I Self Devine - The Sound Of Low Class Amerika
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Reviewed by
Jonathan
VOTO (da 1 a 5)
:
4
Mi ritrovo con piacere a parlare del caro vecchio I Self Divine, dopo essermi innamorato del suo Rap nella bellissima traccia sul disco dei The Opus (scoperti grazie alla bella recensione di agent.org proprio su queste pagine) e dopo essere rimasto vagamente deluso dal suo lavoro precedente a questo, "Self Destruction". Non che fosse un disco brutto, ma mi sembrava che ci fosse un impegno maggiore nel ricercare un certo appeal nei confronti del pubblico piuttosto che nel calare l'ascia sui vari mc's da pochi cents. Quello che mi è sempre piaciuto di questo signore, per ciò che ho avuto modo di sentire, è il grande trasporto che lo caratterizza al microfono: è praticamente impossibile ascoltare tracce in cui non si trovi a suo agio e questo lo dimostrava già "First Contact" (la traccia, appunto, sul disco dei The Opus, che dovete assolutamente procurarvi - è un imperativo). La prima cosa che si nota positivamente di "The Sound Of Low Class Amerika" è il fatto che l'album prenda una posizione precisa non nei confronti del mercato della musica o qualche altro nemico di risibile entità, ma contro l'incubo personale di ogni essere umano che si ritrovi a vivere in maniera strettamente occidentale: la fame. Lontano dall'America fotogenica e dalle curve ipertrofiche, I Self Divine prende in mano il microfono per parlare a nome di tutti coloro che non hanno possibilità di esprimere il proprio disagio, a volte anche a causa della repressione da parte delle forze dell'ordine. Insomma, un disco della crisi, questo. Al di là del nobile intento e dei concetti espressi (sui quali tornerò a breve), bisogna dire che "The Sound..." suona decisamente meglio di "Self Destruction", che a mio parere era in alcune parti fin troppo tamarro (ma non commerciale, questo va detto). Abbiamo idee parecchio interessanti anche nella realizzazione vera e propria dei brani, si prenda ad esempio "Power", riuscito confronto tra la persona di potere e quella che ne è invece completamente priva, apprezzabile e potenzialmente accostabile ai discorsi del signor Gaber (che sulla crisi morale ed economica probabilmente aveva la vista più lunga di tanta gente, sarebbe interessante ricordarsene quando si scrive un testo Rap), anche se ovviamente non ci sono legami tra le due cose. L'invettiva è soprattutto contro il governo americano e la sua repressione (<<se protesti, sei un terrorista...>>, recita provocatoriamente uno dei primi versi di "Cold Anger"), contro l'essere relegati nella realtà del ghetto e lasciati in balia del crack o delle gang. Abbiamo la cultura del lusso e della cocaina che fa da contraltare a tutto ciò, l'america bianca nella peggiore delle accezioni possibili, anch'essa denunciata nei testi dell'album. E' un disco di concetti semplici e immediati come la rabbia, perciò se vi interessano costruzioni assurde sul medesimo argomento vi consiglio piuttosto l'ultimo album di Big Juss (come al solito tortuoso e profondissimo, ma non per tutti, a differenza di questo che è ben più accessibile), se invece volete sentire un mc con le idee molto chiare vi invito caldamente ad avvicinarvi ad I Self Divine, che ha dalla sua anche un'ottima selezione di strumentali (sempre molto tradizionali, siete avvisati). Unico neo, la lunghezza di alcuni brani (cinque minuti sono tantissimi) e un paio di ritornelli con qualche what!? di troppo, che rendono un po' noioso l'ascolto; ma potete sempre skippare quelle due tracce e ascoltarvi il resto. Nulla di indispensabile, ma molto di piacevolmente necessario. Buon ascolto! |
TRACK LIST |
I Self Devine - The Sound Of Low Class Amerika
(Rhymesayers Entertainment 2012)
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BEATZ |
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