proprio in questi passaggi, ai quali vanno ad aggiungersi le atmosfere nipponiche di "Ninkyo Dantai" (un esempio di come Esoteric abbia ulteriormente alzato il suo livello lirico), le cui sonorità da Sol Levante lavorano insediandosi nel substrato del beat, nonché il sapore arabico della conclusiva "Sumerians", deliziosamente sporcato dalla presenza costante di un vinile gracchiante. Purtroppo, ciò non toglie la pesantezza di pezzi come "Azrael" e "7th Ghost" o produzioni anti-creative che fanno letteralmente cadere le palle, vedi "Digital War", la cui presenza è letale nell'interrompere il flusso dei pezzi più belli, oppure strofe che talvolta tendono a ripetersi dal lato concettuale ed espositivo (vero, Vinnie?) nonché il fatto, doveroso da sottolineare per un'operazione collettiva di tale entità, che gli AOTP di gente come Demoz, Doap Nixon o King Syze, quest'ultimo clamorosamente fuori tempo nell'unica presenza registrata, ne possono fare tranquillamente a meno. Nuovamente, ciò non significa che all'interno di "In Death Reborn" non si trovino pezzi da urlo, di questo ne abbiamo già discusso sopra, ma la formula, se vuole continuare a rivelarsi vincente, ha bisogno di una forte revisione. Qui, ci si è invece adagiati un po' troppo sui propri allori. |
TRACK LIST |
Army Of The Pharaohs - In Death Reborn
(Pazmanian Devil Music 2014)
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BEATZ |
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SCRATCH |
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