Esce nel giugno del 2005 quest'album rappresentativo della
vita e delle opere di Joseph Antonio Cartagena. I suoi dischi, qualcuno l'avrà
notato, per molti aspetti si somigliano tutti: i produttori chiamati sono quelli
più di moda al momento, abbiamo pezzi street, altri riflessivi, quelli
per i club e infine il singolo da passare facilmente in radio. Tale ricetta
non è di certo nuova, molti mc's famosi e di indiscutibile talento (primo fra
tutti Notorious B.I.G.) hanno utilizzato lo stesso stratagemma. Solo che Fat Joe
non è morto (per fortuna) e continua ancora a produrre. Cosa produce? Sempre le
solite cose. Come le produce? Sempre bene. Allora com'è "All Or Nothing"?
Eccovene il resoconto. Uno degli intro più belli mai sentiti precede due pezzi
interessanti dove delle basi non originalissime danno la possibilità al nostro
di sfoderare il meglio di sé: flow relativamente complesso dotato di una
cadenza molto netta e precisa, incastri di rime molto curati e soprattutto tanta
energia. Ma tanta. "My Fofo" da questo punto di vista fa quasi paura: se
50 Cent avesse offeso Rino Gattuso forse avremmo avuto una reazione altrettanto
concentrata e decisa. Se quest'ultimo è il pezzo da strada per
eccellenza, "Rock Ya Body" è quello da club per eccellenza. E che pezzo.
Non il solito beat tamarro e neppure il solito ritornello smielato: un brano
particolare e una base decisamente valida e originale (almeno all'epoca) sopra
la quale il nostro risulta essere formidabile.
Swittz Beatz e Scott Storch non si dimostrano invece del tutto all'altezza della
situazione, "Listen Baby" e "Get It Poppin'" sono due pezzi caratterizzati
appunto da beat banali e incisi più sempliciotti, praticamente l'unico sistema
per neutralizzare la bomba atomica Fat Joe. Per fortuna ci pensa Dj Khaled
(residente a New Orleans ma di origini palestinesi) a restituirci due beat
decenti che risollevano il disco, offrendo a Joseph la possibilità di sfoderare
un mcing più pacato e riflessivo che non suona affatto male. Si continua col
solito, spremuto e poi rispremuto fino alla scorza, Timbaland.
Riconoscibilissimo, unico sì, ma anche incredibilmente prevedibile (come mai
quest'uomo non cerca alcuna evoluzione come fanno invece molti suoi colleghi?
Mah, sembra fermo al '98): "Everybody Get Up" avrebbe buone potenzialità
ma rimane un progetto a metà, il flow sveglio e la voce fresca di Fat Joe quasi
cozzano con la ripetitività del beatmaker. Seguono nuovamente Cool & Dre con due
produzioni molto sulle righe, che non danno grandi possibilità al padrone di
casa. Le ultime battute sono invece tutte valide. Al remix di "Lean Back" (pezzo
uscito poco prima in una compilation della crew) partecipa mezzo mondo: si va da
Eminem a Lil' Jon, ma soprattutto c'è Mase di ritorno dalla sua esperienza
religiosa, che fa una parte simpatica col suo flow rilassato e completamente
alieno alla base (sembra quasi che non la senta, altrimenti non si spiega come
possa prendersela in maniera così sorniona). "Beat Novacane" poi è un
capolavoro: la base fiera e trionfale di Khaled è perfetta per Joe, quale
attaccante di razza sbaglierebbe su un assist tanto perfetto? Qualcuno forse sì,
ma non Joseph Cartagena. Infine c'è spazio per il più classico, ovvio,
normale e scontato duetto con Jennifer Lopez. Ce n'era davvero bisogno? Non
lo so, ma se penso a ciò che accomuna due star così diverse, il fatto di essere
portoricani cresciuti nel Bronx, mi viene spontaneo non condannare a priori
l'idea. Anche perché il pezzo richiama alla mente "Feelin' So Good", dove oltre
a J-Lo e Fat Joe capeggiava anche un altro membro della Terror Squad. Uno che,
quando pensava al nome Fat Joe, scoppiava a ridere. |