DÄLEK - NEGRO NECRO NEKROS
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VOTO (da 1 a 5)
:
n.g.
Tra il 1997 ed il 1998 ancora si tremava per quel "Funcrusher Plus" che riportò in auge il minimalismo old-school per proiettarlo in un futuro nel quale un'esplosione di correnti sperimentali, figlie anche del suono dei Boogie Down Productions, dei Public Enemy, del Wu-Tang, degli Organized Konfusion, cambiò con decisione i connotati dell'Hip-Hop, ormai maggiorenne, causando paura e indignazione nell'animo dei puristi e una parallela apertura del genere su nuovi fronti musicali. Passò quasi inosservato, più o meno negli stessi anni, l'esordio di quello che è senza ombra di dubbio uno dei gruppi Hip-Hop più rivoluzionari di sempre (se non il più rivoluzionario). Sto parlando ancora una volta dei Dälek, al secolo Mc Dälek e The Oktopus, e del loro primo lavoro, "Negro Necro Nekros". L'esordio dell'allora trio del New Jersey fu il seme di una rivolta vera che non ebbe modo di concretizzarsi, ma che avrebbe avuto tutti i presupposti per farlo. E, credetemi, non è una bestemmia dire che "Funcrusher Plus" sarebbe sembrato un disco della Juices Crew paragonato a "Negro Necro Nekros". Che ci sia qualcosa di strano in questo disco lo si percepisce subito guardando la durata dei cinque pezzi contenuti: si passa dai quasi otto minuti di "Three Rocks Blessed", ai dieci e mezzo di "Images Of .44 Casings", fino ai dodici di "Praise Be The Man". E' qualcosa che riporta al periodo del Rock Progressivo, quando una nuova corrente di musica per la mente e non più solo per il corpo cercò di proporre un'alternativa (per la paura e l'indignazione dei rocker duri e puri) alla faciloneria dei primi Beatles, all'ingenuità del Surf e del Rock'n'Roll di Beach Boys e Chuck Berry e del loro carico di amore, ribellione giovanile e chewing-gum, portando alla ribalta gruppi altezzosi, snob ed eccessivi di estrazione classica come Yes, Genesis, Emerson Lake & Palmer e altri più moderati come King Crimson e Soft Machine, che si appropriarono della parola Rock per portarla ad un altro livello, quello Progressivo, per il quale i tre minuti di spensieratezza per lato del 45 giri non erano più sufficienti. L'urgenza del Rock progressivo andava oltre lo strofa, ritornello, strofa, assolo, ritornello del Rock'n'Roll, così come accade ai Dälek, che, non facendo mistero delle loro influenze che partono da Afrika Bambaataa, Public Enemy, BDP, passando per Faust, Velvet Underground, Einsturzende Neubauten arrivando al minimalismo ossessivo di Terry Riley e Philip Glass, si ribellano alla forma canzone tipica del Rap, correndo con forza verso altri lidi. I Dälek si presentano come un gruppo Industrial prestato all'Hip-Hop, basta vederli in concerto per accorgersene. La parete di suono che creano è assordante, tengono il gain al livello di un gruppo Metal, le loro sfuriate di feedbacks farebbero impallidire Lou Reed, metterebbero in difficoltà i Sepultura, spettinerebbero Little Richard. Ed è eloquente in questo senso "Praise Be The Man", in cui il sospiro di John Lennon viene sommerso da un raga di distorsioni e campionamenti triturati per circa dieci minuti di Metal Machine Music, sporadico spoken-word e musica indiana scomposta, finché ciò che inizialmente sembrava Hip-Hop arriva a perdere totalmente i suoi connotati. Musica indiana che ritroviamo anche in "Three Rocks Blessed", che parte come il più classico dei beat per sbocciare in una lunga digressione di tabla e sitar. Che dire poi del frastuono metallico delle batterie di "Swollen Tongue Bums" e di come scandiscono un caos di samples orchestrali nei quali affoga la voce roca e spazientita di Will Brooks, che si lancia in voli pindarici fortemente noir nella cupa risalita dal buio alla luce di "Images Of .44 Casings" per arrivare poi al Jazz stanco, sporco e disordinato di "The Untravelled Road" a mormorare rime su un ambiente sonoro che ricorda il dimenticato Mc 900 Ft. Jesus. Se anche stavolta non vi avessi convinto ci risentiremo alla prossima per parlare di "From Filthy Tongues Of Gods And Griots". |
TRACK LIST |
Dälek - Negro Necro
Nekros (Gern
Blandsten 1998)
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BEATZ |
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