ALOE BLACC:
1/4 Panama;
1/4 R'n'B;
1/4 Hip-Hop;
1/4 Stones Throw;
shakerare bene e servire on the rocks.
Se fosse un cocktail, ebbene sì, Aloe Blacc si potrebbe sintetizzare
così. Per molti
è la versione di Mos Def con influenze latine; per altri è l'ennesimo
genio della flotta Stones
Throw; per me ha del talento che ha bisogno di una precisa direzione.
"Shine Through"
è il primo album solista di Aloe ed è quasi interamente
autoprodotto. Le eccezioni a questa scelta non sono però certo da
scartare, dato che si vedono spuntare nomi come Madlib, suo fratello Oh No e
J. Rawls. Il progetto in sé è un po' un
incontro tra
Hip-Hop, R'n'B, Dancehall e musica latino-americana, ciò rende
sicuramente originale il prodotto, ma per certi
versi toglie qualcosina alla sua versatilità d'ascolto. La voce di Aloe è
penetrante, i testi acuti e originali, ma una volta terminati i brani centrali
dell'album si ha come l'impressione di non ascoltare più un progetto Hip-Hop o a
questo attiguo,
bensì una selezione di musica e ballate latine. E questa
è la grande defezione dell'album. Capisco bene che Aloe desideri
lasciar esprimere le sue radici nella musica che propone, ma il rischio è che si spinga oltre
il limite. Tracce come "Patria Mia" o "Nascimento" sono
sì musica di qualità, però avrebbero avuto più senso in un disco
interamente dedicato a questo genere di suoni.
Tolto ciò, i concetti sono abbastanza originali e le basi si adeguano
al mood e alla voce dell'artista. "Busking", per dire, è una delle canzoni più divertenti che abbia sentito
ultimamente: in sintesi si tratta di Aloe che aspetta un pullman per
arrivare a un appuntamento e passa il tempo sperando che arrivi in tempo.
Guardatevi il video su youtube, se ne avete l'occasione.
Altri passaggi degni di nota sono sicuramente "Whole World", traccia
d'apertura con un retrogusto Daft Punk,
"Long Time Coming", "Caged Birdsong", uno dei pochi brani strettamente
Hip-Hop, con una base davvero bella, "One
Inna", cotta a puntino da Madlib, ed "Evildoers", la traccia bonus di chiusura. Da
annotare anche il remix in spagnolo di "Ordinary People" di John Legend,
che però avrebbe potuto essere più
efficace senza quelle trombette da fiesta
messicana sul pianoforte originale.
Insomma, come anticipato in apertura di questa recensione 'sto
ragazzo ha talento, ora gli tocca solo capire bene se la sua musica vuole
essere
più Aloe, più Blacc, o un po' dell'uno e un po' dell'altro. |