Earl Sweatshirt - I Don't Like Shit, I Don't Go Outside: An Album By Earl Sweatshirt
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Reviewed by
Jonathan
VOTO (da 1 a 5)
:
3,5
Diciamo una piccola verità: Earl Sweatshirt è il solo rapper della Odd Future che mi piaccia davvero. Anzi dirò di più, dei rapper giovanissimi statunitensi (ha tredici anni meno di me, quindi sì, concedetemi il superlativo) è l'unico che non mi irriti per nulla. Ascoltando "I Don't Like Shit...", la sensazione resta e si rafforza: Earl mi piace moltissimo, sa cosa sta facendo ed è davvero bravo. Basta vedere la durata del disco: dieci brani, tutti di lunghezza umana (non si arriva mai ai cinque minuti) e che scorrono via assolutamente senza problemi, malgrado dei piccoli bassi in mezzo a tanti alti ("Mantra" è un brano abbastanza noioso, ad esempio, e il beat di "Grief" non è il massimo), segno di una capacità di convogliare i propri sforzi in un progetto organico e non dispersivo. La prima cosa che si nota, dando un'occhiata ai testi, è una certa complessità in ciò che l'mc scrive. Al di là delle varie note autobiografiche (su tutte il ricorrente riferimento alla nonna, scomparsa durante la lavorazione del disco precedente, "Doris"), Earl riesce infatti a parlare in larga parte di canne e di gnocca in maniera intelligente e a volte parecchio criptica, distinguendosi dai suoi colleghi e coetanei. Tuttavia, non è la scrittura l'apice di Earl. Il dato che più convince è proprio il Rap, quel suo risultare a proprio completo agio sul beat sparando concetti con una naturalezza incredibile, malgrado diversi accorgimenti tecnici. E' una cosa che si nota soprattutto in presenza dei più che superflui featuring, dove l'ospite di turno (si va da Da$h a Vince Staples, passando per Wiki e Nakel Smith) risulta sempre più artefatto rispetto al padrone di casa, raggiungendo a volte pessimi risultati - come nel caso della poco convincente "AM // Radio". Quasi sempre ottimi i beat, invece, prodotti dallo stesso Earl attraverso l'alias randomblackdude e da Left Brain. L'impressione, tuttavia, è che al disco manchi quel qualcosina che poteva renderlo davvero unico. Forse il problema è che di dischi di ottima fattura ne escono tanti ormai e a volte servono idee sovversive nel far musica per creare un vero e proprio caso (a meno che non venga creato a tavolino, vedi quel furbone di Kendrick Lamar e il suo - a mio avviso - tutt'altro che innovativo ultimo disco), mentre qui abbiamo soltanto del Rap ad alti livelli e buoni beat, penalizzati da pessime collaborazioni e un sound a volte non proprio focalizzato a dovere. Se quindi vi aspettate un lavoro rivoluzionario, bussate altrove (anche se non saprei dire dove, ora come ora), ma se volete godervi uno che sciorina rime con una facilità sbalorditiva e un'interpretazione eccelsa, prendete pure una stanza al motel Sweatshirt! Buon ascolto. |
TRACK LIST |
Earl Sweatshirt - I Don't Like Shit, I Don't Go
Outside: An Album By Earl Sweatshirt
(Tan Cressida/Columbia 2015)
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BEATZ |
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