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Danny Hate ha una storia da raccontare: l'esperienza dell'arresto e tutto ciò che a questa consegue, il carcere, la reclusione, l'isolamento. Da questo punto di vista è chiaro che c'è poco da commentare, l'mc romano parla di sé, del proprio vissuto, di temi che non sembrano scelti a tavolino. Fatta questa premessa, oltre a una prima considerazione sulla ridondanza di una tracklist lunga ben diciotto brani (superando i settanta minuti di durata) e pressoché priva di variazioni contenutistiche, appare subito evidente che, nella sua dimensione artistica, "Prison break" non ha spunti di particolare interesse, limitandosi a una cronaca comprensibilmente rabbiosa e però soffocata da retorica e considerazioni abbastanza prevedibili. Identico discorso sul versante tecnico, dal quale non emergono spunti memorabili: Danny chiude sempre con precisione ogni rima, lasciandosi condurre da un palese sentimento di rivalsa; il giudizio sullo schema metrico e sul flow, in assenza di soluzioni più complicate, non è tuttavia entusiasmante, per non dire di qualche refrain davvero brutto (come nel caso di "Il gioco di Giuda": pessimo!). A mio giudizio un EP avrebbe potuto dare più respiro agli sfoghi e alle riflessioni di Danny, evitando brani insulsi come "Welcome", la scelta è caduta invece su un disco sfiancante e a tratti ripetitivo, che ha poche probabilità di fissarsi nella memoria degli ascoltatori. |
(Bra) |
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TRACKLIST |
NOME Danny Hate TITOLO DISCO RUOLO CONTATTI |
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