|
|
|
GILMAR - EMBRIONALE - A TRIBUTE TO JON BRION
|
Reviewed by Riccardo Orlandi
Se c'è qualcuno che non ha bisogno di presentazioni, in Italia, quello è Ghemon. Chi può vantare una credibilità pari alla sua? Nessuno, esatto, se non qualche mostro sacro (ma ultimamente stanno crollando anche le certezze su alcuni di loro). Eppure sa stupirmi, ogni volta che pubblica qualcosa, anche soltanto un EP in free download, o due tracce per festeggiare informalmente, come si farebbe tra amici, l'anniversario del suo ultimo disco. Come faccia non so, ma ogni pezzo che registra mi lascia a bocca aperta. Anzi, sembra che, addirittura, riesca a migliorare. Sa trattenersi dalle esagerazioni, niente tecnica impetuosa, solo una sommessa infinità di versi tanto diretti quanto toccanti. In realtà, prestando attenzione, penetrando la superficie, si trova, nella scrittura, una cura formale non indifferente: roba che ti capita di trovare ancora una nuova rima interna o un'allitterazione dopo una decina di ascolti. Forse sta in questo, la magia di questo disco: un'incredibile perizia stilistica nella ricerca dei suoni che sembra scomparire una volta che il testo si chiude nella sintassi della superficie, dove scorre che è un piacere. I testi, si potrebbe anche soltanto leggerli; la fluidità con cui scivolano via è più unica che rara, in una scena che predilige il tecnicismo e l'artificiosità della scrittura. Paradossalmente, prestando attenzione, si vede chiaramente come la metrica sia costruita per incastrarsi sui campioni (stupendi) di Jon Brion, assecondando i classici quattro quarti o inseguendo dinamiche vertiginose. In alcuni episodi ("Lavorare con lentezza", "Via da qui") il ritmo morbido del Rap lascia spazio alla melodia, dove Ghemon concede una buona prova canora, appoggiandosi sullo scheletro armonico dei sample. Certamente, non è tutto qui. Tematicamente parlando, Ghemon non pecca certo di banalità: dalla mania di mettere in rima storie senza fine ("Voci nella testa") in cui microscopici gesti involontari rivelano sentimenti senza tempo, alla multiforme "Il regno è qui", sospesa in bilico tra critica e ironia, entrambe tanto geniali quanto lontane dagli stereotipi, passando per il manifesto di "Via da qui" e le vette quasi metafisiche di "Splende in eterno". Non si può non citare, poi, "Devo dire no, cazzo!", dove Ghemon si ostina a non parlare d'amore come farebbe chiunque altro o "PTS", in cui il nostro sembra psicanalizzarsi da solo, regalandoci un paio di vette di sano orgoglio artistico. Musicalmente, il lavoro è anomalo. Ma, si sa, di questi tempi, il bizzarro è quasi l'unico parametro oggettivo di valore estetico. I campioni sono lasciati relativamente puliti, senza traccia di arrangiamenti o giri di basso e, maggior ragione, è bandito il classico loop di batteria in quattro quarti. L'atmosfera si fa intima, quasi carezzevole, in perfetta sintonia con le discese vertiginose nelle pieghe delle emozioni che ogni traccia sa regalare. Qualche piccolo accorgimento (il delay sulla voce in "Splende in eterno" è da brividi) fa da ciliegina sulla torta ad una coesione di testo e musica che emoziona in ogni istante. Ancora una volta, Ghemon ha fatto il culo a mezza scena, lasciandoci l'impressione che non gli costi nemmeno tanto impegno. Il nostro ha una marcia in più, c'è poco da dire oltre a questo. Sa dare vita a quei rari momenti di intima compartecipazione che distinguono gli artisti veri dai tecnici dell'arte, sfruttando i suoi marchi di fabbrica: una tecnica precisa ma non spaccona, un flow leggero e molto informale, quasi da chiacchierata, temi semplici ma sviluppati in maniera del tutto anticonformista e personale e, soprattutto, tante, tante emozioni. |
TRACK LIST |
Gilmar - Embrionale
- A tribute to Jon Brion
(Blue Nox 2010)
|
BEATZ |
|
|