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ICE CUBE - DEATH CERTIFICATE
Reviewed by
Mistadave
VOTO (da 1 a 5)
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5
Niggaz are in a state of emergency: questa frase altro non è che l'apertura del secondo lavoro di Ice Cube, arrivato più o meno un anno dopo l'esordio solista di "Amerikka'z Most Wanted" che nel 1990 si era schiantato come un meteorite sul panorama dell'Hip-Hop americano, attirando a sé critiche, nemici e censure di tutti i tipi. Da questa strada non si discosta "Death Certificate", dove il cronista della vita di strada losangelina non si tira indietro di fronte a nulla, ancora una volta non accetta i mezzi termini e ci va giù pesante spiegando ancor più a chiare parole le sue idee. Il disco si divide volutamente in due parti, la death side, che illustra i mali che affliggono la comunità nera, e la life side, una visione personale dell'artista che prova a dare soluzioni per uscire dagli stereotipi, dalla povertà e dai tentativi di ghettizzare il popolo di colore americano. I temi toccati sono diversi e sono riportati in pieno stile Ice Cube, ovvero sputati lì per terra nudi e crudi, affinché tutti possano vederli: attacchi trasversali al Governo, alla sanità, razzismo e sessismo a volontà contro coreani, gay e donne bianche ("Black Korea", "Horny Lil' Devil") sono il corpo principale del progetto, che lascia spazio anche a racconti di vita passata ed introspettivi ("Doin' Dumb Shit", "Us"), di vita del ghetto ("Color Blind"), a momenti di pura attitudine ("The Wrong Nigga To Fuck Wit") per finire con l'incendiaria "No Vaseline", la diss song più spietata di sempre, scritta in risposta agli ex-compagni N.W.A., che sputa veleno e fiamme allo stato puro in direzione degli ex compagni di avventure. Musicalmente i beats sono molto originali (era pur sempre il '91) e le strutture principali si snodano sul P-Funk di George Clinton e dei Parliament tanto cari a Cube, rendendo perfettamente riconoscibili i campionamenti di "Atomic Dogg" degli stessi e di "Outstanding" della Gap Band. I messaggi non lasciano spazio ad alcuna interpretazione, sono chiari, forti e reazionari: nessuna pietà per la famigliola asiatica che arriva nel quartiere e guarda a vista i fratelli nel proprio negozio, per le donne caucasiche che si vendono pur di conquistare un fratello perché va di moda così, per chi se ne frega (il Governo) della situazione della gente nera in America e vive bene lo stesso a suo discapito. <<Forget about a dog fool, he'll shit in the den/nowadays...a gat is man's best friend>> rima Cube sopra la base P-funk di "Man's Best Friend", dove un'arma sempre a portata di mano sostituisce Fido quale miglior amica dell'uomo, mentre "Alive On Arrival" offre un'atmosfera cupa, dove la tensione aumenta man mano che si allunga il beep messo lì appositamente a chiudere la death side; "True To The Game", uno dei classici sempreverdi del rapper, si scaglia contro chi fa Hip-Hop preconfezionato per MTV, lo stesso che si fa prendere dalla smania delle vendite, lo stesso che nei video veste i panni luccicanti del rapper sorridente che ti fa muovere il culo mentre tu muovi solo il suo conto in banca. "Death Certificate" è stato e rimane un disco pieno di verità, ovviamente raccontate da un punto di vista a volte inevitabilmente estremo e, seppur molto violento ed a tratti opinabile nelle idee esposte, testimonia in ogni caso la presa di coscienza di un artista che ha rappresentato al meglio l'epoca del Rap da combattimento. Un album come questo, non può che far parte della Hall Of Fame del Rap targato West Coast. |
TRACK LIST |
Ice Cube - Death Certificate
(Priority Records 1991)
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BEATZ |
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